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La progressiva digitalizzazione del processo

di Vinicio Nardo, Avvocato, Foro di Milano

Il contributo si propone di analizzare gli effetti che l'emanazione della disciplina transitoria di cui all'art. 87 del d.lgs. n. 150/2022 ha imposto nel sistema mediante l'introduzione del nuovo processo penale telematico, anche con riguardo alle difficoltà che l’attuazione di tale riforma comporta nella prassi applicativa, per la compressione di alcune garanzie poste a tutela dell'imputato, quali i principi del favor impugnationis e dell'oralità del dibattimento.

The progressive digitalization of the trial

The article aims to analyze the effects that the approval of the art. 87 L.D. 150/2022 has imposed on the system through the introduction of the new digital criminal trial. The author however wants also to underline the difficulties that the application of this new discipline entails in the practice, especially for the reduction of some guarantees placed to protect the defendant, such as the favor appeal principle and the orality of the trial.

Sommario:

1. Premessa - 2. Le novità introdotte con il d.lgs. n. 150/2022 e le modifiche apportate dalla l. n. 199/2022 - 3. Le prime evidenze pratiche di applicazione della nuova disciplina - NOTE


1. Premessa

La Riforma del processo penale (c.d. “riforma Cartabia”), introdotta con il d.lgs. n. 150/2022 ha imposto una vera e propria accelerazione nella digitalizzazione del sistema processuale penale, codificando il processo penale telematico al fine di poter consentire il raggiungimento di un maggiore livello di efficienza della macchina giudiziaria nonché una più celere definizione dei procedimenti.

Il Legislatore, tuttavia, non è stato perfettamente consapevole sia delle difficoltà che avrebbe potuto incontrare l’attuazione di tale processo di transizione tecnologica, in un contesto codicistico caratterizzato dalla centralità del documento cartaceo e storicamente refrattario a innovazioni digitali, sia dei tempi tecnici necessari per consentire l’allestimento dei sistemi informatici volti ad assicurare il pieno funzionamento del sistema e l’elaborazione dei relativi regolamenti ministeriali di attuazione della normativa in esame.

Ovviamente, si è sentita l’esigenza di procedere “per gradi”, prevedendo pertanto innanzitutto l’entrata in vigore di una disciplina transitoria in materia, nella quale è possibile distinguere le norme di nuova introduzione dagli interventi modificativi di disposizioni vigenti, con l’espressa indicazione delle disposizioni normative la cui operatività è condizionata all’entrata in vigore dei citati regolamenti attuativi [1].

Tuttavia, la norma transitoria contenuta nell’art. 87 del decreto legislativo è apparsa subito insufficiente, basti pensare allo sconcerto che aveva creato nell’avvocatura l’abolizione sic et simpliciter dell’art. 582 c.p.p. che, fino alla completa estensione del processo telematico alle ulteriori fasi processuali, avrebbe consentito il deposito dell’impugnazione cartacea solo nella cancelleria fisica del giudice a quo, costringendo i difensori a trasferte da un capo all’altro della Penisola con buona pace del favor impugnationis.

Il regime transitorio è stato allora integrato con la l. n. 199/2022 (di conversione del d.l. 31 ottobre 2022 che aveva differito al 30 dicembre 2022 l’entrata in vigore della riforma) mediante significative modifiche all’art. 87 del d.lgs. n. 150/2022, l’introduzione di un art. 87-bis e la modifica dell’art. 94.


2. Le novità introdotte con il d.lgs. n. 150/2022 e le modifiche apportate dalla l. n. 199/2022

L’art. 87 del d.lgs. n. 150/2022 ha differito l’entrata in vigore delle innovative norme in materia di formazione digitale degli atti, deposito telematico delle impugnazioni, formazione del fascicolo informatico e malfunzionamento dei sistemi informatici, disponendo che fino al quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione del decreto del Ministero della Giustizia (da emanarsi sentito il Garante per la protezione dei dati personali), contenente le regole tecniche riguardanti il deposito, la comunicazione e la notificazione con modalità telematiche degli atti del procedimento penale, continueranno ad applicarsi le disposizioni attualmente vigenti in materia, nella formulazione precedentemente in vigore [2]. Viene precisato poi anche che tali previsioni regolamentari dovranno necessariamente assicurare la “conformità al principio di idoneità del mezzo a quello di certezza del compimento dell’atto”.

L’emanazione del citato decreto ministeriale dovrà avvenire entro un anno (31 dicembre 2023), mentre ulteriori regole tecniche potranno essere adottate anche dal Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero.

