Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Corti Europee (di Alessandro Benvoluti)


TRATTAMENTI INUMANI (Corte EDU, 20 gennaio 2015, Ateşoğlu c. Turchia) Di notevole interesse è la pronuncia della Corte di Strasburgo con cui viene condannata la Turchia per avere violato l’art. 3 della Convenzione EDU sotto un duplice profilo: sostanziale e processuale. Nel caso de quo, il ricorrente denunciava maltrattamenti e percosse che taluni agenti di polizia gli avrebbero inferto durante il periodo di custodia. L’Assize Court della città di Kars, capitale dell’omonima regione turca e luogo in cui sono avvenuti i fatti in parola, concludeva il procedimento a carico dei poliziotti con la condanna dei medesimi, per aver intenzionalmente maltrattato il ricorrente al fine di ottenere una confessione. La pena detentiva inflitta veniva sospesa grazie a una specifica norma presente nel codice penale turco, in tutto assimilabile a quanto espresso negli artt. 163-168 del c.p. italiano. Il denunciante, esauriti i rimedi interni, adiva la Corte di Strasburgo lamentando la violazione del­l’art. 3 della Convenzione. Per quanto attiene al profilo sostanziale, la medesima Corte, valutate le argomentazioni fornite, considera sussistente tale lesione, poiché «con la sentenza della Assize Court di Kars è stato sufficientemente stabilito che il trattamento subito dal ricorrente è stato a questi inflitto intenzionalmente dagli agenti di polizia con lo scopo di estorcergli una confessione. In queste condizioni, la Corte ritiene che gli atti contestati siano particolarmente gravi, crudeli e in grado di causare dolore e sofferenza. Si conclude, quindi, che il maltrattamento, nella fattispecie, è identificabile con la tortura ai sensi dell’art. 3 della Convenzione» (così, Corte EDU, 20 gennaio 2015, Ateşoğlu c. Turchia, par. 20, traduzione di chi scrive; vedi, mutatis mutandis, Corte EDU, 20 ottobre 2009, Valeriu e Nicolae Roşca c. Moldavia, par. 64; Corte EDU, 31 luglio 2007, Diri c. Turchia, parr. 42-46; Corte EDU, 1 gennaio 2007, Mammadov c. Azerbaijan, parr. 68-69). La Corte di Strasburgo afferma, inoltre, che risulta violata la disposizione in parola anche sotto il profilo processuale poiché «non dovrebbero essere consentiti prescrizione, né amnistia, né indulto, né altri benefici di sorta, qualora a tali procedimenti penali fosse conseguita una condanna» (Corte EDU, 20 gennaio 2015, Ateşoğlu c. Turchia, par. 25). I Giudici strasburghesi ribadiscono, infine, che qualora un agente dello Stato sia accusato di reati di tortura o maltrattamenti, è di massima importanza che venga sospeso dal servizio per tutta la durata delle indagini e del processo e, in caso di condanna, ne sarebbe opportuno il licenziamento (vedi, in proposito, Corte EDU, 2 novembre 2004, Abdülsamet Yaman c. Turchia, par. 55; Corte EDU, 15 marzo 2011, Serdar [continua..]

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Fascicolo 3 - 2015