Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

03/12/2019 - Corte e.d.u., 3 dicembre 2019, Petrescu c. Portogallo

argomento: corti europee - esecuzione/trattamento carcerario

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Un cittadino rumeno adisce la Corte per presunti trattamenti inumati e degradanti subiti durante la detenzione scontata in due differenti carceri portoghesi, in esecuzione di una condanna a sette anni di reclusione per reati commessi nel territorio di quello Stato. La molteplice tipologia di celle di custodia e la diversità di condizioni vissute dal ricorrente  nel lungo periodo detentivo, sono state ripercorse dai Giudici al fine di accertare la  violazione del divieto sancito dall’art. 3 Cedu; la ricognizione che ne è seguita,  permette di ricostruire  il complesso di requisiti minimi che devono connotare l’esecuzione carceraria, in assenza dei quali il Giudice europeo ritiene che l’espiazione della pena si traduca in trattamento inumano e degradante. Rilievo primario rivestono le dimensioni dello spazio personale a disposizione del detenuto: salvo che non si trovi in una cella singola, lo  spazio minimo è fissato in 3 metri  quadri di superficie (compreso lo spazio occupato dai mobili, ma non anche quello occupato da attrezzature sanitarie); in ogni caso, anche al di sotto della soglia così indicata, determinata da motivi di sovraffollamento dell’istituto, la presunzione di violazione della disposizione non è comunque assoluta.  Infatti, una pluralità di fattori materiali, diversi ed ulteriori, può riuscire a compensare tale carenza; in questa prospettiva, vanno considerati fattori quali l’entità della pena da scontare; il quantum ed il grado di libertà di movimento concesso al di fuori delle celle; il tipo di attività (sportive, educative, culturali, lavorative) da svolgere all’aperto e  nelle aree comuni; la salubrità, ventilazione, illuminazione e temperatura delle celle; lo stato dei servizi igienici, il facile accesso agli stessi ed il loro utilizzo in situazione “protetta”; il controllo periodico dello stato dei luoghi di conservazione degli alimenti. Viceversa, proprio come nel caso considerato, l’assenza di uno o più dei requisiti descritti non è suscettibile di bilanciamento con la fruizione da parte del detenuto di un’area personale superiore alla metratura minima; la sentenza ravvisa, infatti, la violazione dell’art. 3 Cedu non solo con riferimento ai periodi di custodia patiti in spazi inferiori alla soglia minima, ma anche in relazione a quelli in cui pur disponendo di uno spazio personale di oltre 4 metri quadri, il detenuto era costretto a utilizzare i servizi igienici in condizioni che non ne preservavano la privacy, in quanto separati dal resto della cella esclusivamente da una schermatura ad altezza d’uomo.   

    Sulla scia di quanto già espresso in precedenti pronunce, i Giudici caldeggiano altresì la predisposizione da parte dello Stato convenuto, di una serie di meccanismi preventivi di denuncia dotati di effettività, grazie ai quali i detenuti siano in grado di ottenere un miglioramento della loro condizione quando la pena è ancora in fase di esecuzione.