INTRODUZIONE DEL DELITTO DI TORTURA NELL’ORDINAMENTO ITALIANO
(L. 14 luglio 2017, n. 110)
È stata approvata la legge che introduce il delitto di tortura nell’ordinamento italiano (G.U., Sr. gen., 18 luglio 2017, n. 166), dopo una lunga attesa e alcune condanne della Corte europea dei diritti dell’uomo per l’assenza di un’adeguata normativa in materia.
Il dibattito parlamentare di questi anni si era sostanzialmente incentrato sull’opportunità di una formulazione del reato di tortura affine a quella della Convenzione di New York del 1984, ratificata dall’Italia con l. 3 novembre 1988, n. 498.
Tale impostazione sistematica è stata solo parzialmente seguita; la l. 14 luglio 2017, n. 110, infatti, configura la tortura come un delitto comune, anziché un reato proprio commesso dal pubblico ufficiale, caratterizzato dal dolo generico. Si è privilegiata, dunque, una maggiore operatività della fattispecie, potendo la tortura essere commessa da chiunque e indipendentemente dallo scopo dell’agente.
Nello specifico, è introdotto nel codice penale il nuovo art. 613-bis che punisce con la reclusione da quattro a dieci anni «chiunque, con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in situazione di minorata difesa, se il fatto è commesso mediante più condotte ovvero comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona». La norma richiede, quindi, la sussistenza di una pluralità di condotte o di un trattamento inumano o degradante, e un nesso di causalità fra l’azione dell’agente e le acute sofferenze fisiche o il verificabile trauma psichico della persona offesa, che sia privata della libertà personale, ovvero affidata alla custodia dell’agente, o in situazione di minorata difesa.
Ai sensi dell’art. 613-bis, comma 2, c.p. costituiscono aggravanti del reato di tortura: la commissione del fatto da parte di un pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, con la previsione della reclusione da cinque a dodici anni. Tale aggravante non si applica, se le sofferenze per la tortura derivano unicamente dall’esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti, con una previsione che si presta ad essere foriera di alcune ambiguità.
Se dal fatto deriva una lesione personale, le pene sono aumentate sino a un terzo; se ne deriva una lesione personale grave, sono aumentate di un [continua..]