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Il rapporto tra la causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p. e le sanzioni amministrative accessorie
di Federico Lucariello
L’Autore, partendo dall’analisi di una recente pronuncia della Suprema Corte, esamina gli aspetti sostanziali e processuali della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p.
A valle di tale ricostruzione è valutato il rapporto tra il predetto istituto e le sanzioni amministrative accessorie alle sentenze di condanna. In particolare, ci si sofferma sul quesito se la sentenza ex art. 131-bis c.p. possa costituire valido sostrato per una sanzione amministrativa accessoria ed a chi spetti la relativa comminatoria.
Starting from the analysis of a recent ruling of the Supreme Court, the Author examines the substantive and procedural aspects of the cause of non-punishability due to the particular tenuousness of the fact referred to in art. 131-bis, criminal code.
Following this reconstruction, the relationship between the aforementioned institution and the administrative sanctions attached to the sentences of conviction is evaluated. In particular, the article tries to answer the question of whether the sentence pursuant to art. 131-bis, criminal code, can be a valid substrate for an accessory administrative sanction and to whom the relative application is entrusted.
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Sommario:
Premessa - La particolare tenuità del fatto - Segue: i presupposti applicativi: il limite edittale - Segue: la particolare tenuità dell’offesa - Segue: l’abitualità del comportamento - I profili procedimentali: la particolare tenuità nelle indagini preliminari e nell’udienza preliminare - Segue: la particolare tenuità nelle successive fasi - Particolare tenuità e sanzioni amministrative accessorie - NOTE
Premessa
La Suprema Corte si pronuncia sulla compatibilità tra la sentenza ex art. 131bis c.p. e le sanzioni amministrative accessorie alle sentenze di condanna. Nel caso analizzato, in particolare, un soggetto è stato tratto a giudizio con una contestazione ai sensi degli artt. 31, comma 1 e art. 44, comma 1, lett. c), d.p.r. n. 380 del 2001 e, artt. 142, 146 e 181 del d.lgs. n. 42 del 2004, per la realizzazione di opere asseritamente abusive in zona vincolata paesaggisticamente, in assenza del relativo nulla osta. Nel giudizio di merito il reato è stato dichiarato non punibile ai sensi dell’art. 131bis c.p., tuttavia il tribunale ha ordinato la rimessione in pristino dello stato dei luoghi ai sensi del d.p.r. n. 380 del 2001, art. 41 e d.lgs. n. 42 del 2004, art. 181. Con un unico motivo di ricorso, l’imputato ha lamentato la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), per errata applicazione del d.p.r. n. 380 del 2001, art. 41 e d.lgs. n. 42 del 2004, art. 181. Ciò alla stregua del consolidato orientamento di legittimità per il quale la sentenza di condanna dell’imputato per il reato di cui al d.p.r. n. 380 del 2001, art. 44 costituirebbe presupposto logico e giuridico rispetto all’ordine del giudice penale di demolizione delle opere abusive. Nel rispondere al quesito, i Giudici hanno precisato che l’ordine di demolizione è stato emesso non all’esito della [continua ..]
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La particolare tenuità del fatto
Per comprendere la portata della sentenza in commento è utile ripercorrere l’iter logico seguito dai giudici di legittimità, e dunque, analizzare compiutamente l’ipotesi della particolare tenuità del fatto, salvo poi valutare la compatibilità con la stessa delle sanzioni amministrative accessorie. L’istituto è stato introdotto dal d.lgs. n. 28 del 2015, che ne ha disciplinato sia gli aspetti sostanziali (art. 131-bis c.p.) che processuali (artt. 411, 469 e 615-bis c.p.p.), con l’intento di ricomprendere tutte quelle situazioni nelle quali, data la scarsa offensività del fatto, una qualsiasi sanzione penale appaia sproporzionata [2]. Ciò anche al fine di garantire un alleggerimento del carico giudiziario, riconducendo il sistema a una maggiore efficienza. Alla luce di questa considerazione, si è correttamente osservato come esso costituisca anche una depenalizzazione in concreto mediante la quale il legislatore, pur mantenendo ferma la qualificazione del fatto come reato, ne esclude la punibilità laddove lo stesso appaia particolarmente tenue. D’altronde, la dottrina aveva più volte sollecitato l’introduzione di una fattispecie quale quella in commento, al punto che in tutti i progetti di riforma del sistema penale delle ultime legislature erano previste ipotesi similari [3]. È bene pero sottolineare come si tratti, in realtà, di [continua ..]
