Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Le deportazioni dei bambini ucraini costituiscono un crimine di guerra: mandato d'arresto internazionale per Vladimir Putin (di Rita Lopez, Ricercatrice confermata di Procedura penale – Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”)


Con una tempistica senza precedenti, il 17 marzo 2023, trecentottantaesettesimo giorno del conflitto scatenato dalla Russia contro l'Ucraina, la Corte penale internazionale incrimina Putin ela titolare della Commissione per i diritti dei bambini presso l'ufficio di Presidenza, per crimini di guerra, con riferimento alla deportazione e al trasferimento illegali in Russia di migliaia di minori ucraini, e dispone l’arresto per entrambi .La decisone, di fortissimo impatto sul piano giuridico, bellico e geopolitico, chiude il cerchio, per così dire,rispetto al monitoraggio delle ostilità iniziato subito dopo il 24 febbraio dello scorso anno. L'iniziativa volta a individuare eventuali crimini di guerra e a ricercarne le prove, è riuscita a portare alla luce tra le decine di migliaia di gravissime violazioni del diritto internazionale umanitario, una massiccia e sistematica campagna di deportazione di bambini e adolescenti dal territorio ucraino nella Federazione russa. Quanti tra questi minori non risultano già formalmente adottati,vengono “ospitati”, molti di loro sine die, in presunti campi ricreativi e sottoposti a un’intensa attività di rieducazione culturale ispirata ai valori della madrepatria russa. Questa pianificata opera di acculturamento coattivo pare sintomatica della volontà della leadership del Cremlino di una politica di assimilazione dei minori allogeni,mirata, attraverso il reset culturale conseguente all’attività di indottrinamento, a far perdere loro le essenziali caratteristiche identitarie del gruppo di appartenenza. Tale ricostruzione che getta l'ombra del genocidio culturale sul dislocamento forzato che si sta consumando, al momento non trova conferma nell'addebito mosso dal Prosecutor Karim Khan. Non è da escludere, tuttavia, che questi abbia deliberatamente adottato un basso profilo nel qualificare i fatti come crimine di guerra, considerate le maggiori difficoltà implicate dall’accertamento del dolo specifico che qualifica il «crimine dei crimini». Se, come reso noto dalla Corte, la notizia dei mandati d’arresto è stata divulgata al fine preciso di interrompere il trasferimento dei bambini e favorirne la restituzione, la scelta dell'accusa di addebitare “solo” il crimine di guerra, potrebbe corrispondere, allora, a una mossa tattica. Diversamente, infatti, una eventuale imputazione a titolo di genocidio fondata su elementi “scricchiolanti”, nel mettere a rischio l'accoglimento della richiesta di arresto e lo stigma della incriminazione, avrebbe fallito il tentativo di fermare la barbarie in atto, delegittimando al contempo l’intera attività investigativa compiuta sin qui.

Deportation of Ukranian children constitute a war crime: international arrest warrant for Vladimir Putin

With an unprecedent timing, on 17 March 2023, the three hundred and eighty-seventh day of the conflict unleashed by Russia against Ukraine, the International Criminal Court indicts Putin and the head of the Commission for the Children’s Rights at the Bureau for war crimes, with reference to the illegal deportation and transfer to Russia of thousands of Ukrainian minors, and orders the arrest of booth. The decision with a very strong legal, war and geopolitical impact, closes the circle, so to speak with respect to the monitoring of the hostilities, that began immediately after 24 February last year. The initiative aimed at detecting possible war crimes and searching evidences of them, succeeded in bringing to light, among the tens of thousands of extremely serious violations of international humanitarian law, a massive and systematic campaign of deportation of children and teenagers from Ukrainian occupied territory to the Russian federation. Those among these minors who are not already formally adopted are being “hosted”, many of them sine die, in supposed recreational camps and subjected to intense cultural re-education inspired by the values of the Russian motherland. This planned work of coercive acculturation seems symptomatic of the Kremlin leadership’s desire for a policy of assimilation of allogenic minors, aimed, trough the cultural reset following indoctrination activities, at making them lose the essential identity characteristics of the group they belong to. This reconstruction, which casts the shadow of cultural genocide on the forced deployment that is taking place, does not currently find confirmation in the charges brought by Prosecutor Karim Khan. It cannot be ruled out, however, that he deliberately adopted a low profile in qualifying the facts as a war crime, in the face of the greater difficulties involved in ascertaining the specific intent that qualifies the “crime of crimes”. If, as the Court has made known, the news of the arrest warrants was disseminated with the precise aim of stopping the transfer of the children and facilitating their return, the prosecution’s choice to charge “only” the war crime could correspond, then, to a tactical move. Otherwise, in fact, an eventual indictment under the title of genocide based on ‘creaky’ elements, in jeopardising the acceptance of the request for arrest and the stigma of the indictment, would have failed in its attempt to stop the barbarity in progress, while delegitimizing the entire investigative activity carried out so far.

