Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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L´acquisizione dei tabulati telefonici tra anamnesi, diagnosi e terapia: luci europee e ombre legislative (di Filippo Raffaele Dinacci, Professore ordinario di Diritto processuale penale – Università di Roma “LUISS Guido Carli”)


Il novum legislativo sull’acquisizione dei tabulati telefonici, imposto dai moniti eurounitari, costituisce un momento evolutivo delle garanzie che presidiano la materia. Tuttavia, la riforma mostra carenze soprattutto per non aver colmato il vuoto di disciplina sulla possibilità di verificare la veridicità dell’informazione probatoria veicolata nel tabulato. Quel che viene così a mancare è il potere di confutazione; opzione legislativa poco compatibile con una ideologia cognitivista.

Parole chiave: tabulati telefonici – acquisizione – inutilizzabilità – indagini preliminari – prova

The acquisition of telephone record between anamnesis, diagnosis and therapy: European lights and legislative shadows

The new regulation on the acquisition of telephone records, imposed by the European Union’s warnings, constitutes an evolutionary moment in the guarantees that govern the matter. However, the reform shows deficiencies, above all for not having filled the void in the discipline regarding the possibility of verifying the truthfulness of the evidence contained in the telephone record. What is missing is the power of disproof; a legislative option that is not very compatible with a cognitive ideology.

SOMMARIO:

1. Il tema alla luce di consapevolezze costituzionali - 2. L’originaria assenza di disciplina e le ambivalenti prese di posizione giurisprudenziali - 3. L’introduzione, per via europea, di una previsione normativa - 4. Momento acquisitivo ed inadeguatezza degli artt. 254 bis e 256 c.p.p. - 5. Attriti costituzionali e limiti europei: l’emergere di una prova incostituzionale - 6. I rigurgiti eurounitari - 7. L’indicazione della Corte di giustizia di linee di disciplina compatibili col giusto processo a pena di inutilizzabilità del dato probatorio - 8. L’intervento legislativo di urgenza: i “casi” - 9. Dalla finalità di prosecuzione delle indagini alla rilevanza per l’accertamento dei fatti - 10. Il quomodo acquisitivo tra richieste degli interessati e poteri officiosi - 11. Il presidio della motivazione tutelata dall’inutilizzabilità del dato probatorio - 12. La (ri)scoperta, anche in sede europea, del valore di garanzia del divieto d’uso - 13. Un’occasione perduta: il persistente deficit sulla possibilità di verificare la veridicità del dato conoscitivo - 14. Il tempus applicativo - 15. Conclusioni - NOTE


1. Il tema alla luce di consapevolezze costituzionali

Da tempo si è evidenziato quanto l’acquisizione di tabulati telefonici potesse incidere su libertà tutelate dalla Carta dei valori. La considerazione trae origine dalle informazioni polisemantiche ricavabili dall’analisi di un tabulato. Quest’ultimo, infatti, non solo “fotografa” i “dati esteriori” delle comunicazioni ma fornisce la possibilità di individuare anche i luoghi in cui si trova il soggetto della cui utenza si è acquisito il tabulato, analizzando la “torre radio” cui è agganciata l’utenza medesima [1]. Tale metodica subisce amplificazioni significative nella misura in cui è applicata ad un’utenza mobile. In tale evenienza è possibile pervenire ad un vero e proprio “tracciamento” in grado non solo di localizzare ma anche di rilevare gli spostamenti dell’individuo detentore dell’apparecchio telefonico. Appare allora evidente come la capacità intrusiva di tale metodo investigativo, oltre ad interferire con la tutela della conversazione o dei dati esteriori delle comunicazioni, involga anche ulteriori sfere “riservate”, quale quella relativa all’inviolabilità del domicilio [2]. Per convincersene basti pensare all’ipotesi in cui la localizzazione della posizione di una persona tramite celle possa contribuire a stabilire se quella stessa persona abbia partecipato o meno ad un incontro, in un determinato luogo o abitazione, con altri soggetti, anch’essi a loro volta localizzati tramite l’individuazione del “ponte radio”. In sostanza, si viola quella sfera di intimità della vita privata che si pone a fondamento dello ius excludendi alios su cui si basa la tutela del domicilio [3]. Quest’ultima, del resto, è bene ricordarlo, garantisce l’esclusività del rapporto tra la persona e la dimensione spaziale, ritenuta necessaria dal Costituente anche ai fini della corretta estrinsecazione della personalità dell’individuo [4]. Né deve sfuggire che l’attributo di “inviolabilità” riconosciuto alla tutela domiciliare si rafforza anche in ragione del generale richiamo operato dall’art. 14 Cost. alle «garanzie prescritte per la tutela della libertà personale»; richiamo che sta ad indicare un’identità di ratio che denota [continua ..]


