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Le notificazioni irrituali all'imputato: la necessità di un intervento normativo
di Concetta Bottino
Le Sezioni unite hanno affrontato il tema della notifica irrituale eseguita presso il difensore di fiducia ai sensi dell’art. 157, comma 8-bis, c.p.p. In particolare, se la nullità debba ritenersi sanata allorquando l’eccezione, sollevata tempestivamente dal difensore, non sia accompagnata dall’allegazione di circostanze impeditive della effettiva conoscenza da parte dell’imputato. Con la pronuncia in commento la Corte pare operare un’inversione di rotta rispetto ai precedenti orientamenti escludendo l’automatica sanatoria. Ciò offre l’incipit per esaminare l’evoluzione della ‘normativa giurisprudenziale’ in tema di notificazioni all’imputato, alla luce del difficile equilibrio tra gli interessi primari, evidenziando la necessità di un intervento legislativo capace di riequilibrare gli assetti.
The join sessions of the "Corte di cassazione", Italian highest court, have discussed the subject of the unorthodox notification to the legal team of the defendant in accordance to art. 157, sub 8-bis of c.p.p.
Specifically, it was discussed if the non-compliance of the procedure was to be considered remedied, even when an immediate and timely claim against such procedure, raised by the defendant legal team, was not supported by proof of the circumstances that would have prevented the defendant from knowing of the notification.
With this approach the Court seems to have operated a U-turn with regards to previous opinions on this matter, whereby the possibility of an automatic remedial is not longer a possibility.
The above gives the opportunity of reconsider the evolution of the norms that regulate the matter of notification to the defendant, in the light of the difficult balance among the interests of the parties involved, thus highlighting the need of a further legislative intervention aimed at redressing the current situation.
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PREMESSA
Con la sentenza in commento [1] le Sezioni unite, a distanza di pochi anni [2], sono tornate a pronunciarsi sul tema delle notificazioni.
Questa volta sono intervenute per risolvere il contrasto circa la latitudine applicativa dell’art. 157, comma 8-bis, c.p.p. [3] che consente di eseguire presso il difensore di fiducia [4], se nominato, le notifiche, in favore dell’imputato non detenuto, successive alle prime, salvi i casi in cui abbia eletto (o dichiarato) [5] domicilio altrove o lo stesso difensore [6] abbia immediatamente comunicato all’autorità che procede di non volere accettare la notificazione.
In sostanza, l’operatività dell’art. 157, comma 8-bis, c.p.p. [7] termina quando l’imputato abbia eletto o dichiarato domicilio, perché la presunzione legale, che si innesca con tale disposizione, deve soccombere alla diversa volontà dell’interessato; e ciò è rimarcato tanto dalla disposizione, ovvero nell’incipit [8] dell’articolo in parola, quanto dalla giurisprudenza [9].
Ineccepibile, del resto, l’osservazione che le presunzioni non possono prevalere sulla diversa volontà dell’interessato che, eleggendo il domicilio, «indica l’esistenza di un vincolo fiduciario con un diverso luogo e diverse persone» [10]: ogni vulnus al diritto di conoscenza degli atti deve essere inteso «cum grano salis» [11].
D’altronde la disciplina delle notificazioni in favore dell’imputato non detenuto è improntata all’esigenza di garantire la certezza di una conoscenza effettiva e sollecita degli atti [12].
E ciò è particolarmente importante al fine di armonizzare il sistema per assicurare un giusto equilibrio tra diritto di difesa e speditezza processuale o, più efficacemente, tra garanzie difensive ed efficienza giurisdizionale.
In questa logica, allora, occorre preliminarmente distinguere la disciplina dettata dall’art. 157, comma 8-bis, c.p.p. inerente alle modalità di notifica degli atti, da quella dell’art. 161, comma 4, c.p.p. [13] tesa ad individuare i luoghi della notificazione, perché l’impropria sovrapposizione delle norme rischia di generare numerose incertezze nella giurisprudenza [14].
Va precisato, dunque, in riferimento all’operatività di ciascuna, che la prima (art. 157, comma 8-bis, c.p.p.) fonda sulla condotta dell’imputato che, ricevuta la prima notifica, nomina un difensore di fiducia, ma senza aver eletto o dichiarato domicilio; viceversa, in presenza di tale dichiarazione, solo nel caso in cui la stessa dovesse risultare inidonea [15], insufficiente o dovesse mutare e non essere comunicata, la notifica può essere eseguita presso il difensore, ma ai sensi dell’altra (art 161, comma 4, c.p.p.).
Da queste premesse la disciplina contenuta nell’art. 157, comma 8-bis, c.p.p. non può che essere letta nell’ambito dell’articolo che la contiene (art. 157 c.p.p., relativa alle modalità di notifica), nonché dal combinato disposto della disposizione del medesimo e di quella relativa all’art. 161 c.p.p. (inerente ai luoghi di notificazione).
È proprio dall’analisi congiunta delle due norme, infatti, che emerge la preminenza assoluta della dichiarazione/elezione di domicilio; proprio a voler sottolineare che il domicilio “legale” «non è comunque destinato ad operare nel caso di autonoma elezione o dichiarazione di domicilio» [16].
Pertanto, si è autorevolmente affermato che «è nulla la notificazione eseguita a norma dell’art. 157, comma 8-bis, c.p.p. presso il difensore di fiducia [17], qualora l’imputato abbia dichiarato o eletto domicilio» [18], perché «il domicilio “legale” non può prevalere su quello dichiarato» [19].
Ora, a sollecitare un nuovo intervento delle Sezioni unite, non è un mutamento di interpretazione [20], bensì la verifica dell’imprescindibilità dell’onere dimostrativo che grava sul difensore che intenda eccepire la nullità (intermedia) della notifica eseguita, irritualmente, ai sensi dell’art. 157, comma 8-bis, c.p.p.
Va ricordato, infatti, che all’indomani della pronuncia Micciullo [21] era chiaro che la violazione dei presupposti di cui all’articolo 157, comma 8-bis, c.p.p. comportava una nullità di ordine generale a regime intermedio, che doveva ritenersi sanata quando “risultasse provato” che una notifica così eseguita, sebbene invalida, non avesse impedito all’imputato la conoscenza effettiva dell’atto e, dunque, l’esercizio del diritto di difesa.