SOMMARIO:

1. La Corte dell’Aja incrimina Putin e ne dispone l’arresto - 2. (Segue) Mobilitazione globale per le indagini sui crimini di guerra in Ucraina - 3. I bambini ucraini deportati in Russia per essere adottati o rieducati - 4. L’ombra del genocidio culturale sulla campagna di trasferimenti forzati - NOTE


1. La Corte dell’Aja incrimina Putin e ne dispone l’arresto

Benché la notizia fosse nell’aria [1], l’incriminazione e il mandato d’arresto nei confronti del Presidente russo e di Marija Alekseevna Lvova-Belova, Commissaria presidenziale per i diritti dei bambini, per deportazione e trasferimento illegali in Russia di migliaia di minori ucraini, hanno prodotto grande clamore: allo sprezzo dell’entourage putiniano che irride alle decisioni della CPI, il cui Statuto istitutivo la Russia non ha ratificato, si oppone il plauso dei Paesi occidentali, con Europa e Stati Uniti in prima linea. Sullo sfondo della scena politica internazionale e dei suoi fragili assetti, irrompe, a questo punto, l’interrogativo su quanto possa essere realistico che Putin giunga all’Aja per sedere al banco degli imputati. Guardata in un’ottica strettamente giuridica, non inquinata da sfere di influenza esterne, estranee alle dinamiche del diritto, la questione è tutto sommato lineare. Premesso che l’addebito a carico dell’autocrate russo soddisfa tutti i criteri – ratione materiae, loci, personae e temporis – che regolano la giurisdizione della CPI, in quanto nel settembre 2015 l’Ucraina accettava con dichiarazione ad hoc [2] la competenza della CPI a partire dal 20 febbraio 2014, relativamente ai crimini di guerra, ai crimini contro l’umanità e agli atti di genocidio perpetrati nei propri territori internazionalmente riconosciuti [3] e, dunque, che il mandato d’arresto internazionale è stato legittimamente disposto, Putin sa bene di non potere varcare i confini russi. Non appena “mettesse piede” in uno dei 123 Stati parte della CPI, egli sarebbe immediatamente arrestato, dal momento che questi Paesi hanno un preciso obbligo in tal senso [4], di fronte al quale risulterebbe recessiva ogni eventuale aspirazione ad agire secondo il criterio di universalità della giurisdizione da parte di quegli ordinamenti nazionali che ad esso si ispirano, avendo provveduto, nel contempo, a criminalizzare a livello interno le fattispecie internazionali [5]. Per queste ragioni, dunque, l’ipotesi di un processo a suo carico nel breve periodo appare remota; le ripercussioni del provvedimento d’arresto si avvertiranno, invece, sul piano politico e delle trattative per la cessazione delle ostilità. Intanto, prigioniero in Patria, il danno alla immagine e alla libertà di movimento che [continua ..]


2. (Segue) Mobilitazione globale per le indagini sui crimini di guerra in Ucraina

Fattori determinanti ai fini del risultato messo a segno dalla CPI con le incriminazioni del 17 marzo, sono stati la sorprendente tempestività della risposta corale con cui la comunità internazionale e i consessi che la rappresentano, hanno reagito alla aggressione russa della Ucraina. In modo pressoché contestuale alla invasione armata, infatti, ha preso corpo una molteplicità di iniziative trasversali che sancita la condanna della guerra d’aggressione contro l’Ucraina e la ineludibile giustiziabilità delle sue conseguenze sul piano del diritto internazionale e del diritto internazionale penale, si sono tradotte in un impegno fattivo alla istituzione di un eventuale tribunale ad hoc competente a giudicare lo scatenamento di una guerra d’ag­gressione [7] e alla promozione di indagini sulla presunta commissione degli altri crimini internazionali [8]. Parallelamente alla assunzione di questi impegni sia in ambito europeo che in seno alla Assemblea generale delle Nazioni Unite, è intervenuta la comunicazione del Procuratore della Corte penale internazionale, il britannico Karim Khan, che il 28 febbraio 2022 ufficializzava l’avvio delle indagini con riferimento alla situazione determinatasi in territorio ucraino a partire dal 21 novembre 2013, dopo la violenta repressione governativa delle manifestazioni filoeuropee di piazza Maidan, a Kiev. Nella stessa occasione, egli dichiarava di voler estendere il focus delle indagini anche al conflitto appena iniziato; a tal fine, per ridurre i tempi necessari al rilascio della autorizzazione da parte della Camera predibattimentale, richiesta in caso di avvio del procedimento su iniziativa del Procuratore (art. 13, lett. c), ICC St.), invitava gli Stati ad attivarsi tramite referral ai sensi degli artt. 13, lett. a), e 14, ICC St. così da poter agire motu proprio, senza necessità di attendere l’esito dello scrutinio effettuato in sede di preliminary examination [9]. Come è noto, accogliendo l’invito, 39 Stati parte [10], tra cui l’Italia e tutti gli Stati membri dell’Unione europea, hanno deferito con segnalazione congiunta la situazione [11] all’Ufficio dell’accusa che, dunque, intraprendeva le investigations, come risulta dalla nota pervenuta in tal senso alla Presidenza della CPI il primo marzo 2022. Il giorno successivo, è stato formalmente comunicato [continua ..]