Viene inoltre demandata ad un ulteriore decreto del Ministro della Giustizia, da adottarsi sempre entro il 31 dicembre 2023 (data da cui decorreranno i quindici giorni per l’ulteriore entrata in vigore dei regolamenti attuativi) sentiti il CSM e CNF, l’individuazione degli uffici giudiziari e delle tipologie di atti per i quali potranno essere adottate modalità anche non telematiche di deposito, comunicazione o notificazione, nonché la determinazione di eventuali ulteriori termini di transizione del nuovo “regime telematico”.

La predisposizione di tali regolamentazioni, da attuarsi con normativa di carattere secondario, risulta pertanto essenziale per dettare le coordinate temporali di applicazione di gran parte delle modifiche apportate dalla citata novella e risponde “alla necessità di modulare l’innovazione tecnologica alle differenze esistenti tra gli uffici giudiziari quanto al loro stato di avanzamento digitale [3].

Il differimento dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni codicistiche in attesa dell’elaborazione delle normative regolamentari è una soluzione ragionevole se si considerano la complessità logistiche e procedurali cui vanno incontro gli uffici giudiziari nella creazione e nella conservazione del fascicolo informatico (comprensivo di tutte le relative sottofascicolazioni), nella gestione di tutti gli atti e i documenti in formato digitale nonché nella preventiva dotazione, anche e soprattutto all’interno delle singole aule di udienza, degli strumenti tecnici necessari al fine di rendere utilizzabile il fascicolo informatico in ogni stato e grado del procedimento [4].

La l. n. 199/2022, come si diceva in premessa, ha successivamente risolto alcuni problemi (ad esempio quello generato dall’abrogazione immediata dell’art. 582 c.p.p., cui si è ovviato mediante l’intro­duzione dell’art. 87-bis che ha resuscitato la PEC del periodo pandemico). Ci occupiamo in questo scritto delle modifiche all’art. 87, le quali riproducono il contenuto della disciplina di cui all’art. 24, commi da 1 a 3, d.l. n. 137/2020 (conv. con modificazioni nella l. n. 176/2020), c.d. “Decreto Ristori”, concernente il deposito telematico di specifici atti tramite l’utilizzo dell’apposito portale messo a disposizione dal Ministero della Giustizia [5].

Con il rinnovato art. 87 si è disciplinato il percorso di innovazione tecnologica già intrapreso nel periodo emergenziale, prevedendo l’obbligatorietà del deposito a portale di tutti gli atti e le memorie indicati nell’art. 415-bis, comma 3, c.p.p. nonché di alcuni atti indirizzati agli uffici delle Procure della Repubblica presso i tribunali e in particolare: dell’opposizione alla richiesta di archiviazione ex art. 410 c.p.p., della denuncia ex art. 333 c.p.p., della querela di cui all’art. 336 c.p.p. (e della relativa procura speciale) nonché della nomina a difensore e della rinuncia o revoca del mandato difensivo di cui all’art. 107 c.p.p. [6].

L’obbligo del deposito telematico dei suddetti atti sussiste unicamente nel caso in cui gli stessi, per loro natura o per la fase procedimentale in cui intervengono, siano indirizzati alle Procure della Repubblica. Rimane tuttavia possibile il deposito mediante consegna dell’atto presso la cancelleria del giudice, ad esempio di una rinuncia ad un mandato difensivo, qualora la stessa intervenga nella fase dibattimentale del relativo procedimento.

Inoltre, per quanto concerne anche il deposito della querela di cui all’art. 336 c.p.p., rimane comunque sempre possibile l’effettuazione dello stesso anche mediante consegna fisica dell’atto presso le ulteriori autorità autorizzate a riceverlo ai sensi dell’art. 337 c.p.p.

Al comma 6-ter viene inoltre prevista la possibilità di estendere, mediante i soliti decreti ministeriali, la possibilità di deposito tramite portale anche ad ulteriori atti diversi da quelli appena citati e con le medesime modalità. In ogni caso, per tutti questi atti che possono o potranno essere depositati tramite portale, il comma 6-quinquies esclude espressamente la validità del deposito mediante invio tramite posta elettronica certificata, con l’ulteriore specificazione che, qualora lo stesso venga comunque effettuato, esso non potrà avere in ogni caso valore di legge.