In sostanza, è la locuzione “risulti provato” che ha generato dubbi: da essa trae origine il nuovo contrasto.
Più incisivamente, i punti nevralgici della questione attengono a due interrogativi: cosa deve essere provato? e chi deve provarlo?
D’altronde, la regola di fondo che emerge e accomuna le numerose pronunce della Corte sul tema delle notificazioni è in relazione alla rilevanza dell’irregolarità della notifica, quale criterio di riconduzione del vizio entro le più stringenti maglie delle diverse nullità.
Pertanto, noto ormai tanto il presupposto applicativo di questa peculiare modalità di notifica (la mancata elezione e/o dichiarazione di domicilio dell’imputato), quanto la conseguenza della sua violazione (si configura una nullità intermedia), è stato rimesso alla Corte il seguente quesito: “Se, in caso di dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato, la nullità della citazione in giudizio, che sia stata eseguita mediante consegna al difensore di fiducia anziché presso il domicilio eletto o dichiarato, possa essere sanata qualora il difensore, nel dedurre la nullità, non abbia allegato circostanze impeditive della conoscenza dell’atto da parte dell’imputato”.
Se l’intento della norma (la speditezza processuale) è assolutamente nobile, teso a snellire la procedura, così da ridurre oltremodo il rischio di vizi, non è altresì apprezzabile l’intenzione di privilegiare tale modalità laddove comporti un pregiudizio al diritto di difesa.
I TERMINI DEL CONTRASTO
La premessa è di ausilio all’analisi della sentenza; va ricordato che il quesito posto alle Sezioni unite è nato dal momento che, attesa la notifica irrituale - eseguita presso il difensore di fiducia, avendo ad oggetto il decreto di citazione per il giudizio di appello, sebbene, non solo, l’esplicito e immediato rifiuto del difensore di ricevere le notificazioni ma anche, l’elezione di domicilio dell’imputato -, il difensore si era visto respingere dalla Corte territoriale l’eccezione di nullità tempestivamente formulata, sull’assunto che egli avrebbe dovuto «rappresentare al giudice circostanze specifiche da cui desumere che, nonostante il rapporto fiduciario, la parte non aveva avuto conoscenza dell’atto» [22]; in mancanza di tali allegazioni (che diano concretezza alla presunzione di non conoscenza che è sottesa alla irritualità della comunicazione), la notifica invalida può ritenersi sanata.
Perciò, la questione investe, in generale, il rapporto fiduciario tra il difensore e il suo assistito; più specificamente, il contrasto attiene all’esistenza o meno di un onere dimostrativo del difensore che intenda eccepire la nullità della notifica eseguita irregolarmente a sue mani, ed eventualmente, l’ampiezza dello stesso.
Sennonché, il campo era conteso tra due orientamenti. Secondo il primo, è necessario, ai fini della declaratoria di nullità, la mera tempestiva proposizione dell’eccezione per evitare la sanatoria prevista dall’art. 183 c.p.p. [23], pur riconoscendo a carico del difensore un onere di allegazione di circostanze impeditive alla conoscenza dell’atto; si esclude, però, l’automatico effetto sanante a tale inadempimento [24]. Secondo l’altro orientamento, il difensore non può limitarsi a denunciare l’inosservanza della norma processuale, dovendo anche rappresentare al giudice che il suo assistito non ha avuto conoscenza dell’atto o che non ha potuto esercitare il diritto di difesa [25].
La scelta di aderire all’uno o all’altro orientamento coincide con una visione più o meno garantista, pur presupponendo entrambi un onere dimostrativo; la differenza risiede nelle conseguenze dell’assenza di tali allegazioni: il primo caso esclude l’automatica sanatoria del vizio, essendo necessari ulteriori elementi indicativi della mancata conoscenza dell’atto da parte del suo destinatario, quali, ad esempio, l’accertata inesistenza del domicilio dichiarato o eletto, oppure la proposizione personale dell’atto di impugnazione [26]; viceversa, il secondo caso prevede che l’inerzia del difensore è sufficiente a determinare la sanatoria della notifica invalida.
E però, se è lecito richiedere «un minimo di cooperazione al difensore di fiducia (…), accollandosi l’onere di mantenere costantemente e compiutamente informato il proprio cliente» [27], tale liceità è da escludersi nella volontà di voler vincolare il difensore in maniera incondizionata (come accadrebbe sposando il secondo orientamento), soprattutto nel caso in cui è lo stesso imputato a volersene ‘distaccare’, con l’elezione di un domicilio.
Oltre alla diversa volontà manifestata dall’imputato, emerge un secondo effetto ostativo a questa procedura “standard”: il difensore ha espressamente dichiarato all’autorità che procede, tempestivamente e secondo le modalità corrette, di non voler accettare la notificazione. Si vuole evidenziare, cioè, che questo vizio procedurale ha comportato un’ulteriore lesione, quella inerente al diritto di autodeterminazione [28], ovvero, il mancato rispetto della scelta del difensore [29].
A ben vedere, il contrasto si pone con una recente pronuncia, secondo la quale l’onere di fornire elementi concreti, suscettibili di verifica, indicativi della mancata conoscenza dell’atto notificato, ricorre solo quando il vizio riguardi un difetto della vocatio in jus, e dunque, solo quando venga eccepita una nullità assoluta [30].
Ecco, allora, riaffiorare la centralità dell’argomento a cui si è fatto menzione [31], ovvero, il sistema delle nullità, denominatore comune di tutte le numerose pronunce sul tema delle notificazioni, «crocevia nel quale si intersecano e si bilanciano i principi fondamentali del processo penale» [32].
LE NULLITÀ: UN DIFFICILE EQUILIBRIO TRA INTERESSI CONTRAPPOSTI
Da qui, la constatazione che il sistema delle invalidità in generale, e quello delle nullità in particolare, rappresenta uno snodo fondamentale nel tracciare il confine tra il potere di accertamento dell’autorità e i valori che non possono in alcun modo essere sacrificati.
«Il codice ha voluto contemperare due esigenze fondamentali, ma contrastanti. Da un lato, quella di portare alla conoscenza effettiva del destinatario l’atto da notificare. Da un altro lato, l’esigenza di accertare il reato e assicurare la celerità degli adempimenti formali, in modo da non ritardare il corso del procedimento penale» [33].