3. I bambini ucraini deportati in Russia per essere adottati o rieducati

Il monitoraggio a fini investigativi dei luoghi in cui si svolgono le operazioni di guerra, per questo motivo paragonabili a una scena del crimine a cielo aperto, ha evidenziato e documentato, grazie anche all’ausilio di immagini riprese da satellite, che l’esercito russo ha agito e continua ad agire provocando morte e distruzione, in spregio ai principi fondamentali che governano lo ius in bello e alle sue più elementari regole. L’elenco è lungo: impiego di armi vietate, come, ad esempio, le munizioni a grappolo utilizzate nella stazione di ferroviaria di Kramatorsk che hanno ucciso almeno 50 civili che li si erano rifugiati; attacchi indiscriminati contro la popolazione non combattente, gli edifici residenziali, i siti culturali e i luoghi di culto, le infrastrutture civili, come acquedotti, centrali elettriche, scuole, asili, ambulatori e ospedali, come l’ospedale pediatrico di Mariupol; stupri e torture; esecuzioni sommarie di soldati ucraini e uccisione di civili inermi, tra cui bambini, come testimoniato dall’eccidio scoperto nella città di Bucha, dove hanno trovato la morte 360 persone. Questo lo scenario tratteggiato dalla menzionata Commissione ONU, nel suo dossier preliminare presentato a Ginevra nel settembre 2022 con riferimento ai 127 villaggi perlustrati sino a quel momento, nelle regioni di Kiev, Cherihiv, Charkiv e Sumy. Situazioni del tutto analoghe vengono descritte e anticipate di qualche mese, anche dal team di accademici incaricati dall’OSCE, che documenta un livello terribile e inaccettabile di morte, distruzione e sofferenza continue inflitte ai civili. Nelle aree occupate – trasformate in zone senza legge alle mercé dei soldati russi – gli studiosi riferiscono che la popolazione non solo patisce una situazione catastrofica, tra epidemie di colera e mancanza di cure fondamentali (ad esempio, l’insulina per i diabetici), di cibo, acqua ed elettricità; ma subisce anche torture, maltrattamenti, stupri, abusi sessuali, detenzioni illegali, sparizioni forzate e deportazioni su larga scala in Russia. Purtroppo, l’orrore non si ferma qui. Entrambi gli organismi di indagine, con riferimento alle vittime più vulnerabili e indifese, cioè i bambini, hanno infatti registrato l’inflizione ai loro danni delle stesse abominevoli condotte. In particolare, dal resoconto della inchiesta ONU, in cui gli investigatori hanno [continua ..]


4. L’ombra del genocidio culturale sulla campagna di trasferimenti forzati

Le figure delittuose oggetto dell’addebito mosso dall’Office of the Prosecutor sono previste dall’art. 8, comma 2, lett. a) vii), e lett. b) viii, ICC St. che, nell’ampia categoria dei crimini di guerra, comprende, rispettivamente, «deportazione, trasferimento o detenzione illegale» e «il trasferimento, diretto o indiretto, ad opera della potenza occupante, di parte della propria popolazione civile nei territori occupati o la deportazione e il trasferimento di tutta o di parte della popolazione del territorio occupato all’interno o all’esterno di tale territorio» [24]. Prima della positivizzazione di tali condotte a cura del diritto di Ginevra e della loro successiva implementazione nella fonte statutaria richiamata, è il diritto di Norimberga del 1945 che nell’individuare la competenza ratione materiae dell’omonimo Tribunale penale militare, qualificava come crimini di guerra la deportazione per lavori forzati o per qualsiasi altro scopo, delle popolazioni civili dei territori occupati o che vi si trovavano (art. 6 ,lett. b), Carta IMT). La medesima condotta, tipizzata con il medesimo nomen iuris, veniva inclusa anche nella inedita categoria dei crimini contro l’umanità (art. 6, lett. c), Carta IMT) – novità assoluta per il diritto internazionale dell’epoca – appositamente “ritagliata” sulle atrocità perpetrate dal terzo Reich durante la seconda guerra mondiale. In quel contesto, la duplicazione della previsione assolveva allo scopo fondamentale di estenderne l’operatività anche agli atti commessi prima o durante la guerra contro qualsiasi popolazione civile, quindi anche contro i civili della stessa nazionalità del reo (deportazioni nei campi di concentramento e di sterminio dei cittadini tedeschi di religione ebraica). Tornando all’oggi, l’art. 7, paragrafo 1, lett. d), ICC St. tra le diverse tipologie di condotte sussumibili nella parzialmente mutata nozione di crimini contro l’umanità [25], affianca alla «deportazione» «il trasferimento forzato della popolazione», che descrive come lo «spostamento forzato delle persone tramite espulsione o altri mezzi coercitivi dall’area nella quale si trovano legittimamente, senza motivi consentiti dal diritto internazionale» (art. 7, paragrafo 2, lett. d), ICC St. Il distinguo tra le [continua ..]


NOTE