Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Sezioni Unite (di Teresa Alesci)


IN CASO DI RICONOSCIMENTO DELLA CONTINUAZIONE, IL GIUDICE DELL’ESECUZIONE DEVE RISPETTARE IL LIMITE DEL TRIPLO DELLA PENA EX ART. 81 C.P.   (Cass., sez. un., 8 giugno 2017, n. 28659)   La Suprema corte è stata chiamata a decidere se il giudice dell’esecuzione, in caso di riconoscimento della continuazione tra più violazioni di legge giudicate in distinte decisioni irrevocabili, sia tenuto al rispetto del limite del triplo di pena inflitta per la violazione più grave ovvero se in tale sede trovi applicazione esclusivamente la disposizione di cui all’art. 671, comma 2, c.p.p. Ad un orientamento maggioritario, che ancora l’applicazione della disciplina della continuazione in fase esecutiva al limite di cui all’art. 671 c.p.p., e non anche al limite di cui all’art. 81, comma 1 e 2 c.p., sull’assunto che le due norme sono in concorso apparente (Cass., sez. I, 24 settembre 2008, n. 39306; Cass., sez. I, 27 settembre 2013, n. 45256; Cass., sez. II, 8 maggio 2014, n. 22561) si contrappone una esegesi minoritaria e più risalente che attribuisce al giudice dell’esecuzione, nell’applicazione della continuazione, il rispetto del limite del triplo della pena relativa alla violazione più grave (Cass., sez. I, 11 maggio 1995, n. 2884; Cass, sez. I, 6 luglio 2000, n. 4862; Cass., sez. I, 25 febbraio 2003, n. 32277). L’orientamento consolidato valorizza la sussistenza di un rapporto di concorso apparente tra l’art. 81 c.p. e l’art. 671 c.p.p., il cui elemento specializzante rispetto alla prima norma sarebbe da rintracciare nel diverso momento processuale di applicazione dell’istituto, la fase esecutiva in luogo di quella della cognizione. L’esegesi troverebbe ragion d’essere nell’evitare che, raggiunto il limite del triplo per una determinata fattispecie concreta, si determini l’impunità per ulteriori reati riconducibili, in fase esecutiva, al medesimo disegno criminoso. Le Sezioni Unite condividono le perplessità della Sezione rimettente che sottolinea come il rapporto di specialità di cui all’art. 15 c.p. si configura tra più leggi penali o tra fattispecie di diritto sostanziale, ovvero tra norme che prevedono per lo stesso fatto una sanzione rispettivamente penale e amministrativa, oppure diverse sanzioni amministrative. Ne consegue l’impossibilità di riconoscere un rapporto di questo tipo tra una norma che prevede un istituto penale sostanziale e una norma che ne prevede l’applicazione in una diversa fase processuale esulandosi dalle ipotesi di specialità. Del resto, alla medesima conclusione si approda focalizzando l’attenzione sul dato testuale della rubrica dell’art. 671 c.p.p., che mostra la voluntas legis di trasporre integralmente al giudizio in executivis la disciplina posta dall’art. 81 [continua..]

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Fascicolo 5 - 2017