Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Giudizio abbreviato d'appello e prova dichiarativa decisiva


CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE, 14 APRILE 2017, N. 18620 – PRES. CANZIO – EST. PICCIALLI

È affetta da vizio di motivazione, per mancato rispetto del canone di giudizio “al di là di ogni ragionevole dubbio”, la sentenza di appello che, su impugnazione del pubblico ministero avverso assoluzione disposta all’esito di giudizio abbreviato non condizionato, affermi la responsabilità dell’imputato operando una diversa valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, senza che nel giudizio di appello si sia proceduto all’esame delle persone che abbiano reso tali dichiarazioni.

[Omissis]     RITENUTO IN FATTO   1. Con sentenza del 28 novembre 2014, la Corte di appello di Roma, in accoglimento dell’appello del Pubblico Ministero e in riforma della sentenza assolutoria pronunciata a seguito di giudizio abbreviato dal Tribunale di Latina, ha dichiarato P.A. responsabile delle condotte di usura in danno di Pi.Sa., contestate ai capi 49 e 50 del capo di imputazione e lo ha condannato alla pena sospesa di un anno e sei mesi di reclusione ed Euro 4.200 di multa, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile, nella misura da liquidarsi in separato giudizio. Il Tribunale aveva assolto il P. con la formula perché “il fatto non sussiste” ritenendo insufficiente la prova circa la commissione del fatto usurario. Il Tribunale poneva in evidenza come la consulenza tecnico-contabile disposta dal pubblico ministero avesse evidenziato difficoltà nell’accertamento dei fatti, derivante dall’assenza di riferimenti precisi relativi sia al capitale erogato o promesso sia alla riconducibilità di tutte le operazioni all’imputato, così pervenendo ad un giudizio assolutorio sull’assunto che le dichiarazioni rese dalla persona offesa fossero rimaste “vaghe o poco utilizzabili”, soprattutto in relazione alla reale entità dell’interesse praticato, indicato all’interno di una forbice ricompresa tra il 10 e il 20 per cento rispetto al capitale. 2. Proponeva appello il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Latina, deducendo la coerente valenza probatoria e precisione delle dichiarazioni della persona offesa e della consulenza tecnica, anche alla luce del supplemento di indagini, e chiedendo pertanto la condanna dell’imputato. 3. All’esito del dibattimento, la Corte di appello, senza procedere alla rinnovazione della istruttoria dibattimentale, pure inizialmente disposta, ha ritenuto raggiunta la prova della colpevolezza dell’impu­tato, sulla base dello stesso materiale probatorio esaminato dal giudice di primo grado, diversamente valutato in punto di attendibilità della persona offesa e di coerenza della consulenza tecnico-contabile, e ha pronunciato condanna dell’imputato per i fatti di cui ai capi 49 e 50. 4. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore, l’imputato che chiede l’annullamento della sentenza impugnata sulla base dei seguenti motivi: a) vizio di motivazione e travisamento della prova, con riferimento in particolare alle dichiarazioni della persona offesa; b) violazione del diritto di difesa, in relazione alla revoca delle precedenti ordinanze della Corte di appello, che disponevano la rinnovazione della istruzione dibattimentale. 5. Il ricorrente ha depositato motivi aggiunti con i quali, richiamando la decisione della Sezioni Unite n. 27620 del 2016, Dasgupta, censurava il fatto che fosse stata [continua..]

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Fascicolo 5 - 2017