Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Videoriprese investigative e tutela della riservatezza: un binomio che richiede sistemazione legislativa (di Valentina Bonini)


Con la pronuncia in commento la Corte di Cassazione, interrogata in ordine all’utilizzabilità delle videoriprese di com­portamenti non comunicativi effettuate dalla polizia giudiziaria in luoghi condominiali, esclude che questi ultimi possano essere ricondotti alla nozione di domicilio tutelata dall’art. 14 Cost., consentendo l’impiego delle risultanze nel procedimento penale alla stregua di atti investigativi atipici.

Investigative videorecording and privacy protection: a combination that demands legislative solution

The Supreme Court, asked about the usability of the recording videoshootings carried out by police in condominium spaces, excludes that similar places can be considered domicile protected by art. 14 Constitution, and therefore allows the use of these in the criminal proceedings as well as atypical investigative results.

SOMMARIO:

Le videoriprese investigative tra atipicità della prova e tutele sovraordinate: alcuni punti fermi - La decisione della Sezione IV: spazi condominiali e luoghi domiciliari - Tutela della riservatezza e superamento dell’esclusività del domicilio come luogo protetto: possibili ricadute - NOTE


Le videoriprese investigative tra atipicità della prova e tutele sovraordinate: alcuni punti fermi

Il tema delle videoriprese condotte nell’ambito dell’attività investigativa si inserisce – peraltro con la veste di “istituto pilota” [1] – nel solco di una più ampia problematica resa di sempre maggiore attualità dalla rapida evoluzione tecnologica; quest’ultima, infatti, consegna all’inquirente la possibilità di ricorrere a una pluralità di strumenti investigativi che, non ipotizzabili nel 1988, mancano di una disciplina positiva, pur possedendo un’efficacia investigativa di eccezionale spessore [2]. La forza euristica delle risorse tecnologiche, abbinata alla sempre più facile ed economica fruibilità delle stesse [3], ne rende sempre più frequente l’impiego da parte della polizia giudiziaria; ciò non deve, però, far perdere di vista la particolare invasività, rispetto a diritti e libertà fondamentali, di metodologie di intervento che ancora sfuggono in buona misura ad una compiuta disciplina legislativa [4]. Proprio in tema di videoriprese, come noto, la giurisprudenza ha fornito più di una indicazione, introducendo alcuni importanti distinguo. Può essere, dunque, utile ripercorrere brevemente tale percorso, così da individuare alcuni punti fermi che debbono orientare l’interprete chiamato a confrontarsi con il tema della spendibilità di risultanze investigative atipiche all’interno del procedimento penale. Un primo importante approdo decisorio risale ormai al 2002, quando la Corte costituzionale [5] ebbe a tracciare un significativo spartiacque in base all’oggetto delle videoriprese, distinguendo tra comportamenti comunicativi e comportamenti non comunicativi: laddove l’attività di captazione abbia ad oggetto una comunicazione tra più individui, anche in forme diverse da quelle verbali, si risolve in una intercettazione, che trova la propria disciplina negli artt. 266 ss. c.p.p. [6]. Diversamente, fa difetto la possibilità di ricondurre ad uno specifico schema normativo l’attività di videoripresa effettuata nel contesto procedimentale che abbia ad oggetto comportamenti privi di una valenza comunicativa. L’atipicità delle videoriprese di comportamenti non comunicativi presenta, peraltro, risvolti problematici in quelle ipotesi in cui, venendo in gioco il bene della [continua ..]


