Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Corte costituzionale (di Wanda Nocerino)


CONCORSO FORMALE DI REATI. L’IMPOSSIBILITÀ DI ESCLUDERE IL DIVIETO DI BIS IN IDEM NELL’IPOTESI DI “IDEM FACTUM” (C. cost., sent. 21 luglio 2016, n. 200) La Corte costituzionale, con la sentenza 31 maggio 2016 n. 200, depositata in data 21 luglio 2016, interviene sui delicati e spesso incrinati rapporti tra diritto interno e diritto comunitario. La questione concerne, in particolare, l’ambito applicativo del divieto di bis in idem, consistente in un «dovere di non fare per evitare che per lo stesso fatto-reato si svolgano più procedimenti e si emettano più provvedimenti» (cfr. Cass., sez. III, 16 novembre 1995, n. 2970) e il potenziale contrasto tra la formulazione di cui all’art. 649 c.p.p. e quella prospettata dall’art. 4 del Protocollo n. 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, adottato a Strasburgo il 22 novembre 1984, ratificato e reso esecutivo con la legge 9 aprile 1990, n. 98. Con la pronuncia in commento, i giudici della Consulta si sono espressi in merito alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 649 c.p.p. («Divieto di un secondo giudizio») – sollevata dal gup del tribunale ordinario di Torino, nell’ambito del c.d. processo “Eternit bis” – nella parte in cui tale disposizione «esclude che il fatto sia il medesimo per la sola circostanza che sussiste un concorso formale tra il reato già giudicato con sentenza irrevocabile e il reato per cui è iniziato il nuovo procedimento penale», per contrasto all’art. 117, comma 1, Cost., in relazione all’art. 4 del Protocollo n. 7 alla Cedu. A parere del Giudice remittente, l’art. 649 c.p.p. limiterebbe «l’applicazione del principio del ne bis in idem all’esistenza del medesimo “fatto giuridico” nei suoi elementi costitutivi, sebbene diversamente qualificato, invece che all’esistenza del medesimo “fatto storico”»: rileverebbe, in sostanza, ai fini dell’applicabilità del principio de quo, solo l’identità del fatto giuridico (i cui indici sono rappresentati dalla triade condotta-evento-nesso causale), e non, invece l’“idem factum”. In particolare, l’imputato, giudicato in via definitiva e prosciolto per prescrizione dei reati contestatigli nel primo giudizio (disastro doloso, exart. 434 c.p., e omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, ex 437 c.p.), è stato sottoposto ad un nuovo processo con una diversa imputazione (omicidio doloso), per un delictum derivante dalla medesima condotta. A parere del gup di Torino, la perfetta identità, sotto il profilo storico-naturalistico, dei fatti già giudicati e quelli da giudicare, pur potenzialmente consentendo l’apertura di nuovo giudizio in relazione ad [continua..]

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