Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Corte di cassazione, sez. un., sent. 10 ottobre 2019, n. 41736 – Pres. Carcano, Rel. Beltrani

Fermo restando che il giudice che provvede alla deliberazione della sentenza deve coincidere con quello che ha disposto l’ammissione delle prove assunte alla sua presenza, in caso di mutamento del giudice, qualora non venga formalmente rinnovata l’ordinanza ammissiva, i provvedimenti in precedenza emessi conservano comunque efficacia se non espressamente modificati o revocati, ma le parti hanno la facoltà di formulare una richiesta specificamente motivata di ammissione di prove nuove o di rinnovazione di quelle in precedenza assunte, che il giudice deve valutare ai sensi degli artt. 190 e 495 c.p.p., anche in punto di non manifesta superfluità; sicché, qualora la ripetizione delle prove non abbia avuto luogo, o perché non richiesta o perché, pur richiesta, non sia stata ammessa o non sia stata possibile, non è necessario il consenso delle parti alla lettura degli atti ex art. 511, comma 2, c.p.p.

> < [Omissis]   RITENUTO IN FATTO   1. La Corte d’appello di L’Aquila, con la sentenza indicata in epigrafe, ha dichiarato la nullità della sentenza con la quale, in data 18 aprile 2017, il Tribunale di Chieti aveva dichiarato (per quanto in questa sede rileva) l’imputato B.K. colpevole dei reati di detenzione e cessione di sostanza stupefacente (capi 31 e K1) nonché di estorsione (capo J2), unificati dal vincolo della continuazione, condannandolo alla pena ritenuta di giustizia, con le statuizioni accessorie. 1.1. La Corte di appello, richiamando un precedente giurisprudenziale (Sez. 4, n. 48765 del 15/07/2016, Incerti, Rv. 268875), ha dichiarato la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 525, comma 2, c.p.p., ed ha disposto il rinvio al Tribunale competente, ai sensi dell’art. 604, comma 4, c.p.p., in quanto, nel corso del giudizio di primo grado, le prove richieste dalle parti erano state ammesse all’udienza 4 ottobre 2016 dal Tribunale in una composizione collegiale diversa – limitatamente ad un componente – rispetto a quella che aveva successivamente assunto le predette prove e pronunciato la sentenza e, trattandosi di una nullità assoluta, e quindi insuscettibile di sanatoria, risultava irrilevante il comportamento eventualmente acquiescente delle parti. 2. Contro la predetta decisione ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte d’appello di L’Aquila, deducendo, con un unico motivo, l’inosservanza e l’erronea applicazione dell’art. 525, comma 2, c.p.p.: ad avviso del ricorrente, proprio l’orientamento giurisprudenziale richiamato dalla Corte di appello ammetterebbe che, ai fini della rilevabilità della nullità de qua, possa assumere rilievo l’atteggiamento tenuto dalle parti; nel caso di specie, dinanzi al collegio nella composizione successivamente mutata non avevano avuto luogo attività istruttorie, e comunque, in seguito, la difesa dell’imputato nulla aveva opposto alla rinnovazione, prestandovi quindi – sia pur implicitamente – consenso; pertanto, sulla scia di altro precedente giurisprudenziale (Sez. 6, n. 18615 del 16/04/2013, Poloni, Rv. 254843), ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata con l’adozione dei provvedimenti conseguenti. 3. Il ricorso è stato assegnato alla Sesta Sezione penale, che ne ha disposto la rimessione alle Sezioni Unite ai sensi dell’art. 618, comma 1, c.p.p., rilevando l’esistenza di contrasti interpretativi in ordine alla portata del principio d’immutabilità di cui all’art. 525, comma 2, c.p.p. sotto due profili: – quanto all’applicabilità del principio soltanto all’assunzione delle prove dichiarative oppure anche alla formulazione delle richieste delle prove e/o all’adozione della relativa [continua..]

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Fascicolo 1 - 2020