2. L’originaria assenza di disciplina e le ambivalenti prese di posizione giurisprudenziali

Per meglio comprendere la svolta di una riforma operante una precisa scelta di campo diretta a garantire il momento acquisitivo del tabulato tramite l’intervento della giurisdizione, non ritenendosi appropriato sul piano del sistema il mero intervento del pubblico ministero, pare utile procedere con un metodo di “comparazione interna”. Il tema dei tabulati ha da sempre costituito un “nervo scoperto” non solo perché coinvolge materie costituzionali [8], ma soprattutto in quanto si avvertiva il disagio dell’assenza di una qualsivoglia disciplina diretta a regolamentarne l’acquisizione. La stessa Corte europea dei diritti dell’uomo, nel riconoscere che i dati esteriori delle comunicazioni contengono «elementi integranti della comunicazione telefonica», ha rilevato come la consegna di tali informazioni agli organi investigativi si risolva in una violazione della privacy garantita dall’art. 8 Cedu se il tutto avviene in assenza di un’espressa disciplina legale [9]. In particolare, sempre la Corte europea, in tempi più recenti, nel ribadire quanto espresso in precedenza, ha sindacato la poca chiarezza e specificazione della disciplina ad hoc emanata dallo Stato sottoposto al giudizio europeo [10]. A tali prese di posizione si è affiancata la Consulta, la quale ha avuto modo di precisare, con un’interpretativa di rigetto, che «il riconoscimento e la garanzia costituzionale della libertà e della segretezza della comunicazione comportano l’assicurazione che il soggetto titolare del correlativo diritto possa liberamente scegliere il mezzo di corrispondenza, anche in rapporto alla riservatezza che questo assicura». Conseguentemente, prosegue il Giudice delle leggi, «una volta che una persona abbia prescelto l’uso del mezzo telefonico […], ad essa va riconosciuto il diritto a mantenere segreti tanto i dati che possono portare all’identificazione dei soggetti della conversazione quanto quelli relativi al tempo e al luogo dell’intercorsa comunicazione» [11]. Tuttavia, pur partendo da tale corretta premessa, la Corte ha specificato che i “dati esteriori” della comunicazione non costituiscono oggetto di un’intercettazione in senso tecnico, con conseguente inoperatività sia della disciplina prevista per quel mezzo di ricerca della prova sia dello strumento [continua ..]


3. L’introduzione, per via europea, di una previsione normativa

Il criticabile approdo giurisprudenziale si è trovato a fare i conti con la innovazione normativa introdotta con d.lgs. 31 ottobre 2003, n. 306 attraverso cui il Governo fu chiamato a dare attuazione alla direttiva europea 12 luglio 2002, 2002/58/CE sulla tutela dei dati personali nel settore delle comunicazioni elettroniche. Nella specie, l’obbligo di omogeneizzazione tra le discipline dei Paesi aderenti era diretto all’assicurazione della riservatezza delle comunicazioni, prevedendosi il divieto dell’ascolto, captazione, memorizzazione e altre forme di intercettazione o di sorveglianza delle comunicazioni e dei relativi dati sul traffico ad opera di persone diverse dagli utenti senza il consenso degli stessi. In particolare, lo “strumento” europeo chiedeva di introdurre una disciplina specifica per la localizzazione degli apparecchi telefonici, distinta da quella relativa ai dati sul traffico, vietando tale attività senza il consenso del titolare del diritto. Ovviamente, con l’art. 15 della medesima direttiva si indicava la possibilità di limitare i diritti e gli obblighi relativi, per quel che qui interessa, ai dati del traffico telefonico ed alla ubicazione dell’apparecchio nella misura in cui tali restrizioni costituissero una scelta «necessaria, opportuna e proporzionata» per la salvaguardia della sicurezza nazionale e/o pubblica e per la «prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento dei reati» [18]. In osservanza all’obbligo di adeguamento imposto dalla direttiva, il d.lgs. n. 196/2003 ha affidato all’art. 132 la regolamentazione della conservazione dei dati del traffico per finalità investigative, nonché dei modi acquisitivi dei tabulati telefonici. La disposizione, fatta bersaglio di svariate modifiche implicanti ricostruzioni storiche labirintiche [19] prevedeva, quanto al regime delle autorizzazioni per le acquisizioni, che il relativo provvedimento, almeno con riferimento ai dati rientranti nel periodo di 24 mesi di conservazione del traffico telefonico, fosse adottato dal giudice. Tale previsione venne successivamente modificata attribuendo il relativo potere al pubblico ministero attraverso decreto motivato [20], in tal modo pervenendosi ad una ratifica legislativa della prassi operativa che delegava all’organo dell’accusa poteri incidenti su libertà definite inviolabili dalla Carta dei [continua ..]