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Segue: i presupposti applicativi: il limite edittale
Sul piano operativo, il legislatore ha delimitato l’ambito di applicazione della particolare tenuità del fatto con specifico riferimento alla pena edittale prevista in astratto. La causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis c.p. ha una portata generale ed è applicabile a tutti i reati, sia delitti che contravvenzioni, per i quali sia prevista la pena detentiva della reclusione non superiore nel massimo a cinque anni, sola o congiunta alla pena pecuniaria. L’art. 131-bis, comma 4, c.p., stabilisce i criteri di determinazione della pena prevedendo che: non si tiene conto delle circostanze comuni; si tiene conto delle circostanze per le quali sia prevista una pena di specie diversa; si tiene conto delle circostanze a effetto speciale; per le circostanze a effetto speciale è altresì escluso il giudizio di bilanciamento ai sensi dell’art. 69 c.p. Il diverso trattamento riconosciuto alle circostanze autonome e a quelle a effetto speciale si spiega con la considerazione che le stesse sembrano configurare il reato sul piano del disvalore quasi come se fosse una fattispecie autonoma. Ha destato, invece, qualche perplessità la scelta di non menzionare il delitto tentato. Da ciò, ad avviso di chi scrive, non pare possa desumersi una volontà di escludere tale ipotesi dall’applicazione della causa di non punibilità. Sul punto, innanzitutto deve osservarsi che è ormai [continua ..]
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Segue: la particolare tenuità dell’offesa
La causa di non punibilità è polarizzata dalla contestuale ricorrenza di una offesa tenue arrecata in concreto al bene giuridico tutelato dalla norma e di un comportamento non abituale. In primo luogo, la particolare tenuità dell’offesa deve essere desunta dagli elementi che ineriscono prevalentemente il momento obiettivo dell’illecito penale. Vengono dunque in gioco le modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo valutati alla stregua dei parametri di cui all’art. 133, comma 1, c.p. Con riguardo al primo aspetto, quindi, saranno oggetto di valutazione: la natura, la specie, i mezzi, il tempo, l’oggetto, il luogo e tutte le altre modalità della azione, nonché il grado della colpevolezza, sia in ipotesi dolose che colpose. Per quanto concerne, invece, il giudizio inerente l’esiguità del danno o del pericolo, è necessario comunque che la condotta abbia rilevanza penale e che pertanto sussistano il danno o almeno la messa in pericolo del bene giuridico protetto, ma gli stessi devono essere talmente esigui da non essere meritevoli neppure della risposta sanzionatoria più lieve prevista dall’ordinamento penale per quel fatto. Si tratta, con tutta evidenza, di una valutazione ampiamente discrezionale da intendersi sia come danno civile (danno risarcibile) subito dalla parte offesa, sia come danno cd. “criminale”, ossia [continua ..]
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Segue: l’abitualità del comportamento
Perché possa ritenersi applicabile l’art. 131-bis c.p. si richiede, inoltre, la non abitualità del comportamento. All’uopo, il legislatore individua tre situazioni tassative di abitualità per le quali, appunto, la causa di non punibilità non può trovare applicazione. La prima ipotesi non presenta particolari problematiche e ricorre per i soggetti che, ai sensi degli artt. 102 ss. c.p., siano dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza. Pertanto, all’individuo che abbia commesso un fatto particolarmente tenue ma che si trovi in una delle situazioni di pericolosità sociale elencate non potrà applicarsi la causa di non punibilità. La seconda eventualità concerne quei soggetti che abbiano commesso più fatti della stessa indole anche se ciascuno, isolatamente considerato, debba essere considerato particolarmente tenue. In questo caso la Suprema Corte considera tali non soltanto i reati che violino una medesima disposizione di legge ma anche quelli aventi profili di omogeneità sul piano oggettivo o soggettivo [11]. Peraltro, il dato normativo non lascia dubbi sul fatto che uno dei reati possa essere quello per cui si procede e che, dunque, non sia necessaria la contestazione della recidiva ovvero la iscrizione dei reati della stessa indole nel certificato del casellario giudiziario. In altri termini, l’art. 131-bis c.p. deve essere escluso [continua ..]