In questa logica non stupisce che il legislatore abbia istituito un sistema delle nullità presidiato dal principio di tassatività. Ciò nonostante, negli ultimi anni, la giurisprudenza sembra aver varcato il limite interpretativo per sconfinare nel superamento se non addirittura nella sostituzione della disciplina codicistica [34]: per un verso, sempre più assiduamente i giudici hanno adottato il criterio dell’offensività in concreto [35] per escludere la sussistenza di una causa di nullità per l’altro verso, si è impiegata l’anomala nozione di abuso del processo [36] (su cui si ritornerà nel corso dell’elaborato) - «che evoca l’idea di un espediente irreprensibile, diretto ad eludere la ratio piuttosto che a violare la lettera delle norme processuali» [37] -, come limite alla deducibilità delle nullità [38].
È proprio con riguardo al profilo della tassatività che la giurisprudenza pare meno aderente, valorizzando piuttosto l’individuazione dell’offesa in concreto ora come requisito negativo della fattispecie violata, concludendo per la mancanza del vizio ogniqualvolta non si riscontri un effettivo pregiudizio; ora come causa di sanatoria di un’invalidità già verificatasi [39], ove offesa non vi sia.
Senza pretese di esaustività rispetto ai molteplici atteggiamenti della giurisprudenza, questa breve panoramica sulle pronunce ‘anticonvenzionali’ permette di cogliere la portata decodificatoria del diritto vivente e offre lo spunto per aprire ad una riflessione sulle prospettive de iure condendo, così da arginare l’eccessiva discrezionalità dei giudici perché «il compito di stabilire in che misura debba essere garantita la salvaguardia dei diritti individuali e degli interessi collettivi coinvolti nella giurisdizione penale spetta per intero al legislatore» [40].
Ebbene, in tema di notificazioni all’imputato, con particolare riferimento a vizi concernenti la vocatio in iudicium, negli ultimi anni attraverso molteplici pronunce, si è assistito ad una progressiva delimitazione dei confini di operatività della nullità assoluta ex art. 179 c.p.p.
Si è passati così da una perfetta equazione tra omessa ed invalida vocatio [41], sia pur successivamente con una clausola di riserva ai soli casi più gravi [42], ad una distinzione in riferimento alla sua effettiva gravità [43], fino alla definitiva classificazione delle notificazioni irrituali nella categoria delle nullità intermedie di cui all’art. 178 lett. c) c.p.p., in quanto non considerabili alla stregua di una vera e propria omissione [44], producendosi una lesione del diritto di intervento dell’imputato di minore intensità [45].
In questo scenario, poi, l’asticella si sposta verso una direzione marcatamente sostanzialista quando, nella sentenza Micciullo, si realizza una transizione della nozione di conoscenza effettiva: da «valore determinante ai fini della sola interpretazione del concetto di citazione “omessa” ex art. 179 c.p.p.» [46] finalizzato all’individuazione del tipo di nullità, diviene la causa per sanare il vizio innocuo [47].
Questa scelta si giustifica nel criterio anticipato anzitempo: la sanzione non deriva dall’irritualità della notifica - non si censura il vizio -, ma è necessario che la violazione comporti un effettivo e concreto pregiudizio al diritto di difesa.
Il diritto vivente, in tal modo, ha palesato verso le invalidità una crescente insofferenza degenerata nella sostituzione del criterio formale [48] legislativo (l’individuazione del bene tutelato dalla norma) con un criterio valoriale (la verifica di un concreto pregiudizio del medesimo); detto altrimenti: perché sia dichiarata la nullità occorre la concreta lesione dell’interesse protetto.
Ma non è tutto: gli elementi su cui il giudice deve verificare l’irritualità della notificata, dai quali scaturisce l’applicabilità di una sanzione devono essere documentati dalla parte che prospetta il vizio relativo.
Alla luce di quanto emerso, è facile la conclusione che all’idea del legislatore del 1988 di costruire un sistema tendenzialmente inibito ai poteri discrezionali del giudice si contrappone sempre di più una dissociazione fra il dato normativo e l’interpretazione, raggiungendo risultati praeter legem, se non addirittura contra legem [49]. Si tratta dunque di casi patologici, integranti una «teratologia del processo penale» [50] che sfociano in vere e proprie storture del sistema.
LA DECISIONE ‘GARANTISTA’ DELLA CORTE
L’indagine fin qui svolta è funzionale a comprendere lo scenario che fa da sfondo alla pronuncia in esame. In altri termini, il contesto delineato è servente all’analisi del principio di diritto: “In caso di dichiarazione o di elezione di domicilio dell’imputato, la notifica della citazione a giudizio mediante consegna al difensore di fiducia anziché presso il domicilio dichiarato o eletto, produce una nullità a regime intermedio, che non è sanata dalla mancata allegazione da parte del difensore di circostanze impeditive della conoscenza dell’atto da parte dell’imputato”.
L’art. 157, comma 8-bis, c.p.p. mira - in conformità ai principi costituzionali - alla conoscenza effettiva dell’atto, al fine di evitare sovraccarichi procedurali e bilanciare gli interessi contrapposti.
Se appare eccessivamente critico il pensiero di chi sostiene che l’intento dell’articolo in parola fosse quello «di scaricare sul difensore di fiducia la effettiva conoscenza che l’imputato doveva avere delle notifiche, perché quello che lo Stato non riusciva a fare avrebbe dovuto farlo il patrocinante» [51], «giacché solo un difensore sprovveduto avrebbe accettato il gravoso incarico» [52], sembra davvero difficile parlare di abuso del processo, avvalorando la tesi di chi ritiene aprioristicamente che «le difese si avvalgono di ogni mezzo per allontanare nel tempo la sentenza definitiva, anche a costo di provocare la paralisi degli svolgimenti processuali» [53].
Si può allora argomentare che è assolutamente apprezzabile l’idea che «un ordinamento processuale ben ordinato deve assolutamente sforzarsi di impedire quel vero e proprio fenomeno di abuso che consiste nell’impiegare gli istituti processuali non “per” il processo ma “contro” il processo» [54], ma è evidente che debba escludersi l’intento dilatorio in riferimento all’imputato che eccepisca la nullità della notifica eseguita in un luogo diverso da quello prescelto; peraltro senza un ragionevole motivo.
