Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Giudicato ed esecuzione penale: confini normativi e frontiere giurisprudenziali (di Daniela Vigoni)


Dall’evoluzione del quadro normativo e dai recenti sviluppi giurisprudenziali emerge sempre di più il valore relativo del giudicato: sensibile alle esigenze di salvaguardia dei diritti fondamentali della persona, permeabile alle istanze di giustizia sostanziale e processuale, recessivo rispetto ai tradizionali obiettivi di certezza e di stabilità del decisum.

Res iudicata and enforcement of criminal judgments: legislative action and cutting edge case law

By evolution of legislative action and further to Suprem Court’s decision emerges more and more the relative value of res iudicata: sensitive to protection of human rights, permeable to instances of justice and fair trial, recessive in relation to traditional aim of certainty and stability of decisum.

LA MAPPA E LE COORDINATE Chi si ponesse nella prospettiva di osservare l’attuale panorama offerto dalla disciplina dell’esecuzione penale [1], confrontandolo con quello emergente dall’originaria geografia normativa, coglierebbe linee e contorni non poco diversi. Se poi quel panorama lo si volesse vedere alla luce delle aree limitrofe – riguardanti le impugnazioni straordinarie – e attraverso la lente delle interpretazioni accolte dalla giurisprudenza nazionale ed europea – relativamente ad alcune materie – si noterebbe quanto l’orizzonte sia ampio, mobile e in espansione. Nella topografia normativa del libro X si sono ridotti i confini, essendo venuti meno gli spazi, che peraltro esulavano dall’area propria dell’esecuzione, relativi al casellario giudiziale (titolo IV) e alle spese (titolo V): ad essi, com’è noto, sono stati dedicati due autonomi corpi normativi, e cioè i testi unici n. 313 e n. 115/2002. Restano invece nell’ambito della sistematica codicistica le disposizioni racchiuse nel capo II del titolo III, pur essendo di pertinenza penitenziaria. Alcune norme relative alla competenza territoriale (e, in parte, per materia) della magistratura di sorveglianza (art. 677 c.p.p.) e al procedimento di sorveglianza (art. 678 c.p.p.) si giustificano in base a specifiche previsioni della legge-delega (v. in particolare la dir. n. 98) dirette a “giurisdizionalizzare” la procedura e a unificarla nella base normativa. Altre norme, che si raccordano all’ordinamento penitenziario o al codice penale, riguardano diversi istituti: rispettivamente per le misure di sicurezza, la liberazione condizionale, la riabilitazione, il rinvio dell’esecuzione gli artt. 679-680, 682, 683 e 684 c.p.p. prevedono peculiarità procedurali e al contempo definiscono le attribuzioni di tipo decisorio della magistratura di sorveglianza; a proposito della grazia, l’art. 681 c.p.p. delinea i profili istruttori della complessa procedura [2]. Il capo II ha incontrato nel tempo limitate modifiche normative: è di particolare rilievo l’intervento legislativo (d.l. 23 dicembre 2013, n. 146, convertito con modificazioni in l. 21 febbraio 2014, n. 10) che, ispirandosi ad esigenze di economia e celerità processuale, è venuto a ridurre l’ambito di operatività del procedimento ex art. 678 c.p.p., mutuando, per alcune materie attribuite al magistrato di sorveglianza, il modello de plano, a contraddittorio eventuale e differito, descritto nell’art. 667, comma 4, c.p.p. [3]. Se l’art. 236 norme att. c.p.p. segnava la persistente vigenza, a fianco del procedimento di sorveglianza [4], di preesistenti varianti procedurali e modelli atipici di fonte penitenziaria, l’ulteriore incremento di modelli decisori di nuova generazione normativa (v. artt. 35-bis e [continua..]

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Fascicolo 4 - 2015