Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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L'impegno professionale del difensore in altro procedimento costituisce legittimo impedimento in presenza di condizioni obiettive


CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE, SENTENZA 2 FEBBRAIO 2015, N. 4909 – PRES. SANTACROCE; REL. ROMIS

L’impegno professionale del difensore in altro procedimento costituisce legittimo impedimento che dà luogo ad assoluta impossibilità a comparire ai sensi dell’art. 420-ter, comma 5, c.p.p., a condizione che il difensore prospetti l’impedimento appena conosciuta la contemporaneità dei diversi impegni, indichi specificamente le ragioni che rendono essenziale l’espletamento della sua funzione nel diverso processo, rappresenti l’assenza in detto procedimento di altro codifensore che possa validamente difendere l’imputato, e l’impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell’art. 102 c.p.p. sia nel processo a cui intende partecipare sia in quello di cui chiede il rinvio; con conseguente congelamento del termine fino ad un massimo di sessanta giorni dalla cessazione dell’impedimento stesso.

[Omissis]   RITENUTO IN FATTO   1. Il Tribunale di Asti condannava T.G. – in ordine al delitto di diffamazione in danno di G.F. e G. R., con l’aggravante di aver commesso il fatto con il mezzo della pubblicità – alla pena di Euro 1.032,00 di multa, con la concessione delle attenuanti generiche valutate equivalenti alla contestata aggravante; il T. veniva altresì condannato al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili, da liquidare in separato giudizio. 2. Avverso detta sentenza proponeva rituale e tempestivo appello il T. 2.1. In assenza di contestazioni sul merito della vicenda, con i motivi di gravame veniva chiesto il riconoscimento della scriminante di cui all’art. 599 c.p., in quanto l’imputato, già occupato con funzioni apicali presso la società ACPLAST s.p.a. rappresentata dalle persone offese, era stato, a suo dire, da queste indotto ad ingiuste dimissioni. Sicché egli aveva agito nell’ambito di una sorta di reazione ad un comportamento vessatorio ed ingiusto posto in essere ai suoi danni in ambito lavorativo. 2.2. In subordine, si sosteneva che i fatti si sarebbero estinti per prescrizione e in via ulteriormente subordinata veniva chiesto il riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla contestata aggravante poiché l’imputato, resosi conto degli illeciti commessi, aveva chiesto scusa alle vittime del reato offrendo di versare in loro favore una somma di denaro a titolo di risarcimento che tuttavia non era stata accettata. 3. La Corte di appello di Torino, con sentenza in data 3 marzo 2014, disattendeva le doglianze sui capi penali della sentenza impugnata, ribadendo la sussistenza nel merito dell’addebito ascritto all’imputato, ritenendo prive di qualsiasi rilievo le motivazioni che lo avrebbero indotto all’illecito. 3.1. Con riferimento alla richiesta declaratoria di improcedibilità per intervenuta prescrizione del reato, il Collegio escludeva che ne fosse maturato il termine finale, evidenziando in particolare che il procedimento era stato oggetto di numerosi rinvii richiesti ed ottenuti dalla difesa dell’imputato, anche in sede di appello, per impedimenti, tentativi di accordi transattivi e partecipazione a scioperi di categoria: differimenti che avrebbero costituito altrettante cause di sospensione della prescrizione e che, pur se limitati al periodo di 60 giorni ciascuno, avrebbero comunque determinato un prolungamento del termine di prescrizione di quasi sette mesi. 3.2. La Corte distrettuale, infine, riduceva la provvisionale concessa dal primo giudice in favore delle parti civili, rideterminandola in Euro 10.000,00 ciascuno per G.F. e R. e in Euro 5.000,00 per la ACPLAST s.p.a. 4. Con atto datato 11 aprile 2014, T.G. ha proposto ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, avverso tale sentenza, sviluppando due motivi di impugnazione [continua..]

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Fascicolo 4 - 2015