Del resto, la dichiarazione o elezione di domicilio costituisce un adempimento che l’indagato o imputato viene invitato a realizzare sin dal primo atto compiuto con il suo intervento (art. 161 c.p.p.) e ciò proprio al fine di agevolare il sistema delle notificazioni. Se, dunque, egli adempie a tale invito scegliendo, a suo insindacabile giudizio, il luogo dove intende ricevere le notificazioni, non si vede come possa costituire un abuso dolersi, poi, del mancato rispetto della sua scelta.
Se consideriamo poi, che nel caso di specie si è in presenza anche dell’altra causa ostativa all’automatismo dell’art. 157, comma 8-bis, c.p.p., ovvero l’esplicito e tempestivo rifiuto del difensore di ricevere la notifica del suo assistito, il paradosso è evidente.
Pertanto, «l’impiego improprio della categoria dell’abuso sanziona il diritto di difesa (…) e propizia una distorsione dei ruoli attribuiti ai diversi soggetti del processo» [55].
Ebbene, la domanda è la seguente: posto che il principio dell’art. 157, comma 8-bis, c.p.p. è la presunzione di conoscenza degli atti notificati al difensore - in ragione del rapporto fiduciario con quest’ultimo -, attesa la notificazione irrituale (nel caso di specie, una doppia violazione), come è possibile insistere nella presunzione di conoscenza insita nella regola violata?
Se, infatti, è vero che la notifica al difensore costituisce un vantaggioso compromesso che mira più alla conoscenza legale che effettiva, è altrettanto vero che al fine del conseguimento dello scopo è necessario che tale modalità sia rituale, altrimenti - come autorevolmente fa notare la Corte [56] - ciò implicherebbe un’aggiunta di presunzioni legali, ottenendo, così, quale effetto ultimo, quello di diminuire - e senza giustificazione alcuna - il grado di effettività della conoscenza stessa da parte dell’imputato.
Viceversa, la sanatoria di una procedura malfatta avrebbe delineato un solco profondo nel sistema normativo, sicché «semplificare ulteriormente la disciplina prevedendo un domiciliatario ex lege per tutti gli imputati che scelgano un difensore di fiducia equivarrebbe a scaricare sugli stessi le inefficienze altrui» [57].
In altre parole, se la ratio dell’art. 157, comma 8-bis, c.p.p. «si ispira all’esigenza di bilanciare il diritto di difesa degli imputati e la speditezza del processo, semplificando le modalità delle notifiche e contrastando eventuali comportamenti dilatori e ostruzionistici» [58], allora non si può rinvenire alcun abuso nella condotta dell’imputato che contribuisca a facilitare il sistema di notificazione (mediante la dichiarazione o elezione di domicilio) e reclami, poi, il rispetto della propria scelta.
Semmai, la logica sottesa deve ritenersi capovolta.
Invero, nella pronuncia in esame le Sezioni unite sottolineano che il vizio integra una nullità di ordine generale a regime intermedio [59], continuando cioè a ribadire la natura intermedia piuttosto che assoluta al solo fine di sottoporla al vaglio di sanabilità [60].
Pertanto, la causa di sanatoria ex art. 183 c.p.p. riveste un ruolo significativo in riferimento ai vizi attinenti al difetto di notifica: ‘la normativa giurisprudenziale’ tende a sostituire «al criterio logico-formale uno di tipo valutativo, che passa attraverso la verifica della sussistenza di un concreto pregiudizio» [61], ovvero, «un metodo diagnostico legato a “valutazioni” empiriche» [62].
In sostanza, la logica non può essere quella per cui la nullità va considerata intermedia per poter essere sanata laddove l’irritualità non comporti un pregiudizio, perché il raggiungimento dello scopo non può mai atteggiarsi a regola di valutazione della natura dell’invalidità [63].
Sulla scia di queste considerazioni, la soluzione adottata dalla Corte appare conforme tanto ai principi interni quanto in linea ai “dettami europei”.
La riproposizione di una ‘visione garantista’ era auspicabile e necessaria. Già con la sentenza Micciullo [64] la Corte si era spinta oltre, basando la conoscenza della notificata su una mera presunzione, trascendere sarebbe stato eccessivo, a fronte anche del nuovo assetto normativo che con la l. n. 67 del 2014, sull’incessante invito degli Organismi Internazionali, ha eliminato l’istituto della contumacia [65] in luogo dell’assenza.
A tal riguardo, la Corte europea esige la prova “oltre ogni ragionevole dubbio” per la conoscenza del procedimento da parte dell’imputato [66], e tale standard non può certo considerarsi raggiunto a fronte (come nel caso di specie) delle due ipotesi di inoperatività della notifica automatica al difensore di fiducia ex art. 157, comma 8-bis, c.p.p.
La soluzione adottata ha dunque un significato univoco: il risparmio dei tempi non può incidere oltremodo sulla conoscibilità dell’atto notificato.
BREVI RIFLESSIONI CONCLUSIVE
L’analisi svolta sulla ‘normativa giurisprudenziale’ in tema di nullità, ha permesso di evidenziare quanto l’equilibrio tra ragionevole durata del processo e diritto di difesa sia difficile, e tutte le volte che i giudici si trovano a dover spostare l’asticella verso l’efficienza processuale o, viceversa, verso la garanzia individuale, preferiscono privilegiare la prima, scegliendo dunque di definire il processo: l’accertamento delle invalidità infatti è integrato da un’indagine volta a verificare e reprimere soltanto le violazioni effettive e concrete dei diritti.
È evidente, che così facendo, il giudice finisce, talvolta, col sostituirsi al legislatore, creando nuove norme, eversive dell’impianto dispositivo codificato, col risultato di favorire gli squilibri tra i diversi principi costituzionali.
Un criterio fondato sulla «diagnosi di meritevolezza di tutela e di concreta offensività» [67], pur assicurando una miglior elasticità della norma, genera però l’effetto collaterale di creare spazi di discrezionalità troppo ampi, che potrebbero sconfinare nel soggettivismo, ancora una volta in netta antitesi con la “legalità processuale” [68] ed i suoi corollari.