4. Momento acquisitivo ed inadeguatezza degli artt. 254 bis e 256 c.p.p.

La scelta di politica legislativa lasciava perplessi. In primo luogo si registrava il mancato adeguamento della disciplina ai moniti del giudice delle leggi laddove aveva rilevato come lo strumento dell’art. 256 c.p.p. fosse idoneo a tutelare solo il gestore dei soggetti comunicanti lasciando tuttavia senza garanzie proprio questi ultimi, le cui conversazioni ed i relativi dati esteriori, ivi compresa la localizzazione, risultano presidiati dall’art. 15 Cost. Inoltre lo strumento veicolato nell’art. 256 c.p.p. non soddisfaceva alcuna di quelle garanzie «stabilite dalla legge» richiamate dal precetto costituzionale. In sostanza si era in presenza di un’evanescente impalcatura normativa che si rifletteva inevitabilmente sulla inesistenza dei «casi e modi» dell’acquisizione dei dati esteriori della comunicazione. E, sul punto, occorre rimarcare come l’art. 254 bis c.p.p. non soccorresse allo scopo. In quella sede, infatti, il legislatore non si è premurato di introdurre una disciplina che potesse “avvicinarsi” ai vincoli costituzionali ma solo di generare un rafforzamento dei poteri ablativi del pubblico ministero; rafforzamento paludato da una garanzia soltanto apparente, costituita dalla previsione in forza della quale l’acquisizione dei dati del traffico telefonico e di ubicazione potesse «avvenire mediante copia di essi su adeguato supporto» [24]. Tale disciplina, se da un lato introduceva una tutela sul possibile controllo circa la “rispondenza” dei dati ottenuti, dall’altro lato rimetteva l’operatività effettiva della stessa nella potestà dell’autorità giudiziaria. La circostanza conferma uno schema probatorio a contenuto libero, sottraibile ad ogni forma di controllo non solo della difesa ma anche del giudice. In linea con tale conclusione occorre evidenziare come tanto l’art. 256 c.p.p. quanto l’art. 254 bis dello stesso codice non precisassero per quali reati l’acquisizione fosse ammessa confermando, in tale direzione, un potere di indagine illimitato; conclusione questa diretta a rafforzarsi ove si consideri che lo strumento della richiesta di esibizione non risultava vincolata da alcun parametro legittimativo che individuasse i presupposti, la finalità e l’oggetto dell’acquisizione. La soluzione non è estranea neppure al sequestro previsto [continua ..]


5. Attriti costituzionali e limiti europei: l’emergere di una prova incostituzionale

Ad ogni modo, a prescindere dal contesto “convenzionale” la cui violazione comunque espone a rischio lo stesso risultato processuale [35], la disciplina dell’apprensione dei dati e dell’individuazione della ubicazione evidenziava ulteriori problemi sotto il profilo dell’incostituzionalità della prova. Ed invero, nel momento in cui la Corte costituzionale ha sussunto sotto la tutela dell’art. 15 Cost. l’acquisizione dei dati che conducono alla individuazione dei soggetti comunicanti nonché quelli relativi «al tempo e luogo dell’intercorsa comunicazione», il criterio di disciplina degli artt. 254 bis e 256 c.p.p. sembrava porsi al di fuori di quei requisiti minimi di compatibilità costituzionale. Sul punto, se il ricorso ad un provvedimento motivato del pubblico ministero può ritenersi in linea con il comando costituzionale nella misura in cui lo stesso fa riferimento all’«autorità giudiziaria» che in quel lessico include certamente anche l’organo dell’accusa [36], attentati alla Carta delle leggi emergevano con riguardo al segnalato vuoto normativo quanto ai «casi e modi» attraverso cui può pervenirsi all’acquisizione del tabulato telefonico e delle notizie in esso riportate. Peraltro, ulteriori profili di criticità si palesavano con riferimento alla diversità di garanzia apprestata a seconda che si verta in tema di acquisizione di comunicazioni ovvero di dati esteriori delle stesse con annessa “localizzazione” dei soggetti colloquianti. Ambedue le situazioni sono state ritenute tutelate dall’art. 15 Cost. [37] e, quindi, difetta di “razionalità” l’opzione legislativa di adottare una diversa modulazione del livello di garanzia. Se è sufficiente che il legislatore, nella sua discrezionalità di scelta, garantisca il livello minimo di compatibilità costituzionale, è anche vero che tale conclusione deve porsi in linea con l’obbligo di non creare ingiustificate asimmetrie di disciplina. Né varrebbe la considerazione che l’acquisizione dei dati riportati nei tabulati è meno invasiva rispetto al contenuto delle intercettazioni. L’argomento non tiene conto del fatto che se una materia è assoggettata alla guarentigia costituzionale, i contenuti minimi della stessa devono essere [continua ..]


