Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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La rescissione del giudicato: esegesi di una norma imperfetta (di Gianrico Ranaldi)


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La rescissione del giudicato è un istituto di nuovo conio, introdotto dall’art. 11 l. 28 aprile 2014, n. 67, in funzione oggettivamente complementare rispetto ai nuovi “meccanismi” del procedimento in absentia. L’art. 625-ter c.p.p., che ne costituisce la matrice ed è disposizione contenutisticamente essenziale, lascia irrisolte alcune questioni problematiche che, seppur implicitamente, pone: modulo procedurale, rimedi esperibili contro il diniego, conseguenze rispetto all’azione risarcitoria che sia stata eventualmente esperita. Ad ogni modo, la rescissione ex art. 625-ter c.p.p., introduce un ulteriore tassello verso la compiuta apertura del giudicato.

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Breach of res iudicata: exegesis of an imperfect rule

Breach of res iudicata, a new instrument brought by the law n. 67/2014, has a complementary function related to new mechanisms of trial in absentia. Despite this, art. 625-ter c.p.p., that is matrix for the this new procedural tool, leaves many problems unresolved: proceeding, remedies to apply against decision of refusal, consequences related to the damages action previously taken. However, this new legal arrangement, according to art. 625-ter c.p.p., is a further step to the so-called opening of judgment.

LA RESCISSIONE DEL GIUDICATO NEL NUOVO “SCENARIO” DEL PROCESSO PENALE L’istituto della rescissione del giudicato, previsto dall’art. 625-ter c.p.p., è stato inserito nel codice di rito dall’art. 11, comma 5, della l. 28 aprile 2014, n. 67, rubricata «Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili» [1]. Segnatamente, la rescissione del giudicato funge da complemento imprescindibile della rinnovata fisiologia disciplinare del procedimento in absentia – che tende ad assicurare l’effettività delle situazioni giuridiche processuali attive, invece che il rispetto, per così dire, solo “in apparenza” delle garanzie partecipative al giudizio [2]– introducendo una ulteriore ipotesi di apertura del giudicato [3], la cui “concretizzazione” pone il condannato, ovvero il sottoposto a misura di sicurezza, con sentenza passata in giudicato, nella condizione di esercitare il diritto di difendersi provando, optando, se del caso, per l’ac­cesso ad un procedimento semplificato [4]. Ad ogni modo, la scarna enunciazione normativa ed il carattere inedito dell’istituto impongono il tentativo di chiarirne presupposti, formalità, modalità applicative ed effetti decisori, tra l’altro, a “margine” di un “autorevole” pronuncia della Suprema Corte [5], che vale quale efficace strumento per la definizione dei confini operativi dell’istituto. L’ART. 625-TER C.P.P.: CAPISALDI DI UN ISTITUTO DI NUOVO CONIO I capisaldi della rescissione del giudicato corrispondono con le questioni che l’art. 625-ter c.p.p. affronta e risolve: impugnabilità oggettiva e soggettiva [6], termine da osservare e regole modali “minime” per l’utile esperimento dello specifico rimedio giuridico processuale, oggetto della prova e, quindi, descrizione della “materia del contendere” nel giudizio da celebrarsi dinanzi alla Corte di cassazione. Sotto il primo profilo, sono legittimati all’introduzione del rimedio il condannato ed il sottoposto a misura di sicurezza nei cui confronti si è proceduto in assenza per tutta la durata del processo, qualora la sentenza sia passata in giudicato; per conseguenza, la rescissione può essere chiesta rispetto ad una sentenza pronunciata in giudizio contro la quale non sia ammessa impugnazione diversa dalla revisione (art. 648 c.p.p.). Sennonché, ad onta dei toni della disposizione – che fa riferimento genericamente al condannato o al sottoposto a misura di sicurezza con sentenza passata in giudicato che sia rimasto assente per tutta la durata del processo – non è a discutersi che [continua..]

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