Se appare necessario limitare la deriva giurisprudenziale e gli orientamenti elusivi del dettato positivo, è pur vero che non si possono ignorare le esigenze sottese.
Perciò, la disciplina delle nullità necessita di un intervento normativo che vada ad assestare e a riequilibrare gli assetti, garantendo sì un processo celere, ma non arbitrario.
NOTE
[1] Per un primo commento, volendo F. Zavaglia, in Cass. pen., 2008, in corso di pubblicazione.
[2] Cass., sez. un., 27 marzo 2008, n. 19602, in Arch. n. proc. pen., 2008, p. 555.
[3] La disposizione, come noto, è stata introdotta con l’art. 2, comma 1, d.l. 21 febbraio 2005, n. 17, convertito, con modificazioni, dalla l. 22 aprile 2005, n. 60, nel contesto di una più generale riforma, al fine di garantire la ragionevole durata del processo, accelerando i tempi di notifica degli atti, nonché di adeguare il nostro processo in contumacia ai dettami della giurisprudenza europea.
[4] Con la sentenza del 14 maggio 2008, n. 136, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità dell’art. 157, comma 8-bis c.p.p. in riferimento ad una presunta violazione degli artt. 24 e 111 comma 3 Cost. In motivazione si legge che la scelta legislativa di prevedere «la notificazione di tutti gli atti processuali successivi al primo presso il difensore di fiducia non è lesiva dei diritti dell’imputato, in quanto la nomina dello stesso implica l’insorgere di un rapporto di continua e doverosa informazione da parte di quest’ultimo nei confronti del suo cliente, che riguarda ovviamente, in primo luogo, la comunicazione degli atti e delle fasi del procedimento, allo scopo di approntare una piena ed efficace difesa». Già in precedenza era stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità dell’articolo in questione in riferimento agli artt. 3-10-24-111 Cost., affermando anche in quell’occasione la possibilità dell’imputato di poter eleggere domicilio. Cfr. Cass., sez. V, 22 novembre 2006, n. 42270, in Arch. n. proc. pen., 2007, p. 666.
[5] Con riguardo alla differente efficacia riconosciuti agli atti di elezione o di mera dichiarazione del domicilio cfr. F. Lattanzi, Le notificazioni, in M. Chiavario-E. Marzaduri (a cura di) Atti del procedimento penale, Forma e struttura, in Giurisprudenza sistematica di diritto processuale penale, Utet, Torino, 1996, p. 169 ss.
[6] Il difensore può dichiarare immediatamente di non voler accettare la notificazione. «È parso, infatti, indispensabile tener conto delle ipotesi in cui, essendosi incrinato il rapporto fiduciario con l’assistito, il difensore non può accollarsi un simile onere: per scongiurare però mere mosse dilatatorie, si è previsto che il rifiuto del difensore debba essere immediato, sicché non dovrebbe esservi tempo per collusioni non commendevoli». Così, G.P. Voena, voce Atti, in G. Conso-V. Grevi-M. Bargis (a cura di) Compendio di Procedura Penale, Cedam, Padova, 2016, p. 238.
[7] «Il nuovo comma 8-bis dell’art 157 c.p.p produrrà, dunque, una ricaduta non sulle modalità di espletamento della prima notifica all’imputato “a piede libero”, come ci si potrebbe aspettare, data la rubrica dell’articolo interpolato, bensì sull’attività successiva a tale momento, permettendo un tendenziale risparmio di tempi attraverso l’automatica notificazione degli ulteriori atti al suo difensore di fiducia. Interessante a questo proposito, il rilievo del Comitato per la legislazione della Camera dei deputati in ordine alla chiarezza e alla proprietà della formulazione del testo sottoposto al Governo per la conversione all’articolo 2, comma1, dovrebbe valutarsi l’opportunità di modificare anche la rubrica dell’art. 157 (Prima notificazione all’imputato non detenuto) dal momento che si introduce nel testo dell’articolo il nuovo comma 8-bis, che concerne invece le notificazioni successive alla prima». In questi termini S. Quattocolo, Commento all’art. 2 d.l. n. 17/2005, conv., con modificazioni, nella l. n. 60/2005, in Leg. pen., 2005, p. 296.
[8] Sul punto, Cfr. P. Rivello, Sub art.157, in G. Conso-Grevi (a cura di) Commentario, Cedam, Padova, 2005, p. 421; L. Suraci, Le “nuove” notificazioni ci portano indietro e il giusto processo resta lontano, in Dir. e giustizia, 2005, p. 94; C. Zampi, Ancora in tema di notificazioni il comma 8 bis dell’art. 157 e le strane iniziative ministeriali, in Arch. n. proc. pen., 2006, p. 353.
[9] Cass., sez. un., 27 marzo 2008, n. 19602, cit.; Cass., sez. V, 25 gennaio 2007, n. 8108, in Arch. n. proc. pen., 2008, p. 211. In senso contrario, Cass., sez. III, 9 gennaio 2008, n. 6790, in Arch. n. proc. pen., 2008, p. 409; Cass., sez. III, 20 settembre 2007, n. 41063, in Cass. pen., 2008, p. 4763: Cass., sez. VI, 9 marzo 2006, n. 19267, in Arch. n. proc. pen., 2007, p. 538.
[10] In questi termini F. Viggiano, Art. 157 comma 8 bis, in A. Giarda e G. Spangher (a cura di) Codice di procedura penale commentato, Ipsoa, Milano, 2010, vol. 1, p. 1481. Peraltro «la conoscenza dell’atto non si trasferisce dal difensore di fiducia al proprio assistito». Ancora F. Viggiano, Art. 157 comma 8 bis, in A. Giarda e G. Spangher (a cura di) Codice di procedura penale commentato, Ipsoa, 2017, vol. 1, p. 1584.
[11]Espressione di S. Lorusso, Una nullità a regime intermedio sanabile con l’effettiva conoscenza, in Guida dir., 2008, p. 79, secondo cui, opinando diversamente, si determinerebbe un paradossale ridimensionamento della dichiarazione e/o elezione di domicilio.
