Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Corte europea dei diritti dell´uomo (di Mattia Visentin)


Trattamento carcerario e tutela dell’integrità dei reclusi

(Corte e.d.u., 7 ottobre 2021, Syrianos c. Grecia)

Il caso tratta di una vicenda occorsa in Grecia e, nello specifico, delle sanzioni irrogate dal Consiglio disciplinare del carcere nei confronti del ricorrente, il quale, più volte, rifiutava di sottoporsi a perquisizioni corporali durante la custodia cautelare nelle prigioni di Nigrita e Diavata.

Il 1° febbraio 2011 l’istante veniva arrestato e posto in custodia cautelare nel carcere di Giannina, in quanto accusato di rapina a mano armata.

segue

Successivamente, egli veniva trasferito nello stabilimento di Diavata, ove le guardie della struttura, alla luce della legge sul funzionamento delle carceri, lo sottoponevano ad una perquisizione personale e ad un’ispezione anale, ordinando allo stesso di svestirsi, per poi chinarsi in avanti al fine di verificare se detenesse delle sostanze narcotiche. L’interessato si rifiutava e giustificava il proprio diniego affermando che un tale esame era inutile, avendo come unico fine la sua umiliazione. Stante quanto sopra, l’Autorità preposta a valutare la condotta degli ospiti del carcere di Diavata avviava un procedimento disciplinare, definito con provvedimento n.52 del 14 novembre 2011, e sanzionava l’interessato a trascorrere dieci giorni all’interno di una “cella speciale” (in isolamento) con conseguente trasferimento in un altro istituto penitenziario. Il secondo procedimento disciplinare veniva definito con provvedimento n. 27 del 18 novembre 2011: anche in questa occasione il ricorrente, trasferito nel carcere di Nigrita, veniva condannato a trascorrere dieci giorni in isolamento, in quanto rifiutava di sottoporsi ad un’ispezione anale. Parimenti vale per il terzo e il quarto procedimento disciplinare, definiti rispettivamente con i provvedimenti n. 32 del 6 dicembre 2011ed n. 46 del 26 marzo 2012. Vani risultavano i tentativi del cittadino ellenico di impugnare le anzidette decisioni: infatti, secondo quanto sostenuto dal Tribunale correzionale di Serra, le sanzioni non potevano che considerarsi eque, e ciò poiché il detenuto disobbediva agli ordini imposti. Delineata sinteticamente la vicenda occorsa, risulta opportuno concentrarsi sull’argomentazione fornita dal Giudice di Strasburgo. In primo luogo, pur lamentandosi la violazione degli artt. 3 e 8 Cedu, la Corte sottolinea come – relativamente alla perquisizione corporale – non sia anomalo concepire l’immagine di un soggetto che, obbligato a sottoporsi ad un trattamento di tale natura, si senta leso nelle proprie intimità e dignità, a maggior ragione quando lo stesso debba assumere delle posizioni imbarazzanti. Si esclude, quindi, l’illegittimità delle predette misure allorquando risultino necessarie per garantire la sicurezza in un carcere ‒ compresa quella del detenuto – e se effettuate con delle “modalità adeguate”, ovvero nel rispetto della dignità umana. In secondo luogo, la Corte europea osserva che l’art. 8 Cedu impone agli Stati un divieto di non ingerenza nella sfera privata dei cittadini: il confine tra obblighi positivi e negativi non si presta ad un’identificazione precisa ed infatti, in alcune pronunce, la Corte affronta il problema (v. Corte e.d.u., 3 giugno 2014, Lòpez Guiò c. Slovacchia), arrivando a sostenere come l’autorità nazionale debba sempre trovare un giusto [continua..]

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Fascicolo 2 - 2022