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I profili procedimentali: la particolare tenuità nelle indagini preliminari e nell’udienza preliminare
Le istanze che sul profilo sostanziale si sono tradotte nell’escludere la punibilità per fatti reato completi in tutti gli elementi ma che arrecano al bene giuridico una offesa particolarmente tenue, palesano, sul piano processuale, una evidente scelta deflattiva [14]. Il legislatore ha in particolare modificato gli artt. 411, 469 e 651-bis c.p.p. L’intento deflattivo si esprime nella massima estensione nella previsione contenuta nell’art. 411 c.p.p., che disciplina l’archiviazione per particolare tenuità, al contrario non prevista nei procedimenti di competenza del giudice di pace. All’esito delle indagini preliminari, laddove il pubblico Ministero ritenga che sussistano le condizioni di applicabilità dell’art. 131-bis c.p., avanza al giudice per le indagini preliminari una richiesta di archiviazione [15]. Di questa l’organo dell’accusa è tenuto in ogni caso a darne avviso alla persona offesa - a prescindere da una richiesta ai sensi dell’art. 408 c.p.p. - ma anche all’indagato. Entrambi possono prendere visione degli atti ed estrarne copia e, nel termine di dieci giorni dalla notifica della richiesta, presentare opposizione [16]. È evidente dunque la particolarità di un siffatto itinerario procedimentale, dal momento che anche all’indagato è data la possibilità di presentare opposizione alla richiesta di [continua ..]
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Segue: la particolare tenuità nelle successive fasi
Tra le ipotesi esplicitamente previste vi è quella che la sentenza ex art. 131-bis c.p. sia emessa ai sensi dell’art. 469 c.p.p. [23] Tale disposizione, come è noto, consente il proscioglimento per improcedibilità dell’azione penale o per estinzione del reato, quando tali situazioni emergano dal fascicolo e non occorra la celebrazione del dibattimento, sempreché l’imputato e il pubblico ministero non si oppongano. Nel caso del proscioglimento per particolare tenuità del fatto, però, a differenza delle altre fasi, il legislatore prevede esplicitamente che anche la persona offesa sia sentita se compare, senza tuttavia che alla stessa sia riconosciuto alcun poter di veto [24]. Pur mancando una espressa indicazione, non vi è alcun ostacolo a che si giunga ad un proscioglimento per particolare tenuità del fatto all’esito del giudizio di merito. In tal caso non è riconosciuto alcun potere di veto alle parti, i cui diritti e le cui facoltà sono salvaguardate dalla piena possibilità di interlocuzione nel corso del contraddittorio dibattimentale [25]. Neppure appare possibile ravvisare uno spazio per una rinuncia al proscioglimento dibattimentale per particolare tenuità, trattandosi in ogni caso di una pronuncia di merito. La sentenza ex art. 131-bis c.p. sarà sempre appellabile sia dal pubblico ministero che [continua ..]
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Particolare tenuità e sanzioni amministrative accessorie
Ricostruiti la natura giuridica e il funzionamento dell’istituto previsto dall’art. 131 bis c.p., è possibile quindi stabilire se lo stesso sia valido presupposto o meno delle sanzioni amministrative accessorie che talvolta accompagnano la sentenza di condanna. Le considerazioni sin qui svolte confermano come la particolare tenuità del fatto sia una causa di non punibilità del tutto peculiare. La stessa, come detto, non esclude la tipicità del fatto e dunque il carattere di illiceità del comportamento ma, una volta accertata la sussistenza di una fattispecie penalmente completa, la esenta dalla pena. Conseguentemente si può senza alcun dubbio escludere che la sentenza che accerti la non punibilità ai sensi dell’art. 131-bis c.p. sia una sentenza di condanna. Il tema è stato più volte affrontato dalla Suprema Corte che tendenzialmente ha sempre annoverato la sentenza in parola tra quelle di proscioglimento. Si tratta, è bene ribadirlo, di una ipotesi sui generis che, anche se accerta il reato, dispone il proscioglimento dal medesimo [28]. Da tale carattere la pronuncia che in questa sede si commenta fa discendere l’impossibilità per il giudice penale di applicare la sanzione amministrativa accessoria della demolizione dell’opera asseritamente abusiva. In particolare, si ritiene infatti che essendo presupposto necessario per la [continua ..]
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