Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Restituzione delle cose sequestrate: incertezze interpretative


CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I, SENTENZA 4 GIUGNO 2014, N. 23333 – PRES. SIOTTO; REL. MAGI

La disposizione dell’art. 263, comma 3, c.p.p., richiamato in sede esecutiva dall’art. 676, comma 2, c.p.p., secondo la quale il giudice penale, adito per la restituzione dei beni sequestrati, rimette le parti davanti al giudice civile in caso di controversia sulla proprietà dei beni, mantenendo il sequestro, trova applicazione anche in assenza di formale pendenza della lite davanti a quest’ultimo, purché in tale ipotesi, il giudice penale dia adeguato apprezzamento in motivazione della serietà della potenziale controversia.

È impugnabile, inoltre, con ricorso per Cassazione il provvedimento emesso ai sensi dell’art. 263, comma 3, c.p.p., dal giudice penale quale giudice dell’esecuzione quando, in relazione ad un procedimento ormai definito (nella specie, per archiviazione), rigetta la richiesta di restituzione di beni sequestrati e rimette le parti dinanzi al giudice civile per la risoluzione della questione sulla proprietà, in assenza di lite pendente davanti a quest’ultimo, atteso che, in tale ipotesi, in ragione dell’impossibilità per l’interessato di ricevere “aliunde” tutela da parte dell’autorità giudiziaria, deve escludersi la natura interlocutoria della decisione.

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[Omissis] SVOLGIMENTO DEL PROCESSO   1. Con ordinanza emessa in data 18 dicembre 2012 il GIP del Tribunale di Firenze, quale giudice dell’esecuzione, decidendo su opposizione (ai sensi dell’art. 667 c.p.p., comma 4) proposta da (Omissis) avverso precedente provvedimento – che dichiarava non luogo a provvedere sull’istanza di restituzione di un dipinto ((Omissis), olio su tavola raffigurante “scena familiare napoletana”) per essere stata rimessa al giudice civile la controversia circa la proprietà del bene in sequestro penale, ai sensi dell’art. 263 c.p.p., comma 3 e art. 676 c.p.p., comma 2 – rigettava l’opposizione, confermando il provvedimento già emesso. Dagli atti risulta che (Omissis) è stata originariamente iscritta – nell’ambito di una più vasta indagine – nel registro di cui all’art. 335 cod. proc. pen. per l’ipotesi di ricettazione dato che l’opera (rinvenuta in possesso della (Omissis) il 26.11.2009) era stata oggetto di furto denunziato da (Omissis) ed avvenuto a (Omissis). Nel corso dell’indagine venivano ricostruite le modalità dell’acquisto del dipinto da parte della (Omissis), avvenuto nell’anno 2008 presso una galleria d’arte in Firenze e si riteneva dimostrata, a fini penalistici, la buona fede della stessa (Omissis), la cui posizione veniva stralciata ed archiviata in data 4 ottobre 2011. Risulta che il procedimento penale è invece proseguito con esercizio dell’azione nei confronti dei titolari della galleria d’arte (Omissis) (anche per la ricettazione di altre opere) e che l’ori­ginario provvedimento di sequestro è stato allegato agli atti di tale procedimento, ove la (Omissis) viene indicata quale persona offesa. Ad avviso del GIP, pronunziatosi in sede esecutiva (e ciò in rapporto alla intervenuta archiviazione) a nulla vale l’assenza – dimostrata in sede di opposizione – di una formale controversia civilistica tra (Omissis) e (Omissis), posto che entrambi hanno manifestato la volontà di ottenere la restituzione del dipinto. Da ciò l’applicazione – essendovi controversia sulla proprietà – della disposizione normativa di cui all’art. 263 c.p.p., comma 3. 2. Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione (Omissis), a mezzo del difensore di fiducia, articolando un unico motivo con cui si deduce erronea applicazione dell’art. 263, comma 3, vizio di motivazione e abnormità dell’ordinanza. La difesa, nel ricostruire l’intera vicenda ribadisce – come già documentato in sede di opposizione – che nessuna controversia circa la proprietà del dipinto è in corso tra la (Omissis) e (Omissis) e pertanto contesta l’applicabilità della speciale previsione di cui all’art. 263 cod. proc. [continua..]

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