[12] Cfr. A. Garagliola, Le sezioni unite in tema di rapporti fra notificazioni ex art. 157, comma 8-bis, c.p.p. ed una precedente dichiarazione o elezione di domicilio, in Cass. pen., 2009, p. 1581.
[13] La norma recita testualmente: “La notificazione nel domicilio determinato a norma del comma 2 diviene impossibile, le notificazioni sono eseguite mediante consegna al difensore. Nello stesso modo si procede quando, nei casi previsti dai commi 1 e 3, la dichiarazione o l’elezione di domicilio mancano o sono insufficienti o inidonee. Tuttavia, quando risulta che, per caso fortuito o forza maggiore, l’imputato non è stato nella condizione di comunicare il mutamento del luogo dichiarato o eletto, si applicano le disposizioni degli articoli 157 e 159”.
[14] Cfr. A. Nappi, Le notificazioni senza certezza e le Sezioni Unite senza ruolo, in Cass. pen., 2017, p. 1259B.
[15] A tal proposito è stato precisato che: “Qualora nella notificazione all'imputato della citazione per il giudizio, venga erroneamente indicato che la stessa è eseguita presso il difensore di fiducia ai sensi dell'art. 157, comma 8-bis, cod. proc. pen. e non ex art. 161, comma 4, cod. proc. pen. (stante la inidoneità del domicilio dichiarato), si verifica una mera irregolarità, priva di effetti pregiudizievoli per l'imputato e la difesa, e non una nullità di ordine generale, prevista dall'art. 178, comma 1 lett. c) del codice di rito, in quanto in entrambe le ipotesi il destinatario dell'atto si identifica con il difensore di fiducia’’. Così Cass., sez. II, 26 ottobre 2017, n. 52274, in C.E.D. Cass., n. 271377.
[16] Così Cass., sez. VI, 29 dicembre 2015, n. 4828, in C.E.D. Cass., n. 265803; Cass. sez. II, 22 settembre 2015, n. 41735, in C.E.D. Cass., n. 264594.
[17] Viceversa, ai sensi dell’art. 162, comma 4-bis, “L’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio non ha effetto se l’autorità che procede non riceve, unitamente alla dichiarazione di elezione, l’assenso del difensore domiciliatario”. Per una disamina critica dell’istituto cfr. R.G. Grassia, La riforma della giustizia penale, in A. Marandola e T. Bene (a cura di), Giuffrè, 2017, p. 78 ss.
[18] Cass., sez. un., 27 marzo 2008, n. 19602, cit.
[19] Cass., sez. V, 25 gennaio 2007, n. 8108, cit.; Cass., sez. V, 29 dicembre 2015, n. 4828, cit.
[20] Sebbene una sentenza recente afferma, in aperta difformità rispetto al chiarimento delle Sezioni unite, la preminenza, su ogni altra, della forma di notificazione ex art. 157, comma 8-bis c.p.p. (nel caso concreto la notifica dell’avviso della conclusione delle indagini preliminari era stata effettuata presso il domicilio eletto dall’imputato nel momento dell’arresto, mentre i successivi decreti di fissazione dell’udienza preliminare e di rinvio a giudizio erano stati notificati presso il difensore di fiducia). In questi termini Cass., sez. VI, 28 giugno 2016, n. 31569, in C.E.D. Cass., n. 267527.
[21] Cfr. nota 8.
[22] Cass., sez. IV, 29 marzo 2017, n. 19184, cit.
[23] Vengono ascritte a tale orientamento tra le tante, Cass., sez. V, 28 novembre 2016, n. 8478, in C.E.D. Cass., n. 269453; Cass., sez. V, 29 dicembre 2015, n. 4828, cit.; Cass. sez. II, 22 settembre 2015, n. 41735, cit.; Cass., sez. IV, 1° aprile 2015, n. 18098, in C.E.D. Cass., n. 263753; Cass., sez. V, 25 gennaio 2007, n. 8108, cit.
[24] Per l’operatività della sanatoria sono necessari ulteriori elementi da cui desumere la conoscenza dell’imputato dell’atto notificato. Cfr. Cass., sez. IV, 1° aprile 2015, n. 18098, cit.; Cass., sez. IV, 25 gennaio 2016, n. 7917, in C.E.D. Cass., n. 266231.
[25] Cfr. Cass. sez. IV, 20 dicembre 2016, n. 2416, in C.E.D. Cass., n. 268883; Cass. sez. VI, 2 dicembre 2016, n. 490, in C.E.D. Cass., n. 268809; Cass., sez. III, 19 luglio 2016,n.47953, in C.E.D. Cass., n. 268654; Cass., sez. IV, 10 dicembre 2016, n. 8592, in C.E.D. Cass., n. 266369; Cass., sez. IV, 17 settembre 2015, n. 40066, in C.E.D. Cass., n. 264505; Cass., sez. IV, 9 settembre 2015, n. 44132, in C.E.D. Cass., n. 264830; Cass., sez. V, 10 maggio 2012, n. 34558, in C.E.D. Cass., n. 253276.
[26] Come espressione di tale orientamento, si citano Cass., sez. IV, 25 gennaio 2016, n. 7917, cit.; Cass., sez. III, 19 luglio 2016, n. 47953, in C.E.D. Cass., n. 268654.
[27] In questi termini Corte costituzionale, sent. n. 136 del 23 gennaio 2008.
[28] Il c.d. diritto all’autodeterminazione, nel linguaggio corrente, è il riconoscimento della capacità di scelta autonoma ed indipendente dell’individuo e compare come espressione durante gli anni delle lotte femministe. Cfr. voce Autodeterminazione, in www.treccani.it.
[29] A tal proposito è stato precisato che: “In materia di notificazioni all'imputato non detenuto eseguite ai sensi dell'art. 157, comma 8-bis cod. proc. pen., la dichiarazione con la quale il difensore di fiducia abbia esercitato la facoltà di ricusare la ricezione delle comunicazioni e delle notifiche destinate al suo assistito deve intendersi implicitamente revocata quando il professionista abbia poi accettato l'atto senza nulla opporre’’. Così Cass., sez. III, n. 41560, in C.E.D. Cass., n. 271340.
[30] Cass., sez. VI, 15 febbraio 2017, n. 11954, in C.E.D. Cass., n. 269558.
