Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Correlazione tra accusa e sentenza (Corte di cassazione, Sezione III, Sentenza 9 aprile 2019, n. 15500 – Pres. Cervadoro; Rel. Di Nicola)


Non sussiste alcuna violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza quando sia stato lo stesso imputato a precisare gli elementi di fatto sulla base dei quali il giudice è pervenuto alla diversa qualificazione giuridica del fatto.

[Omissis]   RITENUTO IN FATTO   1. (Omissis)ricorre per cassazione impugnando la sentenza indicata in epigrafe con la quale la Corte di appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza emessa dal tribunale di Ravenna, ha riqualificato il fatto contestato ex articolo 3 decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 rideterminando la pena nei confronti del ricorrente in anni uno e mesi otto di reclusione, concedendo il beneficio della sospensione condizionale della pena e confermando nel resto. Al ricorrente era addebitato il reato di cui all’articolo 4 d.lgs. n. 74 del 2000 perché, nella sua qualità di rappresentante legale della società (omissis) S.r.l., al fine di evadere le imposte sui redditi, in relazione al periodo d’imposta 2009, indicava nella dichiarazione SC 2010, elementi attivi (anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi) per un ammontare inferiore a quello effettivo, con una evasione di IRES accertata pari ad euro 520.879,00 (fatto commesso in (omissis) (omissis)) (data di presentazione della dichiarazione SC – Società di Capitali per l’anno d’imposta 2009). 2. Per l’annullamento dell’impugnata sentenza il ricorrente articola due motivi di impugnazione, qui enunciati, ai sensi dell’articolo 173 delle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale, nei limiti strettamente necessari per la motivazione. 2.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce l’inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità per la violazione del combinato disposto degli articoli 516, 521, 522 e 526 del codice di procedura penale (articolo 606, comma 1, lettera c), stesso codice), con conseguente nullità della sentenza impugnata. Rileva il ricorrente che il giudice di secondo grado, pur stabilendo che il fatto ricostruito al dibattimento integrasse la violazione dell’articolo 3 del d.lgs. n. 74 del 2000 piuttosto che il contestato articolo 4 dello stesso testo, invece di agire secondo il dettato dell’articolo 521, comma, 2 del codice di procedura penale e disporre la trasmissione degli atti al pubblico ministero dichiarando la nullità della decisione di primo grado, ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Ravenna in violazione degli articoli 516, 521, 522 e 526 del codice di procedura penale, incorrendo così nel vizio di violazione di legge denunciato. Infatti, il ricorrente era stato tratto a giudizio per rispondere del delitto di cui all’articolo 4 del d.lgs. n. 74 del 2000 per aver indicato nella dichiarazione dei redditi per l’anno 2009 un importo degli elementi attivi inferiore a quello reale, senza che vi fosse alcun riferimento ad operazioni fraudolente che avrebbero concorso a cagionare l’evasione. Intervenuta poi la modifica normativa, di cui al d.lgs. n. 158 del 2015, il fatto tipico, relativo al delitto originariamente contestato ossia [continua..]

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Fascicolo 5 - 2019