Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
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La specificità estrinseca dei motivi di appello come requisito di ammissibilità dell'appello: la fine del favor impugnationis (di Gian Marco Baccari)


CORTE COSTITUZIONALE, SENTENZA 26 GENNAIO 2017, N. 21 – PRES. GROSSI; REL. LATTANZI

È costituzionalmente illegittimo, per contrasto con l’art. 3 Cost., l’art. 197-bis, comma 6, c.p.p. nella parte in cui prevede l’applicazione della disposizione di cui all’art. 192, comma 3, c.p.p. anche per le dichiarazioni rese dalle persone, indicate al comma 1 dell’art. 197-bis c.p.p., nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di assoluzione “perché il fatto non sussiste” divenuta irrevocabile.

In via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, è costituzionalmente illegittimo l’art. 197-bis, comma 3, c.p.p., nella parte in cui prevede l’assistenza di un difensore in favore delle medesime persone.

> < [Omissis]     RITENUTO IN FATTO   1. – Il Tribunale ordinario di Macerata, in composizione monocratica, con ordinanza del 22 maggio 2015 (r.o. n. 232 del 2015), ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 197-bis, commi 3 e 6, e 192, comma 3, del codice di procedura penale, «nella parte in cui prevedono la necessità della assistenza di difensore e la applicazione del disposto di cui all’art. 192 c. 3 cpp anche per le dichiarazioni rese da persone giudicate in procedimento connesso o per reato collegato nei confronti delle quali sia stata pronunziata sentenza di assoluzione “perché il fatto non sussiste”». Il giudice rimettente, premesso di essere investito di un procedimento nei confronti di tre imputati rinviati a giudizio per il reato di cui all’art. 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), essendo state loro contestate «plurime cessioni di hashish» ad altra persona, precisa che, nel corso dell’istruttoria dibattimentale era stato sentito come testimone un imputato di reato probatoriamente collegato, assolto con sentenza irrevocabile «“perché il fatto non sussiste”, non essendo provato che la droga da lui acquistata non fosse stata presa per uso personale». Nell’udienza del 22 maggio 2015, in sede di conclusioni, il pubblico ministero aveva chiesto la condanna degli imputati, mentre la difesa ne aveva chiesto l’assoluzione. Il Tribunale rimettente rileva che l’ipotesi accusatoria «poggia in maniera determinante» sulle dichiarazioni del teste «acquirente della droga», il quale ha riferito dell’acquisto della sostanza stupefacente e ha «riconosciuto in foto» gli imputati del procedimento principale come i venditori della sostanza poi rinvenuta dalla polizia giudiziaria nella sua disponibilità. Questo testimone, come osserva il giudice rimettente, aveva la qualità di persona già imputata di reato collegato ai sensi dell’art. 371, comma 2, lettera b), cod. proc. pen., essendogli stata contestata la detenzione ai fini di spaccio dello stupefacente acquistato dalle persone imputate nel giudizio a quo. Infatti, secondo il giudice rimettente, la prova sulla natura della sostanza riverberava i suoi effetti su entrambi i processi, mentre la prova sulla detenzione della droga da parte del testimone costituiva un indizio a suo carico e a carico degli imputati. Conseguentemente la sua deposizione dovrebbe essere valutata secondo i canoni stabiliti dall’art. 192, comma 3, cod. proc. pen., essendo «idonea a fornire piena prova solo in presenza di “altri elementi di [continua..]

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Fascicolo 4 - 2017