6. I rigurgiti eurounitari

I rilievi sin qui rappresentati in relazione al rispetto della disciplina di acquisizione dei tabulati agli obblighi costituzionali ed ai vincoli europei sembrano essere confermati da pronunce della Grande Sezione della Corte di giustizia europea. In quella sede [44] le perplessità sin qui rappresentate circa l’allineamento della disciplina di acquisizione dei tabulati con gli obblighi costituzionali ed i vincoli europei risultano essere state recepite. Si è infatti stabilito che la direttiva 2006/24, relativa al modo ed ai tempi di conservazione ed acquisizione dei dati riportati nei tabulati telefonici «non prevede norme chiare e precise che regolino la portata dell’ingerenza nei diritti fondamentali sanciti dagli artt. 7 e 8 della Carta». In particolare, l’organo di giustizia comunitario, nelle sue cadenze argomentative, spiega che la direttiva in questione, destinata ad operare solo per quei fatti di «criminalità grave», come «la criminalità organizzata e il terrorismo», risulti priva di perimetri operativi, disattendendo quelle opzioni giurisprudenziali che limitavano l’attività invasiva sui dati personali allo stretto necessario [45]. Non si è mancato, inoltre, di rilevare come, sul tema, la normativa dell’Unione debba prevedere regole «chiare e precise», volte a disciplinare la portata e l’applicazione delle misure imponendo requisiti minimi. In tale ottica ricostruttiva, si rimarca la necessità di una previsione di categorie di reati per i quali è consentita l’attività di acquisizione dei tabulati, unitamente all’obbligo a che l’accesso ai dati sia subordinato ad un «previo controllo effettuato da un giudice». Più precisamente, proprio con riferimento a tale operazione di verifica, si rappresenta il bisogno di indirizzare l’attività investigativa non a tutti coloro che fanno uso di mezzi di comunicazione elettronica, ma solo avuto riguardo a quei soggetti che si pongano in relazione, sia pure indiretta, con il tema dell’indagine penale. In sostanza, la Corte di giustizia non fa altro che pretendere quelle previsioni dei «casi» e dei «modi» di acquisizione dei tabulati imposti dal comando costituzionale degli artt. 14 e 15 Cost., nonché dalla stessa giurisprudenza della Corte europea [46]. Non [continua ..]


7. L’indicazione della Corte di giustizia di linee di disciplina compatibili col giusto processo a pena di inutilizzabilità del dato probatorio

La segnalata conclusione è apparsa evidente all’indomani della ennesima sentenza della Corte di giustizia nella sua più alta composizione [57]. In quella sede, infatti, inserendosi nella scia dei precedenti enunciati si è affermato con più vigore che «l’art. 15 paragrafo 1 della direttiva 2002/58 [NDR relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche] come modificato dalla direttiva 2009/136, letto alla luce degli artt. 7, 8 e 11 nonché dell’art. 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali, deve essere interpretato nel senso che essa osta ad una normativa nazionale, la quale [consente al] il pubblico ministero, il cui compito è quello di dirigere il procedimento istruttorio penale e di esercitare, eventualmente, l’azione penale […], [di] autorizzare l’accesso di un’autorità pubblica ai dati relativi all’ubicazione ai fini di un’istruttoria penale» [58]. In particolare il pronunciato europeo, nel ribadire la necessaria osservanza del principio di proporzionalità [59], ha precisato che le deroghe alla protezione dei dati personali devono essere limitate a «quanto è strettamente necessario» [60]; limite di necessarietà individuato nella lotta «contro le formi gravi di criminalità o la prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica» [61]. Tuttavia, per quel che qui maggiormente interessa, pur ribadendosi che spetta al diritto nazionale stabilire le condizioni alle quali i fornitori di servizi di comunicazioni elettroniche devono accordare alle autorità nazionali competenti l’accesso ai dati, si prescrive l’obbligo di contemplare «regole chiare e precise che disciplinino la portata e l’applicazione della misura in questione e fissino dei requisiti minimi, di modo che le persone i cui dati vengono in discussione dispongano di garanzie sufficienti che consentano di proteggere efficacemente tali dati contro i rischi di abusi»; e, non è casuale, l’ulteriore raccomandazione di prevedere «in quali circostanze e a quali condizioni» possa essere adottata una misura acquisitiva dei dati in questione [62]. In altri termini l’Europa pretende il rispetto dei casi e dei modi attraverso cui si può pervenire [continua ..]