In definitiva, dalla lettura del contenuto delle modifiche effettuate con l. n. 199/2022 emerge il chiaro intento da parte del Legislatore della Riforma di proseguire sulla strada tracciata dal “Decreto Ristori” estendendone nel caso sin da subito la portata applicativa e imponendo pertanto una possibile velocizzazione al progressivo percorso di digitalizzazione del processo penale, quantomeno nella fase delle indagini preliminari, nella quale si dispone già da tempo di sistemi informatici idonei e ampiamente collaudati.

Sempre l’art. 87 ha infine introdotto la possibilità per le sole parti private di presentare l’atto di impugnazione presso un agente consolare all’estero, nonché esteso tutte la disciplina transitoria in materia di processo penale telematico in esso contenuta anche al procedimento penale militare (previa attuazione dei rispettivi regolamenti da parte delle Autorità competenti entro la medesima data del 31 dicembre 2023).


3. Le prime evidenze pratiche di applicazione della nuova disciplina

Con la recente Riforma della giustizia penale, ed in particolare con l’introduzione della normativa appena esaminata, si è data una forte spinta verso l’attuazione del c.d. processo penale telematico, mediante la creazione, al pari (e meglio) di quanto già da anni avviene nel settore civile, di una “nuova rappresentazione del processo tradizionale che tende alla digitalizzazione degli atti e alla informatizzazione delle procedure quale garanzia di efficienza e resilienza [7].

L’intento dichiarato è di recepire gli effetti benefici della digitalizzazione al fine di potenziare l’effi­cienza e la qualità del sistema giustizia, nel tentativo di poter fornire maggiore tutela alle parti anche in termini di accesso alla giurisdizione, ragionevole durata del processo, trasparenza, parità e diritto di difesa [8].

Senza dubbio tale obiettivo viene adesso perseguito con la predisposizione di specifiche garanzie, quali quelle contenute al comma 6-bis, suscettibili di allargamento, idonee ad assicurare la certezza temporale della trasmissione dell’atto e dell’avvenuta ricezione dello stesso da parte dei sistemi ministeriali, l’identità del mittente e del destinatario, nonché in generale certamente utili a conferire maggiore celerità alle procedure di deposito.

Nello specifico poi l’art. 87, limitandosi a posticipare l’entrata in vigore delle principali disposizioni innovative in materia, nonché a riproporre il contenuto della normativa emergenziale con riferimento ai depositi degli atti tramite portale, non pone particolari problemi né di coordinamento con il resto della disciplina codicistica né, in linea teorica, di carattere applicativo, essendo il portale ministeriale già in funzione da tempo. Senonché, nella pratica applicativa le disfunzioni del portale sembrano ancora in numero tale da non poter essere definito fisiologico, soprattutto in alcune fasi della giornata dove il sistema diventa lento, presumibilmente per ragioni di sovraccarico.

Insomma, ci sono anche dolenti note e molte riguardano le impugnazioni.

È scopo dichiarato della riforma quello di ridurre i tempi dei processi, cui è condizionato il finanziamento europeo del PNRR. La riduzione non dovrebbe andare a scapito delle garanzie, infatti questo è il proposito dichiarato, ma due principi fondamentali che ne sono espressione sono evidentemente sotto attacco. Si tratta del già evocato favor impugnationis e dell’oralità del dibattimento. La verginità democratica del sistema penale è violata dalla compressione di tali principi, e lo è doppiamente se ciò avvenisse sotto l’ombrello della digitalizzazione, che da evento positivo ed auspicabile diventerebbe così strumento per depotenziare una delle finalità fondamentali del processo: la tutela dell’incolpato.

Tanto per fare un esempio, tra le disposizioni in materia di digitalizzazione del processo, divenute già operative a partire dal 31 dicembre 2022 [9], c’è l’art. 581, comma 1-ter, c.p.p., in materia di deposito, con l’atto di impugnazione e a pena di inammissibilità dello stesso, della dichiarazione o dell’elezione di domicilio per le notificazioni, le quali, ai sensi del nuovo art. 148, comma 1, c.p.p. devono essere eseguite preferibilmente con modalità telematiche e dunque presso il domicilio digitale del soggetto.

Si tratta di un caso esemplificativo di come la Riforma abbia reso l’impugnazione un percorso ad ostacoli, disseminato di trappole di inammissibilità. Il giustificato riordino del sistema delle notifiche, dirottate per quanto possibile su recapiti digitali, ha preso la mano del Legislatore al punto da fargli prescrivere di ripetere l’elezione di domicilio dopo il provvedimento da impugnare ed a pena di inammissibilità (e nel caso di imputato assente l’inammissibilità si estende all’impugnazione sprovvista di un nuovo atto di nomina del difensore rilasciata dopo l’atto impugnato).

