Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Sequestro del corpo del reato e onere motivazionale: dopo un tormentato dibattito interpretativo raggiunto (di Maria Francesca Cortesi)


La Corte di cassazione, a Sezioni Unite, affronta un tema non nuovo nella giurisprudenza di legittimità, giungendo a sostenere la soluzione interpretativa, invero, già prevalente. L’importanza che riveste la decisione in analisi non è, dunque, individuabile nel novum, quanto piuttosto nella scelta ermeneutica in sé, volta ad esaltare l’imposta­zio­ne più garantista e rispettosa dei principi costituzionali ed europei, imponendo la necessità di esplicitare le ragioni poste a fondamento del sequestro probatorio ogniqualvolta esso venga eseguito, rifuggendo da pericolosi ed ingiustificati automatismi. Siffatta lettura assume, inoltre, rilievo, in quanto destinata ad inserirsi rispetto a vicende procedimentali che non coinvolgono direttamente la persona, la cui limitazione dei diritti è soggetta, quasi sempre, ad una applicazione attenta e rigida, bensì la res, rispetto a cui lo spettro di tutele appare, invece, spesso assai attenuato, nonostante rappresenti, oramai, un obiettivo cruciale all’interno del processo.

The United Sections of the Corte di cassazione deal with a not new theme in legitimacy case-law, supporting the already prevailing interpretation. The importance of this decision can not therefore be identified in the novum, but rather in the hermeneutical choice in itself, aimed at enhancing the more rights-protective and respectful of the constitutional and European principles approach, imposing the need to clarify the reasons underlying the seizure for evidentiary purposes whenever it is executed, avoiding dangerous and unjustified automatisms. Moreover, this interpretation is important because it is intended to be applied to procedural events that do not directly involve people, whose limitation of rights is almost always subject to careful and rigid application, but involving res, whose protection in the trials appears, instead, to be often very attenuated, despite the fact it represents, by now, a crucial objective.

SOMMARIO:

La vicenda - Le motivazioni delle sezioni unite - Riflessioni conclusive - NOTE


La vicenda

Le Sezioni Unite nella decisione in epigrafe sono chiamate ad affrontare un nodo interpretativo che con ciclica periodicità torna alla ribalta, a comprova, non solo, del difficile raggiungimento di un equilibrio nella prassi operativa, ma anche, della evidente centralità dello stesso nelle dinamiche procedimentali. Il tema involge il sequestro probatorio [1] mezzo di ricerca della prova destinato, ai sensi dell’art. 253, comma 1, c.p.p., a realizzare un vincolo di indisponibilità di cose (mobili o immobili) costituenti “corpo del reato” o “cose pertinenti al reato” [2] necessarie per l’accertamento dei fatti. Il laconico dato normativo e l’equivoca struttura lessicale del precetto hanno generato nel corso degli anni significativi contrasti, i quali si sono incentrati sulla necessità o meno che il provvedimento de quo contenga l’esplicitazione delle esigenze probatorie sottese all’adozione del sequestro, allorquando esso investa il corpo del reato, contrasti interpretativi, che hanno contribuito al formarsi di indirizzi giurisprudenziali opposti. La vicenda in esame costituisce, da siffatta prospettiva, l’espressione sintomatica di tali divergenze ermeneutiche, ragione per cui, nonostante la prevalenza di un orientamento rispetto all’altro, è parso necessario un nuovo intervento delle Sezioni Unite, necessità oltremodo rafforzata, come sottolineato dagli stessi giudici, dal contenuto del novello art. 618, comma 1-bis, c.p.p., che, nel consolidare la funzione nomofilattica della Corte di cassazione, ha previsto che, se una sezione ritiene di non condividere il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite, rimette, a queste ultime, la decisione del ricorso. Il caso ha origine dall’impugnazione proposta dal pubblico ministero di Nuoro avverso l’ordinanza con cui il Tribunale del riesame aveva annullato il decreto di convalida del sequestro probatorio di beni immobili, in relazione, tra l’altro, ai reati di cui agli artt. 110 c.p. e 44 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), ritenendo “obiettivamente insussistente” la motivazione in ordine alle esigenze probatorie poste a sostegno del sequestro. Seppur l’ordinanza di rimessione, in ragione delle peculiari vicende fattuali che la connotano riguardando, come [continua ..]


