Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Note minime su cooperazione investigativa e mutuo riconoscimento (di Adolfo Scalfati)


La “circolazione” investigativo-probatoria appare una priorità dell’Unione Europea; però, senza una condivisone di regole, il fenomeno si presenta rischioso per i livelli di tutela e potrebbe non riuscire a semplificare davvero le cose.

Few considerations on cooperation in investigating crime and mutual recognition principle in the European judicial area

Although cooperation on investigating crime is one of the priorities of the EU, there are reasons to believe that this goal – besides the serious problems concerning the levels of protection for right-holders – could turn out to be a weak solution.

ECCESSO DI FILIAZIONE NORMATIVA Sul piano generale, la disciplina europea “derivata” in materia di cooperazione penale non si sottrae ad una compulsione riformista. Emerge una notevole effervescenza nella produzione normativa, soprattutto quanto alla progressiva e frastagliata latitudine degli atti di mutuo riconoscimento giudiziario, pietra angolare sulla quale poggia l’intero sistema. Citando esempi più recenti, il fenomeno ha innanzitutto determinato una significativa ricaduta nella decretazione attuativa italiana del primo semestre 2016. Ma non vanno dimenticate le ricorrenti fonti europee in tema di vittima del reato o di sequestro e confisca; né sottaciute le direttive sull’Ordine europeo d’indagine e sulla presunzione di non colpevolezza o il frammentario intervento sul diritto di avvalersi di un difensore nel procedimento penale nella procedura esecutiva del MAE. Dall’esuberanza legislativa nasce il bisogno di coordinamento, avvertito anche dal produttore di fonti quando è “tornato” di nuovo a limare materie sulle quali era già intervenuto, magari cogliendo l’occasione di ampliarne i contenuti. Sul terreno della circolazione probatoria, l’obbiettivo della rivisitazione e del raggruppamento delle discipline è stato (quasi) conseguito tramite la direttiva sull’Ordine europeo d’indagine, la quale ingloba e sostituisce gli atti normativi precedentemente varati su temi specifici. Si allude alla Convenzione di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 e relativi Protocolli, alla Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen, alla Convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione, alla decisione quadro in tema di mandato europeo di ricerca della prova, alla decisione quadro relativa all’esecuzione dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio. Teoricamente, rientrano nell’Ordine europeo d’indagine anche l’attività degli agenti sotto-copertura e le videoconferenze, sebbene queste ultime richiedano l’ausilio anche di altre fonti. Eppure qualcosa resta ancora fuori: il regime delle squadre investigative comuni continua ad essere disciplinato dalla Convenzione di Bruxelles. Dall’esigenza di coordinare al livello europeo ci si sposta alla necessità di sincronizzare la produzione normativa interna quando “insegue” la fonte sovranazionale. Si corre il rischio di dar luogo a provvedimenti attuativi che perdono rapidamente aderenza al sistema sovranazionale, sovrapposti nei contenuti e bisognevoli di adeguamenti: non occorre una peculiare profondità di pensiero per intuire quanta incertezza produca l’accumulo legislativo in materia. Solo per citare un esempio, la direttiva sull’Ordine europeo d’indagine andrebbe attuata, tramite un’usuale legge [continua..]

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