Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Corte costituzionale (di Wanda Nocerino)


IL PROGRESSIVO SCARDINAMENTO DEI TERMINI PERENTORI PER L’ACCESSO AI RITI PREMIALI A SEGUITO DI NUOVE CONTESTAZIONI “FISIOLOGICHE” (C. cost., sent. 17 luglio 2017, 206) La Consulta, con una sentenza additiva in tema di contestazioni suppletive (C. cost., 17 luglio 2017, n. 206), conferisce una veste definitiva al già “ritoccato” art. 516 c.p.p., consentendo l’accesso al rito speciale dell’applicazione della pena su richiesta delle parti private – anche oltre i termini perentori di cui all’art. 446, comma 1, c.p.p. – nel caso di modifica dell’imputazione determinata da una «nuova contestazione fisiologica», ovvero fondata su fatti emersi nel corso dell’istruzione dibattimentale. Viene, quindi, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 516 c.p.p., nella parte in cui «non prevede la facoltà dell’imputato di chiedere al giudice del dibattimento l’applicazione della pena, a norma dell’art. 444 c.p.p., relativamente al fatto diverso emerso nel corso dell’istruttoria dibattimentale, che forma oggetto della nuova contestazione». In effetti, la storia dei rapporti tra l’accesso ai riti alternativi e le contestazioni suppletive è notoriamente tormentata, non esistendo alcun meccanismo di coordinamento tra i due istituti: prendendo le mosse da un’impostazione codicistica rigida e inflessibile, si è ritenuto che «una contestazione accettata o subita al dibattimento […] comporta altresì l’impossibilità, per l’imputato, di ottenere i benefici sanzionatori legati al rito» (Ex multis, C. cost., 6 luglio 1992, n. 316; C. cost., 11 maggio 1992, n. 213; Corte cost., 1 aprile 1993, n. 129. Nello stesso senso anche la giurisprudenza di legittimità. Cfr., Cass., sez. VI, 25 ottobre 2002, n. 15063). Ciò per almeno due ordini di ragioni. In primo luogo, i procedimenti speciali ammessi a dibattimento già avviato perderebbero la loro connaturata ratio deflattiva: enfatizzando il binomio deflazione-premialità; la giurisprudenza ha fatto ricadere sull’imputato tutta l’alea della scelta, ritenendo che «l’interesse a beneficiare del rito speciale sarebbe stato tutelabile solo se avesse consentito una più rapida definizione del processo» (C. cost., 19 marzo 1993, n. 107). La possibilità di innestare il rito alternativo nel dibattimento risulterebbe, pertanto, in contrasto con le finalità di economia processuale e, per questo, incompatibile con la ratio della disciplina. In secondo luogo, il rischio di una nuova contestazione rientrerebbe tra le ponderazioni dell’impu­tato nel momento in cui decide di proseguire con il processo ordinario, «onde egli non ha che addebitare a sé medesimo le conseguenze della sua [continua..]

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