8. L’intervento legislativo di urgenza: i “casi”

Evidentemente consapevole di tale realtà e del fatto che la materia dell’acquisizione dei tabulati si trovava in una sorta di vuoto di disciplina, il legislatore interviene in via d’urgenza con un provvedimento [69] nel cui preambolo espressamente riconosce la «straordinaria necessità ed urgenza di garantire la possibilità di acquisire dati relativi al traffico telefonico e telematico per fini di indagine penale nel rispetto dei principi enunciati dalla Grande sezione della Corte di giustizia dell’Unione europea nella sentenza del 2 marzo 2021, causa C-746-18, e in particolare di circoscrivere le attività di acquisizione ai procedimenti penali aventi ad oggetto forme gravi di criminalità e di garantire che dette attività siano soggette al controllo di un’autorità giurisdizionale» [70]. Il prodotto legislativo, pur lasciando inalterato l’irragionevole termine di conservazione dei dati prescritto dall’art. 132 del d.lgs. n. 196/2003 [71], sembra, in linea di principio, adeguarsi alle prescrizioni europee [72]. In primo luogo, con l’art. 1 del d.l. 30 settembre 2021, n. 132, convertito con modificazioni in l. 23 novembre 2021, n. 178, si individuano i casi in cui è ammessa l’acquisizione dei tabulati, facendo concorrere il criterio della pena edittale con quello della previsione di specifici reati. Sarà quindi possibile l’atto acquisitivo solo laddove si tratti di reati punibili con la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, determinata ai sensi dell’art. 4 c.p.p. Inoltre potranno acquisirsi i tabulati per il «reato di minaccia e di molestia o di disturbo alla persona col mezzo del telefono» ma soltanto quando «la minaccia, la molestia e il disturbo sono gravi». Già qui una prima considerazione: sia pure nell’indeterminatezza della nozione di “reato grave” non può farsi a meno di notare che nell’elen­co dei reati che autorizzano l’acquisizione del tabulato è inserito quello di molestia che, come è noto, costituisce una contravvenzione. Scelta questa certamente distonica rispetto a quelle indicazioni europee che suggerivano una limitazione di operatività della disciplina solo a quei reati “aventi per scopo la lotta contro le forme gravi di criminalità o la [continua ..]


9. Dalla finalità di prosecuzione delle indagini alla rilevanza per l’accertamento dei fatti

Proseguendo nell’analisi degli ulteriori presupposti applicativi, il d.l. n. 132/2021, convertito con modificazioni in l. 23 novembre 2021, n. 178, richiede l’appurata esistenza di sufficienti indizi di reato e la rilevanza dell’acquisizione dei dati per “l’accertamento dei fatti” [75]. Quanto alla previsione di sufficienti indizi di reato occorre subito rilevare come si sia inteso approntare una minore tutela rispetto alle intercettazioni telefoniche presidiate dal requisito di ammissibilità dei “gravi indizi di reato” [76]. In ogni caso, richiedendosi indizi di reato e non di colpevolezza, non risulta necessario che gli indizi risultino soggettivamente orientati, potendosi giustificare l’acquisizione dei tabulati anche nell’ambito di procedimenti a carico di ignoti. Deve in ogni caso essere chiara la necessità dell’esistenza di un fumus che, pur non dovendo assurgere ad una specifica componente probatoria [77], deve comunque dare conto della serietà del progetto investigativo sulla base di elementi non equivoci [78]. Tali dati minimali devono essere rigorosamente osservati non solo per assegnare un valore concreto alla locuzione normativa che richiede il raggiungimento di una soglia probatoria in linea, del resto, con i comandi europei, ma anche per evitare “sviamenti” operativi tendenti ad utilizzare lo strumento acquisitivo del tabulato telefonico quale momento meramente esplorativo d’indagine per una notizia di reato. In ogni caso, l’aver fornito un criterio normativo cui ancorare la motivazione del decreto motivato del giudice dovrebbe schermare, in una logica di corretta applicazione, dal rischio che l’acquisizione dei tabulati si tramuti in uno strumento di ricerca della notizia di reato. Ed infatti dal momento in cui si postula quale presupposto applicativo l’esistenza di indizi di reato non pare controvertibile che lo strumento investigativo implichi un momento di relazione con il tema di indagine. Il rilievo risulta rafforzato ove si ponga mente all’ulteriore requisito della rilevanza per “l’accerta­mento dei fatti”. Tale locuzione in sede di conversione è andata a sostituire quella della rilevanza ai fini della prosecuzione delle indagini [79]. Tuttavia, la modifica normativa nulla cambia ai fini in discorso ed anzi evidenzia una previsione più ampia, [continua ..]