La decisione della Sezione IV: spazi condominiali e luoghi domiciliari

Nell’indubbia complessità di un quadro che, in assenza di riferimenti normativi ordinari, pare disarticolato tra principi sovraordinati e approcci casistici [16], si inserisce la pronuncia adottata dalla sezione IV della Corte di cassazione che qui si annota. La questione portata all’attenzione dei giudici di legittimità è tutt’altro che insolita, riguardando la nozione di domicilio e privata dimora, che è divenuta dirimente per individuare il livello di garanzia che deve presidiare l’attività investigativa di videoripresa. Il luogo interessato, nell’occasione, è rappresentato dal pianerottolo posto all’ultima rampa di scale prima del lastrico solare sito all’interno di un edificio condominiale, ove la polizia giudiziaria aveva installato un sistema di videosorveglianza, attraverso il quale si erano colte le immagini degli imputati intenti ad occultare sostanze stupefacenti in un cassone di metallo inserito in un vano ricavato nel muro. Al fine di verificare se tali risultanze siano utilizzabili nell’ambito del giudizio cautelare, la Corte si interroga in ordine alla riconducibilità degli spazi condominiali all’area tutelata dall’art. 14 Cost. Il quesito non è del tutto nuovo, tant’è che vengono richiamate precedenti pronunce dei giudici di legittimità che però, a ben guardare, offrono indicazioni tutt’altro che univoche, a riprova di quanto sia parziale e talora fuorviante l’approccio casistico seguito in materia: così, in due casi vengono richiamate sentenze che consentono l’utilizzo delle videoriprese effettuate sul pianerottolo di un’abitazione privata e nell’area antistante un garage condominiale, senza tuttavia osservare come l’attività captativa fosse stata realizzata dalla persona offesa, con la conseguente riconducibilità della risultanza allo schema della prova documentale [17]; anche l’altro precedente richiamato a sostegno della tesi che priva di ogni tutela gli spazi condominiali ha un rilievo limitato, in quanto si riferisce a videoregistrazioni dell’ingresso e del piazzale di accesso di un esercizio commerciale eseguite dalla polizia giudiziaria dalla pubblica via e, dunque, accessibili al pubblico per la mancanza di barriere visive [18]. Al di là dei singoli precedenti menzionati, dunque, sembra più [continua ..]


Tutela della riservatezza e superamento dell’esclusività del domicilio come luogo protetto: possibili ricadute

La posizione oggi assunta dai giudici della Cassazione pare, dunque, ragionevole nella misura in cui esclude la riconducibilità degli spazi condominiali al domicilio protetto dall’art. 14 Cost.; al contempo e in modo speculare, però, non convince la semplicistica equiparazione degli spazi condominiali ai luoghi pubblici o aperti al pubblico. Alla luce dei più autorevoli precedenti giurisprudenziali e delle indicazioni provenienti dai formanti sovranazionali, la Corte avrebbe dovuto compiere un ulteriore sforzo argomentativo, volto a sondare una possibile rilevanza del diritto alla riservatezza che la persona vanti negli spazi comuni della proprietà. Come noto, il riconoscimento del valore della riservatezza come limite alle intrusioni investigative realizzate con le riprese visive ha trovato spazio nella pronuncia resa a sezioni unite nel 2006 [25], con la quale si è introdotto un livello di tutela intermedia rispetto alla secca alternativa tra domicilio e luogo pubblico: si tratta, invero, di un profilo che merita di essere affrontato ogni qual volta si abbia riguardo a luoghi, i quali – per le attività che ospitano (ad esempio, la toilette di un pubblico esercizio; il privè di un locale aperto al pubblico; la stanza di ospedale che ospita un paziente) o per la posizione giuridica di chi li frequenta (ad esempio, il camerino riservato al personale di un ufficio o esercizio pubblico; il gestore che frequenta il proprio negozio in orario di chiusura; l’ufficio del professionista) – appalesano la necessità di una forma di protezione. Rispetto a questo tertium genus, che si incunea nella tradizionale e ormai inadeguata bipartizione tra privata dimora e luogo pubblico, non pare affatto azzardato ipotizzare una rilevanza delle aree condominiali, che sul piano giuridico, oltre che pratico, sono suscettibili di rappresentare in modo quasi emblematico l’anello di congiunzione tra le prime due categorie, essendo riconducibile ad una proprietà privata ma caratterizzata da un uso non esclusivo. Peraltro, l’elaborazione offerta nel 2006 dalle sezioni unite, pur non avendo perso di attualità nel riconoscimento di un’autonoma rilevanza del bene della riservatezza, deve essere oggi arricchita alla luce del valore riconosciuto alle fonti normative che quel bene mettono a fuoco in modo espresso: infatti, con la pronuncia delle c.d. sentenze gemelle [continua ..]


NOTE
Fascicolo 2 - 2019