L’avvocatura ha evidenziato fin da subito che tali disposizioni mal si conciliano con i tempi ristretti delle impugnazioni (in alcuni casi pochi giorni), l’eventuale distanza del cliente (magari detenuto in penitenziari remoti) o la difficoltà di reperirlo. Inoltre, se n’è evidenziata l’assurdità nelle procedure dove la parte non presenzia, come nel giudizio di Cassazione. A questa ultima obiezione si è generalmente replicato che l’art. 581, comma 1-ter formula la previsione espressamente “ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio” (non previsto in Cassazione come in altri e più disparati giudizi di impugnazione), ma senza con questo riuscire a tranquillizzare molti difensori che si sono attestati su posizioni cautelative in attesa che la giurisprudenza risolva il quesito di ammissibilità decidendo sul cliente altrui. Cautela presto dimostratasi giustificata.

Una recentissima ordinanza del Tribunale del Riesame di Venezia del 6 febbraio 2023 [10] ha infatti ritenuto inammissibile l’appello cautelare proposto avverso un’ordinanza del g.i.p. di Treviso del 5 gennaio 2023 (e dunque successiva all’entrata in vigore della riforma Cartabia) in quanto privo della citata elezione di domicilio. In tale modo si è dunque esteso anche al procedimento cautelare l’obbligo di cui all’art. 581, comma 1-ter, c.p.p., sul presupposto della sostanziale equiparazione tra il decreto di citazione a giudizio - espressamente richiamato nella norma - e il “decreto” di fissazione dell’udienza camerale davanti al Tribunale del Riesame, in quanto entrambi asseritamente contenenti una vocatio in ius.

Tale decisione è già stata considerata non condivisibile dalla più attenta dottrina [11], la quale ha manifestato perplessità, per contrasto con il principio di legalità, circa la possibilità di poter ricondurre la nozione di ”avviso” di fissazione dell’udienza camerale a quella del decreto di citazione a giudizio di cui alla lettera della legge.

Si attende pertanto un intervento della Cassazione in merito, al fine di poter eliminare ogni dubbio, soprattutto in un contesto, quale quello cautelare, in cui è evidente che l’applicazione pratica delle regole procedurali si scontri necessariamente con l’esigenza primaria di tutela del diritto del cittadino alla propria libertà personale.


NOTE

[1] Relazione n. 2/23 a cura dell’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, 5 gennaio 2023, p. 14 ss.

[2] In particolare, non troveranno immediata applicazione né la disposizione di cui all’art. 110 c.p.p. che prevede l’obbligo di redazione dell’atto scritto in forma di documento informatico (e dunque la necessità che lo stesso sia “nativo digitale”), né l’art. 111-bis c.p.p., che impone, quale regola generale, il deposito telematico di atti, documenti, richieste e memorie, né infine, conseguentemente, il nuovo art. 582 c.p.p. in materia di impugnazioni.

[3] M. Gialuz, Per un processo penale più efficiente e giusto. Guida alla lettura della Riforma Cartabia, in Sist. pen., 2 novembre 2022, pp. 12-13.

[4] Relazione n. 2/23 a cura dell’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, op. cit.

[5] Il contenuto del comma 4 dell’art. 24 d.l. n. 137/2020 è invece contenuto nell’art. 87-bis del d.lgs. n. 150/2022 (introdotto con la l. n. 199/2022) che principalmente estende la possibilità del deposito via PEC degli atti di impugnazione e di tutti gli atti, i documenti e le istanze comunque denominati diversi da quelli previsti nell’art. 87, comma 6-bis.

[6] Il deposito è considerato tempestivo se eseguito entro la mezzanotte del giorno di scadenza. In caso di accertato malfunzionamento del portale lo stesso viene prorogato di diritto “fino al giorno successivo al ripristino della funzionalità del portale” (sul punto v. comma 6-quater del medesimo articolo).

[7] W. Nocerino, La Riforma Cartabia in materia di processo penale telematico e la circolazione digitale degli atti, in Camminodiritto.it, 28 aprile 2022, par. 1.

[8] Ivi, par. 3.

[9] Sul punto si veda l’art. 89, comma 3, d.lgs. n. 150/2022, nel quale sono elencate le disposizioni applicabili alle impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore del decreto.

[10] Ord. Tribunale del Riesame di Venezia, 6 febbraio 2023.

[11] G. Spangher, L’art. 581 comma 1-ter c.p.p. e la procedura cautelare: una decisione non condivisibile, in Altalex.com, 1 marzo 2023.