Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

27/11/2021 - Cass., sez. I, 26 novembre 2021, n. 43693

argomento: corte di cassazione - sezioni semplici

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Il giudice dell’appello è esonerato dall’obbligo di rinnovare l’istruttoria dibattimentale: a) nel caso in cui la reformatio in peius della sentenza assolutoria di primo grado sia fondata, non già su un diverso apprezzamento in ordine all’attendibilità di una prova orale ritenuta in primo grado non attendibile, ma su una lettura coerente e logica del compendio probatorio palesemente travisato - anche per omissione - nella decisione impugnata, ovvero, in misura determinante, su elementi esterni alle dichiarazioni della persona offesa non considerati nella decisione di primo; b) nel caso in cui la prova dichiarativa sia valutata in maniera del tutto identica sotto il profilo contenutistico, ma il suo significato probatorio venga diversamente apprezzato nel rapporto con le altre prove; c)  nel caso in cui si pervenga al diverso approdo decisionale in forza della rivalutazione di un compendio probatorio di carattere documentale; d) nel caso di riforma della sentenza assolutoria di primo grado basata su una diversa interpretazione della fattispecie concreta, alla luce della valutazione logica e complessiva dell’intero compendio probatorio (e non sulla base di un diverso apprezzamento della attendibilità di una prova dichiarativa decisiva).

In tema di omessa traduzione della sentenza pronunciata nei confronti di imputato alloglotta, la mancata proposizione personale della relativa eccezione da parte dell’imputato medesimo, in quanto atto personalissimo (funzionale all’esercizio di un autonomo potere di impugnazione ex art. 571 c.p.p.), non può essere surrogata dalla dichiarazione resa dal difensore in udienza, ancorché in presenza dell’interessato, non essendo possibile desumere dal silenzio di questi l’assenso implicito alla dedotta eccezione.

L’ordinamento italiano, salve le specifiche previsioni di cui all’art. 54 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen del 21 novembre 1990 (circoscritto a soli Paesi europei),  non riconosce il principio del ne bis in idem internazionale, sicché l’imputato straniero resosi responsabile di un delitto politico commesso in danno di cittadini in un Paese extraeuropeo, in cui non vigano accordi idonei a derogare alla disciplina dettata dall’art. 11 c.p., può essere tratto a giudizio dinanzi all’autorità giudiziaria italiana anche qualora, per lo stesso fatto, sia già stato giudicato all’estero; in tal caso, è comunque necessario che il Ministro della Giustizia formuli richiesta di rinnovamento del giudizio nello Stato ai sensi dell’art. 11, comma 2, c.p., alla cui efficacia non osta una pregressa richiesta di riconoscimento della sentenza straniera ex art. 12, comma 2, seconda parte, c.p.