10. Il quomodo acquisitivo tra richieste degli interessati e poteri officiosi

La modifica in discorso appare viceversa assumere rilevanza per fugare dubbi in ordine al riconoscimento, in fase processuale, di poteri officiosi acquisitivi del tabulato da parte del giudice [83]. Il tema si attualizza in ragione della previsione normativa in forza della quale «i dati sono acquisiti previa autorizzazione rilasciata dal giudice con decreto motivato su richiesta del pubblico ministero o su istanza del difensore dell’imputato, della persona sottoposta alle indagini, della persona offesa e delle altre parti private» [84]. La disposizione differisce dall’originario testo contemplato nel decreto legge non ancora convertito in quanto mentre in quella sede si prevedeva che «i dati sono acquisiti presso il fornitore con decreto motivato del giudice», nel testo definitivo il giudice si limita ad un provvedimento autorizzatorio cui deve evidentemente seguirne l’esecuzione a cura della posizione soggettiva richiedente. Si accentua, così, il ruolo di garanzia del giudice, organo statico a fronte delle richieste provenienti dai soggetti legittimati. Tuttavia, la regola normativa nulla dice in ordine ai modi attraverso cui l’acquisizione dovrà avvenire. Sul punto sembra potersi affermare che l’istante, il quale ha ottenuto il provvedimento autorizzatorio del giudice, potrà procedere alla relativa esecuzione e, se la stessa fosse ingiustificatamente ostacolata dal gestore degli impianti di telefonia, potrà ricorrere alla richiesta di un intervento del medesimo giudice. La soluzione prospettata sembra preferibile a quella di chi invoca, sul punto, una sorta di lettura analogica del finitimo regime delle intercettazioni in forza del quale, ai sensi dell’art. 267, comma 3, c.p.p., la fase esecutiva è affidata ad un decreto del pubblico ministero [85]. L’ipotesi di lavoro sembra in primo luogo scontrarsi con la riserva di legge che presidia la materia delle intercettazioni, che rende più complesso il ricorso all’autointegrazione dell’ordinamento giuridico attraverso l’analogia [86] ma, al di là di ciò, crea una sorta di “canalizzazione” acquisitiva in capo al pubblico ministero anche con riferimento all’autorizzazione del giudice emanata su impulso della difesa. Sul punto, se la figura del pubblico ministero quale organo esecutivo delle intercettazioni può avere un senso [continua ..]


11. Il presidio della motivazione tutelata dall’inutilizzabilità del dato probatorio

In forza dell’introduzione di una acquisizione autorizzata dalla giurisdizione, deve assumere maggiore importanza il requisito della motivazione [90]. Questa, come noto, in ragione del collegamento tra struttura normativa, funzione esercitata ed atto adottato [91], deve rendere conto ed esplicitare la sussistenza di tutti i requisiti della fattispecie processuale e, tra essi, vanno annoverati non solo il fumus sul reato e la rilevanza, per l’accertamento dei fatti ma, anche la circostanza che i tabulati siano acquisiti «entro il termine di conservazione imposto dalla legge». Su tali temi non sono ammissibili motivazioni pigre o stereotipate che si limitino a riprodurre il testo normativo. Il giudice deve rendere conto dell’analisi effettuata e del giudizio ragionato in ordine alla sussistenza dei requisiti di legge. E se sul punto non sembra potersi negare il ricorso anche ad una motivazione per relationem, la medesima dovrà comunque porre in evidenza l’iter cognitivo e valutativo seguito per autorizzare l’acquisizione di quello specifico dato probatorio [92]. In sostanza, occorre si dimostri che si sia effettuata quell’autonoma valutazione che funge da elemento intrinseco della funzione giurisdizionale [93]; requisito questo, che deve manifestarsi anche con riferimento all’evenienza disciplinata dal nuovo comma 3 bis dell’art. 132 d.lgs. n. 196/2003. La norma, adempiendo alle prescrizioni europee, prevede che quando ricorrono «ragioni di urgenza e vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il pubblico ministero dispone l’acquisizione dei dati con decreto motivato, che è comunicato immediatamente e comunque non oltre le quarantotto ore al giudice competente per il rilascio dell’autorizzazione in via ordinaria». Sarà quindi il giudice a decidere, nelle quarantotto ore successive, sulla convalida con decreto motivato; e tale convalida funge, expressis verbis, da presupposto di legittimazione all’utilizzo dei dati acquisiti. Si è al cospetto di una “replica” normativa dell’art. 267, comma 2, c.p.p., diretta a disciplinare i poteri acquisitivi del pubblico ministero nei casi di urgenza determinati dal grave pregiudizio alle indagini, che potrebbe derivare dal ritardo, e cioè dall’attesa del provvedimento autorizzativo del giudice. [continua ..]