[31] V. retro, § 1.
[32] G.L. Fanuli, Le nullità nel processo penale, Giuffrè, 2013, p. XXIII.
[33] In questi termini P. Tonini, Lineamenti di diritto processuale penale, Giuffrè, 2017, p. 100.
[34] Sui rischi connessi all’affermarsi di una «procedura penale di matrice giurisprudenziale» v. O. Mazza, Imputazione e “nuovi” poteri del giudice dell’udienza preliminare, in Riv. it. dir. proc. pen., 2008, p. 1372 ss.
[35] Sul tema diffusamente M. Caianiello, Premesse per una teoria del pregiudizio effettivo nelle invalidità processuali penali, Bonomia University Press, Bologna, 2012.
[36] Sempre più frequentemente sia in dottrina che in giurisprudenza si fa menzione del concetto di abuso del processo, secondo E.M. Catalano, L’abuso del processo, Giuffrè, Milano, 2004, p. 61 è da intendersi come «distorsione funzionale nell’impiego di un istituto processuale o una contrarietà ai postulati della lealtà processuale, alle quali consegua la lesione di un interesse costituzionalmente rilevante». Per analoghe proposte definitorie F. Caprioli, Abuso del diritto di difesa e nullità inoffensive, in Cass. pen., 2012, p. 2447: «come uso strumentale e dannoso, benché formalmente legittimo, dei poteri che la legge assegna alle parti processuali».
[37] In questi termini, E.M. Catalano, L’abuso del processo, cit., p. 105.
[38] Secondo N. Galantini, Vizi degli atti processuali penali, in Dig. pen., vol. XIV, 1999, p. 342,«talune ipotesi di invalidità positivamente previste trovano causa in imperfezioni dell’atto che ricalcano lo scema dell’abuso processuale». L’invalidità, dunque, è quel fenomeno «complessivo dato da un’imperfezione (vizio) e dalle sue conseguenze (sanzione)».
[39] G. Leo, L’abuso del processo nella giurisprudenza di legittimità (seconda parte), in Dir. pen. proc., 2008, p. 629 ss., secondo il quale «il risultato della miglior congruenza tra sanzione ed effettività della lesione è spesso acquisito, attraverso un “ordinario” lavoro esegetico sulla lettera della legge. In alcune occasioni, per altro, la giurisprudenza sembra addirittura abbandonare - non a caso dando luogo a contrasti - l’esegesi del precetto, per introdurre un franco criterio di offensività concreta del vizio quale condizione per la sua rilevanza. In questa prospettiva si determina un’evidente tensione con il tradizionale insegnamento per il quale le nullità sussistono indipendentemente dal concreto pregiudizio dell’interesse tutelato dalla norma violata. Anche nel codice vigente l’offesa non è elemento costitutivo della fattispecie sanzionatoria, neppure quando l’atto viziato abbia comunque conseguito il suo scopo». Analogamente, R. Bricchetti, Nullità degli atti: il principio di tassatività all’esame dell’interpretazione giurisprudenziale, in Criminalia, 2010, p. 457«in un sistema governato […] dal principio di cui all’art. 177, che esclude interpretazioni estensive o analogiche, il raggiungimento dello scopo dell’atto può servire, al più, come criterio di comprensione di scelte normative tassativamente regolamentate ma non come elaborazione di un principio generale cui ricorrere per motivare sanatorie non previste dalla legge». Per questa opinione, oltre gli altri autori già citati cfr. G. Lozzi, Lezioni di procedura penale, Giappichelli, Torino, 2011, p. 189.
[40] F. Caprioli, Abuso del diritto di difesa e nullità inoffensive, in Cass. pen., 2012, p. 2451.
[41] Cass., sez. un., 9 settembre 2003,n. 35358, in Giur. it., 2004, p. 2386: si afferma che la nullità della citazione dell’udienza preliminare ex art. 179 c.p.p., può essere rilevata per la prima volta nel giudizio di legittimità, essendo un vizio assoluto e insanabile. (Nel caso di specie, la notifica era stata consegnata nel luogo di residenza dell’imputato, a mani del portiere, piuttosto che nel domicilio eletto presso il difensore). Analogamente, Cass., sez. IV, 3 ottobre 1995, n. 10095, in Cass. pen., 1996, p. 3063; Cass., sez. I, 9 gennaio 1996, n. 95, in C.E.D. Cass., n. 203343; Cass., sez. IV, 2 maggio 1997, n. 1167, in Cass. pen., 1998, p. 1719; Cass., sez. I, 28 febbraio 1998, n. 1988, ivi, 1999, p. 890; Cass., sez. IV, 25 febbraio 1999, n. 2451, ivi, 2000, p. 2060; Cass., sez. VI, 27 settembre 2000, n. 10275, in C.E.D. Cass., n. 217649.
[42] Cass., sez. un., 27 febbraio 2002, n. 63, in Arch. n. proc. pen., 2002, p. 562 «certo non tutte le nullità concernenti la notifica rientrano nella categoria delle nullità più gravi e, come tali, insanabili per tutta la durata del processo, ma solamente quelle che, in funzione appunto della loro gravità, possono essere equiparate all’omissione della citazione, perché non pongono il destinatario dell’atto nella condizione di conoscerne il contenuto e di apprestare, conseguentemente, la propria difesa».
La tesi dell’equiparazione tra citazione omessa e invalida è invece sostenuta, in modo pressoché incondizionato, da una cospicua parte della dottrina. Cfr. M. Panzavolta, voce Nullità. II) Dir. proc. pen., in Enc. Giur. Treccani, Agg. 2005, Roma, p. 9; P. Morello, Il nuovo processo penale, Cedam, Padova, 2000, p. 761; Cfr. T. Rafaraci, Nullità, in Enc. dir., II agg., Giuffrè, Milano, 1998, p. 621; V. Cavallari, Sub art. 179, in Commentario del nuovo codice di procedura penale, a cura di M. Chiavario, Utet, Torino, 1990, vol. II, p. 324; O. Dominioni, Art. 179, in Commentario del nuovo codice di procedura penale, vol. II, Giuffrè, Milano, 1989, p. 281.
