Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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I confini operativi della regola di giudizio incarnata dal paradigma bard (di Elena Maria Catalano)


La cultura processualpenalistica ha prevalentemente accolto con grande scetticismo l’introduzione del criterio risolutore del fatto incerto dell’oltre ogni ragionevole dubbio. Ciononostante, l’ingresso del canone bard nel nostro sistema ha condizionato in modo significativo gli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali, tanto che il paradigma bard ha svolto un inedito ruolo di fattore di apertura del sistema a esigenze di giustizia sostanziale. Al tempo stesso la formula bard è andata incontro a un processo di volgarizzazione, che, da un lato, ha potuto determinare reinterpretazioni in chiave inquisitoria del principio, dall’altro lato, ha favorito improprie applicazioni del criterio risolutore del fatto incerto al di fuori dei confini fisiologici del giudizio di merito.

Worrying developments in the current debate over the bard rule

The concept of reasonable doubt cannot be properly understood apart from the context of the Anglo-American legal culture where it was originally developed. Transplants of legal patterns are never a painless operation. This cultural gap accounts for the great deal of queries raised as a consequence of enacting the bard rule in our National framework. In the Italian case law a worrying development took place, which overturned the liberal roots of the bard rule.

L’USO UBIQUO E TAUMATURGICO DEL CANONE DELL’OLTRE OGNI RAGIONEVOLE DUBBIO Come è noto, il nostro sistema processuale ha recepito il criterio risolutore del fatto incerto, di matrice angloamericana, dell’oltre ogni ragionevole dubbio. L’introduzione nel nostro sistema di una norma intrusa fin nella formulazione linguistica, da un lato, ha creato entropia, dall’altro lato, ha imprevedibilmente mostrato una inusitata capacità di incidere positivamente sul diritto vivente, venendo a rendere effettive disposizioni codicistiche rimaste sulla carta e ad imprimere una accelerazione alla trasformazione in fieri di istituti centrali dell’ordinamento quali il giudizio di appello. L’entropia si è manifestata nella spaccatura che ha diviso, nella nostra cultura giuridica, la dottrina processuale, che ha generalmente accolto con grande scetticismo l’introduzione della formula bard, e la cultura penale sostanziale, che ha prevalentemente salutato con entusiasmo la riforma dell’art. 533 c.p.p. La cultura processuale ha ritenuto che la riforma dell’art. 533 c.p.p. costituisse una modifica meramente “descrittiva”, un espediente retorico, un banale americanismo [1]. Al contrario taluni studiosi di diritto penale sostanziale hanno parlato di rivoluzione copernicana nell’accertamento processuale del fatto e della responsabilità giuridico-penale [2]. Analoga ambiguità caratterizza l’atteggiamento della giurisprudenza. La prevalente giurisprudenza interpreta la riforma dell’art. 533 c.p.p. in termini di modifica meramente “simbolica” ovvero in termini di semplice chiarificazione di contenuti già impliciti nella lettera e nella logica delle norme del codice che dettano il criterio risolutore del fatto incerto nel processo penale. [3] Questa stessa giurisprudenza mostra una inspiegabile tendenza ad un uso ubiquo, quasi taumaturgico del canone bard, che è andato incontro ad una vera e propria volgarizzazione e talora ad una radicale metamorfosi. Un canone estraneo alla nostra tradizione giuridica ha saputo condizionare, nel bene e nel male, in modo determinante gli orientamenti della dottrina e della giurisprudenza. Infatti, sul piano applicativo, la valorizzazione della formula del ragionevole dubbio ha influenzato la fisionomia del giudizio di appello e ha potuto rendere effettivo l’impianto dialettico della motivazione, già previsto dall’art. 546 c.p.p. che era rimasto disapplicato. Al tempo stesso la difficoltà di armonizzazione del canone bard all’interno di un sistema di diritto codificato, improntato a criteri di convincimento razionale del giudice, ha rischiato di trascinare l’ap­plicazione di canoni di logica debole e di creare entropia. L’entropia si è manifestata, tra l’altro, nella confusione tra giudizio [continua..]

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