12. La (ri)scoperta, anche in sede europea, del valore di garanzia del divieto d’uso

I rilievi formulati evidenziano come il legislatore abbia innalzato la soglia di attenzione sull’ortodos­sia del materiale conoscitivo. In realtà tale scelta, già imposta dal tessuto normativo vigente, è stata decisamente rafforzata non tanto dalle previsioni di inutilizzabilità di derivazione costituzionale [94], quanto dall’espressa enunciazione della Corte di giustizia che, proprio in tema di acquisizione di tabulati, ha ammonito sulla necessità di «escludere informazioni ed elementi di prova ottenuti in violazione delle prescrizioni del diritto dell’Unione» [95]. Sembra essersi presa contezza che la prova ricavata dai dati contenuti nel tabulato tocca diritti individuali sensibili che, quindi, necessitano di un più elevato grado di tutela. Già nella previgente normativa la giurisprudenza aveva condivisibilmente rilevato che «sono patologicamente inutilizzabili i dati relativi al traffico telefonico contenuti nei tabulati acquisiti dall’Autorità giudiziaria dopo i termini previsti dall’art. 132, d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, atteso il divieto di conservazione degli stessi da parte del gestore al fine di consentire l’accertamento dei reati oltre il periodo normativamente predeterminato» [96]. Soluzione questa che riceve espressa conferma dall’attuale testo normativo il quale, al comma 3 dell’art. 132, d.lgs. n. 196/2003, consente l’acquisizione dei dati contenuti nel tabulato telefonico «entro il termine di conservazione imposto dalla legge». Quest’ultimo, quindi, diviene presupposto legittimante l’acquisizione del dato conoscitivo. Se ciò appare difficilmente confutabile, il problema che si pone afferisce alla tematica del quanto la nuova disciplina risulti compatibile con quell’orientamento nomofilattico secondo cui la sanzione dell’inutilizzabilità dei tabulati non colpirebbe «i tabulati in sé, bensì la metodologia acquisitiva, onde la causa impeditiva all’utilizzazione può essere rimossa a seguito di un successivo decreto motivato, adottato dal p.m. o, in dibattimento, anche d’ufficio, dal giudice» [97]. Al di là dell’intervenuta sottrazione dei poteri acquisitivi in capo al pubblico ministero, la presa di posizione genera perplessità. Si ipotizza, a fronte di un vizio [continua ..]


13. Un’occasione perduta: il persistente deficit sulla possibilità di verificare la veridicità del dato conoscitivo

Occorre inoltre segnalare come in occasione del recepimento normativo dei dicta comunitari si sia omesso di prevedere una specifica disciplina in grado di regolamentare la conservazione del file il cui contenuto probatorio viene veicolato attraverso il tabulato. Il rilievo, a prescindere dalla mancata previsione di una “regola” esecutiva inerente l’acquisizione, evidenzia un vuoto normativo in ordine al dovere di conservazione dell’originale da cui promana il dato conoscitivo; situazione questa che espone all’impossibilità di controlli sulla conformità di quanto acquisito e sulla sua immodificabilità. La circostanza rileva ancor di più a fronte di segnali normativi quale quello dell’art. 254 bis c.p.p., che rimette alla discrezione dell’autorità giudiziaria il fatto che l’acquisizione dei tabulati avvenga mediante copia dei medesimi su “adeguato supporto con una procedura che ne assicuri la conformità […] e la immodificabilità”. La situazione non è di poco momento in quanto è ragionevole presumere che, a fronte di un provvedimento autorizzativo del giudice all’acquisizione dei tabulati da parte del pubblico ministero, il momento esecutivo potrebbe continuare ad essere evaso attraverso gli strumenti giuridici di cui agli artt. 254 bis e 256 c.p.p. [102]. Se viceversa è la difesa a provvedere all’acquisizione l’anomia legislativa è totale; ne scaturisce la mancanza anche di una minima previsione che imponga la conservazione del file il cui contenuto probatorio trasmigra nel tabulato. Ne deriva un vulnus sulla verificabilità del dato acquisito. Il problema si acuisce laddove si ponga mente alla specificità della prova costituita dal tabulato telefonico. Il medesimo, una volta acquisito, se non accompagnato dalla conservazione del file, non consente un controllo sulla genuinità dello stesso. Si propina, così, una prova non confutabile né verificabile che, proprio in ragione di ciò, si caratterizza per una (in)concludenza conoscitiva. La circostanza assume rilievo solo che si considerino i limiti temporali di conservazione del dato da cui origina il tabulato [103]. Può quindi accadere che un tabulato acquisito nel corso delle indagini preliminari, nel momento in cui viene reso ostensibile non consenta più il controllo della fonte da [continua ..]


