Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
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Reciproco riconoscimento nei Paesi UE delle misure cautelari non custodiali (di Roberto Puglisi)


Il d.lgs. n. 36/2016 dà attuazione alla decisione quadro 2009/829/GAI, relativa all’applicazione (tra gli Stati membri dell’Unione europea) del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni sulle misure cautelari non detentive. È un ulteriore tassello nella costruzione del sistema giudiziario penale europeo finalizzato, questa volta, a un migliore bilanciamento tra efficacia dell’accertamento penale e presunzione d’innocenza e libertà dell’imputato.

Mutual recognition to decisions on supervision measures

The d.lgs. 36 of 2016 gives effect to the Framework Decision 2009/829 /JHA on the application (in the EU Member States) of the principle of mutual recognition to decisions on supervision measures. It’s a further step in the construction of the European criminal justice system aimed, this time, to a better balance between criminal trial effectiveness and accused freedom and presumption of innocence.

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GLI OBIETTIVI COMUNITARI Se il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie (art. 82 TFUE) costituisce un punto cardine nella cooperazione giudiziaria all’interno dell’Unione Europea, l’estensione dello stesso alle misure cautelari non detentive rappresenta una tappa fondamentale nell’evoluzione del diritto comunitario [1]. Infatti, anziché limitare l’interesse all’esito dell’accertamento giudiziale, la prospettiva si allarga includendo anche (e soprattutto) gli effetti del processo in itinere, alla luce dell’ovvia considerazione che è il processo stesso (e non solo il suo esito) a incidere su posizioni giuridiche soggettive. Dopo l’ordine di protezione europeo [2] – disciplinato dal d.lgs. n. 15/2015 (Direttiva 2011/99/EU) e intervenuto per accompagnare le vittime di reato nei loro spostamenti intracomunitari garantendo loro la protezione cautelare riconosciuta nel Paese dell’accertamento giudiziario – il legislatore interno persegue, altresì, gli obiettivi della decisione quadro 2009/829/GAI e relativi al bilanciamento tra opposti interessi da realizzarsi in sede cautelare [3]. Con il ravvicinamento delle legislazioni nazionali in materia di cautele personali non detentive, quindi, è possibile coniugare la protezione dei cittadini con il diritto alla libertà e la presunzione di innocenza dell’imputato. È da tale convinzione che muove la decisione quadro 2009/829/GAI che si prefigge di assicurare la sorveglianza, da parte dello Stato di residenza, dei soggetti sottoposti a procedimento penale nell’ambito di un altro Stato. Il profilo d’interesse è il superamento dell’alternativa secca tra detenzione cautelare e circolazione senza controllo, con la possibilità di tutelare più efficacemente la presunzione di innocenza mediante un più ampio ricorso a misure alternative alla detenzione. Dunque, l’attenzione è rivolta esclusivamente alle “supervision measures”, vale a dire quelle misure cautelari non custodiali che mirano a garantire una sorveglianza dell’interessato attraverso l’imposizione di obblighi e prescrizioni [4]. In tale prospettiva, la decisione quadro 2009/829/GAI pone il problema dell’uniformità di trattamento nell’ambito dell’UE al fine di scongiurare una diversa modulazione della libertà di un soggetto sottoposto a procedimento penale solo all’evenienza di trovarsi o risiedere in un Paese piuttosto che in un altro (considerando n. 5). L’intervento sembra, dunque, assumere una funzione complementare al MAE, nel cui ambito viene, invece, in interesse il riconoscimento interno di un provvedimento restrittivo (definitivo o cautelare) [5]. Segni di contiguità con il MAE vengono, del resto, espressi in più punti della [continua..]

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