Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Il 'fatto' ai fini del ne bis in idem tra legge italiana e Cedu: la Corte costituzionale alla ricerca di un difficile equilibrio (di Barbari Lavarini)


La Corte costituzionale, riconoscendo un contrasto fra l’accezione convenzionale e quella interna di ne bis in idem, ha dichiarato l’art. 649 c.p.p. illegittimo nella parte in cui, nella lettura offertane dal diritto vivente, esclude l’identità del fatto per la sola circostanza che sussista, tra la res iudicata e la res iudicanda, un rapporto di concorso formale. La Corte ha negato, però, che la giurisprudenza europea imponga altresì di intendere l’idem factum come ‘stessa condotta’, ribadendo, quindi, la necessaria coincidenza di condotta, nesso causale ed evento, seppure inteso in senso naturalistico e non giuridico. Sotto questo secondo profilo, la sentenza in commento appare criticabile, vuoi perché non è pienamente in linea con le indicazioni della Corte di Strasburgo, vuoi perché rischia di avallare orientamenti interpretativi in contrasto con la lettera dell’art. 649 c.p.p.

The ‘fact’in the perspective of the ne bis in idem principle between italian legislation and Echr: the Constitutional Court in search of a difficult balancing

The Constitutional Court, aknowledging a contrast between the national and the conventional notion of the ne bis in idem principle, has declared art. 649 of italian criminal procedure code partially unconstitutional, with regard to the interpretation given by the prevalent case-law, which exclude ‘idem factum’ on the sole grounds that the same conduct may constitute several offences. The Constitutional Court has denied, though, that European case law suggests to interpret ‘idem factum’ as ‘same conduct’, and has confirmed that ‘factum’ is ‘idem’ when essential elements of the offence, i.e. conduct, event, and causal relationship, correspond. As to this second profile, the decision at issue is criticizable: on the one hand, it does not fully comply with European Court guidelines; on the other hand, it might endorse unlawful interpretations, contrasting with provisions of art. 649 of italian criminal procedure code.

 
PREMESSA Terribile, sotto il profilo dei risvolti umani, il compito demandato alla Corte costituzionale dal G.u.p. presso il Tribunale di Torino nel sollevare questione di legittimità, per violazione degli artt. 117 Cost. e 4 Prot. 7 Cedu, dell’art. 649 c.p.p. nella parte in cui – secondo il diritto vivente – «limita l’applicazione del principio del ne bis in idem all’esistenza del medesimo “fatto giuridico”, nei suoi elementi costitutivi, invece che al medesimo “fatto storico” così come delineato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo» [1]. Nel giudizio a quo – c.d. Eternit bis – l’imputato è infatti chiamato a rispondere, quale responsabile della gestione di Eternit S.p.a, dell’omicidio di 258 persone, in conseguenza, peraltro, delle medesime condotte, omissive dell’adozione di cautele contro i danni da esposizione all’amianto, per le quali è già stato irrevocabilmente giudicato, e prosciolto per prescrizione, a titolo di disastro aggravato (art. 434 comma 2 c.p.) e omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro (art. 437 comma 2 c.p.) [2]: di qui l’evidente impatto della risposta al quesito di costituzionalità sulle aspettative di giustizia di un elevato numero di vittime, già duramente provate dall’esito del primo processo. Fulcro della questione, come sottolineato in dottrina, è lo “scontro” fra due diritti viventi [3] – quello interno e quello convenzionale – curiosamente accomunati dalla totale indifferenza – sia pure con risultati interpretativi, appunto, antitetici – ai rispettivi riferimenti di diritto positivo [4]. Da un lato, infatti, la giurisprudenza nazionale, benché l’art. 649 c.p.p. inequivocabilmente precluda un nuovo giudizio sul medesimo fatto materiale – data l’irrilevanza della relativa considerazione per titolo, grado o circostanze –, fa solo apparentemente leva su quest’ultimo, circoscrivendo in realtà l’applicazione del divieto ai casi di identità del reato in tutti i suoi elementi costitutivi, identificati nella condotta, nell’evento – anche in senso giuridico [5] – e nel nesso di causalità [6]; dall’altro lato il giudice convenzionale, benché l’art. 4 Prot. 7 Cedu sembri calibrare il divieto sull’idem legale – dato il riferimento al «medesimo reato [7]» –, attribuisce rilievo al solo fatto materiale, ravvisando la violazione della garanzia quando le imputazioni, ascritte all’accusato nel secondo procedimento, «scaturiscano dalle medesime circostanze concrete relative allo stesso autore e indissociabilmente legate fra loro nel tempo e nello [continua..]

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Fascicolo 1 - 2017