Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Associati di mafia, carcere cautelare obbligatorio e (in)eccepibilità costituzionale (di Federica Centorame)


Con la pronuncia in commento, la Corte costituzionale ha rimandato al mittente le censure di incostituzionalità in ordine alla presunzione assoluta di adeguatezza della custodia in carcere ancora prevista dall’art. 275, comma 3, c.p.p. per gli indiziati di mafia. Un’occasione perduta per abbandonare definitivamente discutibili impostazioni sociologiche quali argomenti a sostegno della perdurante ragionevolezza del carcere cautelare obbligatorio ratione criminis.

Mafia members, compulsory pre-trial detention and constitutional (un)exceptionability

With the judgement in question, the Constitutional Court has returned back to the sender all the objections of unconstitutionality about the irrebuttable presumption of adequacy of preventive detention still fixed by article 275, comma 3, c.p.p. for the mafia members suspected. A lost opportunity to finally overcome any controversial sociological model as an argument to affirm the rationality of compulsory pre-trial detention ratione criminis.

 
ADEGUATEZZA PRESUNTA DELLA MISURA CUSTODIALE E OBIEZIONI DI INCOSTITUZIONALITÀ: “A NEVERENDING STORY” Davvero una “storia senza fine” [1] quella degli interpelli di costituzionalità relativi al meccanismo presuntivo contenuto nell’art. 275, comma 3, c.p.p. Una sorta di perenne insoddisfazione qualitativa che, suggestivamente, induce a rinvenire proprio in quest’ultima disposizione normativa il segno tangibile del costante, problematico rapporto tra presunzioni cautelari di pericolosità e principi costituzionali [2]. Può spiegarsi in questi termini, infatti, la cangiante fisionomia della richiamata previsione legislativa che, come noto, istituisce attualmente un duplice regime cautelare differenziato per tipologie d’autore. L’uno, rivolto alle fattispecie delittuose ivi inglobate dalla legislazione securitaria degli ultimi tempi [3], e caratterizzato da una doppia presunzione iuris tantum, sia in punto di sussistenza delle esigenze cautelari, sia circa l’adeguatezza della misura carceraria; l’altro, riservato ai soli crimini eversivi e mafiosi, in forza del quale, accanto alla presunzione relativa in ordine ai pericula libertatis, è previsto un automatismo iuris et de iure anche rispetto alla esclusiva idoneità della custodia in carcere a fronteggiare le esigenze cautelari presupposte. Proprio a quest’ultima ipotesi si riferisce l’ennesimo interrogativo costituzionale sollevato in ordine al sopra citato art. 275, comma 3, c.p.p. Una volta in più, a scomodare l’intervento della Consulta, sono stati i giudici d’appello di Torino, i quali, dinanzi alla impossibilità, ratione legis, di accogliere l’istanza difensiva di sostituzione della misura carceraria con quella degli arresti domiciliari nei confronti di soggetto già condannato in secondo grado per il reato di cui all’art. 416-bis c.p., hanno prospettato una nuova questione di legittimità dell’art. 275, comma 3, c.p.p., per l’appunto, «nella parte in cui, nel prevedere che quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto di cui all’art. 416-bis c.p. è applicata la misura della custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari, non fa salva, altresì, l’ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure». Un estremo tentativo demolitorio, mirato, stavolta, a debellare anche in favore degli indiziati di associazione mafiosa la presunzione assoluta di adeguatezza della custodia carceraria che, come ben noto, era uscita indenne pure dalla recente opera di restyling del sistema cautelare effettuata con L. 16 aprile [continua..]

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Fascicolo 5 - 2017