Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Sezioni Unite (di Valeria Marchese)


DECORRENZA DEL TERMINE DI PRESCRIZIONE DELLA PENA IN CASO DI REVOCA DELL’INDULTO (Cass., sez. un., 2 gennaio 2015, n. 2) Le Sezioni Unite della Corte di cassazione, risolvendo un contrasto interpretativo insorto nella giurisprudenza di legittimità, hanno statuito che nel caso in cui l’esecuzione della pena sia subordinata alla revoca dell’indulto, il termine di prescrizione della pena decorre dalla data di irrevocabilità della sentenza di condanna, quale presupposto della revoca del beneficio. Prima di giungere a tale conclusione, la Corte ripercorre l’evoluzione giurisprudenziale, prendendo in esame i due contrapposti orientamenti interpretativi affermatisi sulla questione. Secondo un primo e più risalente orientamento, il termine per l’estinzione della pena, ai sensi dell’art. 172, comma 5, c.p.p., decorre dal momento in cui sia stata giudizialmente accertata la condizione risolutiva, pertanto, nel caso di indulto condizionato, solo con il passaggio in giudicato della sentenza di revoca del beneficio. Infatti, pur avendo tale pronuncia natura dichiarativa, in mancanza di essa, la pena non è suscettibile di esecuzione, essendo ancora efficace il provvedimento di concessione dell’indulto (ex multis, Cass., sez. I, 28 febbraio 2000, n. 1441; Cass., sez. I, 05 dicembre 2012, n. 22707). In linea con un opposto orientamento esegetico, il termine di prescrizione della pena, in caso di indulto successivamente revocato, decorre dal momento in cui si sono verificati i presupposti per la revoca del beneficio precedentemente concesso, ovvero è divenuta definitiva la sentenza di condanna che ha determinato la revoca dell’indulto (Cass., sez. I, 17 novembre 1995, n. 5897). Più nello specifico, tale indirizzo interpretativo, ad avviso della giurisprudenza di legittimità, risulta conforme ad una lettura testuale dell’art. 172, comma 5, c.p.p., che si riferisce esplicitamente al “giorno in cui la condizione si è verificata”, ovvero al momento in cui il presupposto si è realizzato. Per tale motivo, si ritiene che la decadenza dal beneficio operi di diritto, nel momento in cui la condanna che la comporta passa in giudicato, avendo il provvedimento di revoca mera funzione ricognitiva con effetti retroattivi (Cass., sez. I, 12 dicembre 2006, n. 41574). L’indicata soluzione appare in linea anche con i principi di ragionevolezza e di tempestività nell’esecuzione della pena, di cui agli art. 3 e 27 Cost., evitando di porre a carico dell’imputato il ritardo con cui il p.m. richiede la revoca del beneficio e il giudice decide (Cass., sez. I, 5 marzo 2009, n. 18552). Le Sezioni Unite aderiscono al secondo, sopra riportato, più recente indirizzo ermeneutico, con un’ampia motivazione basata su presupposti di natura testuale, logica ed ermeneutici. Per quanto riguarda il dato testuale, si [continua..]

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