[43] Cass., sez. un., 27 ottobre 2004, n. 119, in Cass. pen., 2004, p. 1148. Il caso di una notifica irrituale perché consegnata nel domicilio reale dell’imputato, a mani di un convivente, invece che presso il difensore di fiducia (domicilio eletto).
[44] Cass., sez. un., 17 ottobre 2006,n. 41280, in Cass. pen., 2007, p. 2545. A tal proposito, in termini polemici fa notare G. Leo, L’abuso del processo nella giurisprudenza di legittimità (seconda parte), in Dir. pen. proc., 2008, p. 629 che «Le Sezioni unite, utilizzando una significativa presunzione per stabilire che l’imputato, nonostante l’irritualità della notifica della citazione, aveva avuto notizia della citazione medesima. Questa infatti era stata (indebitamente) effettuata presso il difensore. Ed allora, poiché il professionista aveva assistito fiduciariamente l’interessato per tutto il corso del giudizio, e poiché lo stesso professionista - pur allegando l’assenza dal territorio nazionale del suo patrocinato - non aveva riferito d’aver omesso la comunicazione al destinatario degli atti notificati presso il suo studio, poteva appunto ritenersi che la notifica, per quanto nulla, avesse conseguito il suo scopo».
[45] Di questo avviso, M. Caianiello, Premesse per una teoria del pregiudizio effettivo nelle invalidità processuali penali, Bonomia University press, Bologna, 2012, p. 36.
[46] F. Caprioli, Abuso del diritto di difesa e nullità inoffensive, cit., p. 2445.
[47] Cass., sez. un., 27 marzo 2008, n. 19602, cit.: il giudice di legittimità ha riconosciuto che la notificazione del decreto di citazione a giudizio per l’appello e, successivamente, dell’estratto della sentenza contumaciale, eseguite a norma dell’art. 157, comma 8-bis, c.p.p. presso il difensore di fiducia, nonostante la dichiarazione di domicilio per le notificazioni, sebbene integri una nullità di ordine generale a regime intermedio, deve ritenersi sanata quando risulti provato che la notifica presso il difensore non ha impedito all’imputato di conoscere l’esistenza dell’atto e di esercitare il diritto di difesa.
[48] F. Caprioli, Abuso del diritto di difesa e nullità inoffensive, cit., p. 2449 ss., secondo il quale «Nel nostro ordinamento esiste uno specifico divieto di uso distorto e dannoso degli istituti processuali (…) perché i vincoli derivanti dal principio di legalità e dal principio di tassatività delle invalidità assegnano ristretti margini operativi». In senso conforme E.M. Catalano, L’abuso del processo, cit., p. 62, secondo la quale «l’offesa è da ritenersi implicita nella difformità del modello legale».
[49] È una prassi consolidata nel tempo, sottolineata tra i tanti da F. Cordero, Procedura penale, Giuffrè, Milano, 1983, p. 1144 che già nell’indice della sua opera riportava l’espressione “giurisprudenza contra legem sulle nullità” per censurare l’orientamento della Corte di cassazione che degradava a vizio innocuo la violazione di norme processuali previste a pena di nullità quando la costante difformità rispetto al modello legale si fosse rivelata concretamente inoffensiva.
[50] L’espressione colorita sta ad indicare “un’anomalia”, una “mostruosità” del processo penale. Così F. Cordero, Procedura penale, Giuffrè, Milano, 2003, p. 1027.
[51] In questi termini L. Cremonesi, Processi in absentia: le nuove regole, in Dir. e giustizia, 2005, p. 116.
[52] Così L. Pistorelli, Ancora più debole il sistema delle notifiche, in Dir. e giustizia, 2005, p. 28.
[53] V. Grevi, Ancora e sempre alla ricerca del processo “giusto”, in Legislazione pen., 2001, p. 478.
[54] AncoraV. Grevi, Ancora e sempre alla ricerca del processo “giusto”, cit. p. 478.
[55] Così E.M. Catalano, L’abuso del processo, cit., p. 104.
[56] Cfr. la pronuncia in commento.
[57] R. Puglisi, La nomina di un difensore di fiducia non toglie effetto ad una dichiarazione di domicilio, in Cass. pen., 2009, p. 1597.
[58] Corte cost., 14 maggio 2008, n. 136, cit. Cfr. E. Grisonich, La nullità per erronea notificazione al difensore non si sana in caso di inerzia probatoria sull’effettiva mancata conoscenza della citazione da parte dell’imputato, in Dir. pen. cont., 5 febbraio 2018, p. 188, secondo il quale non si può imporre al difensore l’aggravio di un onere dimostrativo assai difficoltoso, una sorta di probatio diabolica, a causa di un malfunzionamento del sistema non addebitabile alla parte.
[59] Già affermata nella sentenza 27 marzo 2008, n. 19602, cit.
[60] Cfr. A. Diddi, Sanatoria per conseguimento dello scopo: un’altra applicazione in tema di nullità delle notificazioni eseguite presso un domicilio diverso da quello validamente dichiarato, in Cass. pen., 2007, p. 2554.
[61] In questi termini R. Bricchetti, Nullità degli atti: il principio di tassatività all’esame dell’interpretazione giurisprudenziale, cit., p. 453.
[62] Ancora, R. Bricchetti, Nullità degli atti: il principio di tassatività all’esame dell’interpretazione giurisprudenziale, cit., p. 453.
[63] Cfr P. Moscarini, Esigenze antiformalistiche e conseguimento dello scopo nel processo penale italiano, Giuffrè, Milano, 1988, p. 39. Analogamente A. Diddi, Sanatoria per conseguimento dello scopo, cit., p. 2555.
[64] Per approfondimenti cfr. nota n. 37 di questo elaborato.
[65] Per un’analisi dettagliata dell’istituto sia consentito il rinvio a C. Bottino, La remissione in termini e la richiesta di un procedimento speciale del “contumace incolpevole”, in Cammino Diritto, 2017, p. 4 ss.
[66] Su tutte: Corte e.d.u., 18 maggio 2004, Somogyi c. Italia.
[67] Così A. Marandola, La patologia dell’atto processuale penale: indirizzi sostanziali vs legalità formale, in Dir. pen. proc., 2012, p. 1056.
[68] Primo tra tutti il principio del contraddittorio.