Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Corte europea dei diritti dell'uomo (di Marco Bastianello)


SOMMARIO:

Riesame della liceità della detenzione e status di latitante - Mutamento del giudice e violazione del principio di immediatezza - Illegittima limitazione del diritto alla difesa tecnica


Riesame della liceità della detenzione e status di latitante

(Corte e.d.u., 5 settembre 2019, Rizzotto v. Italia) Nel caso in esame, la Corte e.d.u. ha dichiarato la violazione dell’art. 5 § 4 Cedu, riguardante il diritto ad un rapido riesame della liceità della detenzione ante iudicatum. All’odierno richiedente non è mai stata data la possibilità di presentare personalmente la propria domanda di riesame, poiché al momento dell’emissione della misura egli non era rintracciabile: il gravame era stato proposto da un difensore d’ufficio, all’insaputa del ricorrente, mentre lo stesso era, appunto, irreperibile. La Corte ribadisce, in questo modo, che la garanzia fondamentale che traspare dall’art. 5 § 4 Cedu è il diritto ad un’audizione rapida ed efficace da parte del Tribunale addetto al riesame. Il caso vede coinvolto un cittadino italiano, indagato in diversi procedimenti penali per traffico di stupefacenti. Nel settembre 2010, il Gip di Palermo disponeva la custodia cautelare nei confronti dell’odierno istante a causa dei numerosi procedimenti pendenti riguardanti la cessione di droga, dei gravi indizi di colpevolezza e delle preminenti esigenze cautelari nei suoi confronti. L’interessato si trovava, però, in uno stato di irreperibilità: il Gip provvedeva, quindi, a dichiararlo latitante e veniva a lui assegnato, nel contempo, un difensore d’ufficio, sulla scorta dell’art. 296, comma 2, c.p.p. Pochi giorni più tardi, il legale d’ufficio proponeva riesame dell’ordinanza di misura cautelare emes­sa contro l’interessato, in accordanza con l’art. 309 c.p.p.; la richiesta veniva respinta dal Tribunale a causa dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato e del suo comportamento, che – a dire dei giudici – giustificava l’esigenza cautelare. Il successivo dicembre, il richiedente veniva rintracciato e arrestato a Malta e nominava contestualmente un difensore di fiducia: questi presentava ulteriore riesame contro il provvedimento di misura cautelare. Nel frattempo, l’attuale istante veniva tradotto nel penitenziario di Regina Coeli a Roma. Nel gennaio 2011, Il Tribunale del Riesame di Palermo dichiarava inammissibile l’istanza del legale fiduciario, sostenendo che il ricorrente avesse già esercitato i propri diritti ex art. 309 c.p.p. attraverso l’istanza formulata dal [continua ..]


Mutamento del giudice e violazione del principio di immediatezza

(Corte e.d.u., 25 luglio 2019, Svanidze v. Georgia) Nella pronuncia in esame, la Corte di Strasburgo ravvisa una violazione del principio di immediatezza e, di conseguenza, una inosservanza dell’art. 6 § 1 Cedu. Il caso riguarda il ricorso di un medico georgiano, accusato di colpa professionale. A processo iniziato, una volta giunti alla conclusione della fase istruttoria, il giudice mutava per ragioni di salute. L’istante lamentava che il coinvolgimento di un magistrato supplente fosse contrario ai principi della Convenzione, ed in particolare a quello di immediatezza, considerato che il nuovo giudice lo aveva condannato, utilizzando esclusivamente le trascrizioni delle testimonianze senza avere assistito all’esame orale dei consulenti tecnici e dei testimoni. Al momento degli eventi, il ricorrente era a capo del dipartimento ginecologico dell’Ospedale di Mtskheta. Nella mattinata del 22 settembre 2005, una paziente veniva portata al nosocomio a causa di un forte dolore addominale. Due medici in servizio le diagnosticavano, sin da subito, un’endometriosi acuta post-aborto e una peritonite pelvica. Subito dopo, il medico visitava la paziente e constatava che le sue condizioni di salute erano rapidamente peggiorate, decideva, così, di trasferirla nel reparto di terapia intensiva. Successivamente, la degente subiva due ecografie agli ultrasuoni, le quali facevano intuire la necessità di una operazione estremamente urgente. Quella stessa notte, prima dell’inizio dell’operazione, la paziente moriva. Secondo l’autopsia, la causa della morte era da ricercarsi in una anemia acuta, sviluppatesi a seguito di una rottura della tuba di Falloppio causata da una gravidanza extrauterina. La settimana seguente veniva avviata un’indagine preliminare per accertare le dinamiche del decesso, valutando, così, se la morte fosse da imputarsi al medico responsabile, ai sensi dell’art. 130 § 2 del codice penale della Georgia. I risultati dell’autopsia venivano subito confermati dall’ufficio di medicina legale nazionale, concludendo, inoltre, che la paziente fosse morta a seguito della mancata sottoposizione ad un intervento chirurgico urgente e, quindi, a causa di un errore diagnostico dell’odierno ricorrente. Il 6 marzo 2006 – a conclusione delle indagini preliminari – venne incardinato un processo innanzi al tribunale distrettuale di [continua ..]


Illegittima limitazione del diritto alla difesa tecnica
Fascicolo 6 - 2019