14. Il tempus applicativo

Il problema dell’applicazione del novum normativo nel tempo è particolarmente cogente nel settore processuale proprio per le caratteristiche del procedimento il quale, essendo costituito da una serie causale di atti, si snoda su una consistente durata temporale [111]. In tale contesto il mutamento delle regole giuridiche che oppone alle vecchie norme le nuove, produce una molteplicità di questioni dovute al fatto che, da un lato, le situazioni giuridiche durano nel tempo e pertanto è necessario sapere, con riferimento ai rapporti pendenti al momento del sopravvenire del novum, a quale disciplina vengono assoggettati e, dall’altro lato, i giudici, chiamati a ricostruire l’esistenza di un fatto avvenuto nel passato e dei relativi rapporti giuridici, devono stabilire sulla base di quale normativa esprimere la loro funzione di giudizio [112]. Ne deriva l’esigenza di regole dirette a risolvere unicamente le questioni che sorgono dai mutamenti di legislazione, con la tendenza ad inquadrare tale settore legislativo nella generica classificazione di «diritto intertemporale» [113]. Tuttavia, tale identificazione non pare colga l’ambito specifico della disciplina. La transitorietà del diritto non si presta ad indicare fenomeni come quelli delle situazioni acquisite, i quali, ancorché riguardanti il passaggio dall’uno all’altro regolamento giuridico, in ragione del succedersi di leggi nel tempo, non sono transitori in quanto hanno senso e portata stabili e permanenti [114]. Si deve quindi prendere atto che la transitorietà si connota per il carattere passeggero, momentaneo del regolamento; con esso si introduce una disciplina provvisoria, derogatoria dell’applicazione del principio dell’efficacia immediata della riforma, ora attraverso concessioni limitate all’ultrattività delle norme abrogate od alla sopravvivenza di istituzioni abolite, ora attraverso la costituzione di un sistema di un diritto materiale terzo, diverso dal vecchio ma anche dal nuovo pur costituendone in generale una semplice attuazione [115]. Pertanto le disposizioni transitorie, rispetto al diritto intertemporale, non sono solo dirette ad omogeneizzare il passaggio dal regime della legge vecchia a quella nuova, ma impongono una disciplina dei rapporti diversa da quella prevista negli altri due regimi e destinata ad esaurirsi nella produzione dei suoi [continua ..]


15. Conclusioni

Dalle considerazioni svolte emerge come la nuova disciplina relativa ai modi di acquisizione dei tabulati telefonici costituisca, indiscutibilmente, un momento di riforma evolutiva, più consapevole della capacità intrusiva di tale metodica d’indagine, incidente direttamente su fondamentali diritti individuali. In virtù della previsione dell’intervento di un giudice e dell’obbligo di motivazione, peraltro presidiato dalla sanzione dell’inutilizzabilità, si riconosce come le informazioni acquisite per il tramite del tabulato coinvolgano momenti di copertura costituzionale. In sostanza, pur non essendosi in presenza di una forma di captazione del contenuto delle comunicazioni, se ne vanno comunque a cogliere i dati esteriori, che sono in grado di “dire molto” in ordine alle stesse. Come se non bastasse, le informazioni contenute nel tabulato risultano adatte a consentire la rilevazione del posizionamento di una persona mediante l’aggancio delle celle; il che permette di conoscere dove e con chi il soggetto controllato si sia incontrato. Vengono così in rilievo anche profili di tutela del domicilio. Tuttavia, nel corso degli anni, tutte queste considerazioni non sono state sufficienti a condurre il legislatore verso “segni normativi” maggiormente rispettosi dei diritti costituzionali. Complice una giurisprudenza più attenta alle esigenze di politica criminale [126], che non a quelle poste a garanzia dei diritti dell’individuo, si è continuato a considerare e disciplinare il momento acquisitivo dei tabulati telefonici in maniera difforme rispetto alla materia delle intercettazioni. Di qui il ricorso agli strumenti contemplati agli artt. 254 bis e 256 c.p.p. In sostanza, considerato che si agiva in assenza assoluta di una previsione dei “casi” in cui poteva procedersi all’acquisizione dei tabulati, si generava una forma conoscitiva a contenuto libero; forma conoscitiva che, nella misura in cui veniva veicolata attraverso lo schema giuridico dell’art. 256 c.p.p., di fatto eludeva qualsiasi tipologia di controllo giurisdizionale sull’operato di un organo di parte quale il pubblico ministero. Eppure da tempo la Corte europea [127] e la stessa Corte di giustizia [128] ammonivano sulla necessità di innalzare, in materia, il livello delle garanzie mediante la specificazione dei casi, il rispetto del [continua ..]


NOTE
Fascicolo 2 - 2022