Le motivazioni delle sezioni unite

In questo contesto interpretativo caratterizzato da una netta antitesi tra differenti orientamenti della giurisprudenza si inserisce, come detto, la decisione in commento, che ha il pregio di ribadire la lettura che meglio risponde ad esigenze di garanzia e di tutela, rifuggendo dall’avallare il ricorso a meccanismi di apprensione sui beni automatici ed obbligatori, svincolati da qualsivoglia onere motivazionale. Il percorso intrapreso dalla Corte è affrontato con linearità e chiarezza sul solco già tracciato nelle precedenti decisioni delle Sezioni Unite fautrici dell’orientamento sopracitato, ma sviluppando alcune tematiche in modo originale e di sicuro valore. Il primo dato normativo richiamato dai giudici si fonda sull’assunto, che la necessità, nel caso di specie, di un adeguato apparato motivazionale è imposto, ancora prima che dalle disposizioni specifiche disciplinanti il sequestro di cui all’art. 253 c.p.p., dall’art. 125, comma 1, c.p.p., a cui si accompagna, come già osservato nella sentenza Bevilacqua, la considerazione dell’assenza di regole autonome e differenziate dettate per il sequestro del corpo del reato, che, pertanto, non può che soggiacere alle regole generali contenute nel codice. Riveste, poi, un particolare valore argomentativo al fine di comprovare l’autorevolezza della lettura ermeneutica proposta, l’osservazione secondo cui neppure il contrapposto indirizzo giurisprudenziale esclude, tout court, la necessità della motivazione, limitando tale elisione solo in relazione alla funzione probatoria, in ragione della connotazione probatoria in re ipsa del corpo del reato. Non a caso, infatti, in alcune decisioni, puntualizza la Corte, si è avuto cura, onde evitare di trasgredire il portato dell’art. 253 c.p.p., di circoscrivere detto onere su aspetti diversi quali la relazione di immediatezza tra res sequestrata ed il reato oggetto di indagine [16]. Lo spazio motivazionale che così residuerebbe non sarebbe, però, altro che «… la descrizione, effettuata in termini differenti, del necessario requisito di finalizzazione probatoria del bene appreso: esigere che il decreto dia conto del reato per cui si procede, sia pure attraverso estremi essenziali, di tempo, luogo e fatto, è evidentemente elemento-presupposto richiesto proprio in funzione della valutazione [continua ..]


Riflessioni conclusive

Le argomentazioni sviluppate dai giudici di legittimità appaiono solide e convincenti. Esse meritano condivisione in quanto capaci di offrire un quadro del sistema degli strumenti incidenti sulle cose sensibile ad esigenze di garanzia similari a quelle già riconosciute in riferimento agli strumenti limitativi della libertà personale. Quantunque il percorso interpretativo non si discosti in maniera significativa rispetto al solco tracciato nelle sentenze Raccah e Bevilacqua, emerge una capacità ricostruttiva più attenta e rigorosa, necessaria, evidentemente, per fugare il rischio di incorrere in nuove oscillazioni giurisprudenziali. Appare, pertanto, del tutto condivisibile l’inquadramento dell’istituto, dal quale, poi, si dipanano riflessioni che permettono di attribuire il giusto rilievo letterale e sistematico al mezzo di ricerca della prova sottoposto a scrutinio, non solo, in rapporto alle altre figure di sequestro, ma anche rispetto al­l’in­tera struttura procedimentale. Costituisce, in tale prospettiva, un passaggio argomentativo essenziale, seppur facilmente desumibile dall’inequivoco dato normativo, l’incipit delle Sezioni Unite, le quali osservano come non possa essere messa in dubbio la necessità che il sequestro probatorio debba, sempre, essere munito di motivazione, derivando tale obbligo sia dal dettato di cui all’art. 253, comma 1, c.p.p., che prescrive che il sequestro debba essere disposto “con decreto motivato”, ma anche più in generale dal precetto di cui all’art. 125, comma 1, c.p.p. Posto, dunque, quale requisito imprescindibile la presenza della parte motiva, allorquando venga adottato un provvedimento che abbia ad oggetto sia il corpo del reato sia cose pertinenti al reato, l’at­ten­zione deve essere rivolta al contenuto della stessa. La lettura attenta e coordinata dei precetti codicistici (artt. 253, 262 e 354 c.p.p.) conduce, in maniera assolutamente corretta, a ritenere infondata la pretesa distinzione tra sequestro eseguito sul corpo del reato ovvero su cose ad esso pertinenti. Al di là della littera legis, siffatto approccio ermeneutico è confortato anche dal rapporto intercorrente tra queste due categorie di beni: il corpo del reato è, da intendersi, quale species concettualmente ricompresa all’interno del genus delle cose pertinenti al [continua ..]


NOTE
Fascicolo 1 - 2019