Mandato di arresto europeo e tutela del diritto fondamentale a un giudice precostituito per legge
(Corte di giustizia UE, Grande Sezione, 22 febbraio 2022, cause riunite C‑562/21 PPU e C‑563/21 PPU)
di Elisa Grisonich
La pronuncia in esame rappresenta un ulteriore tassello nella parabola della Corte di giustizia sul rapporto tra mandato di arresto europeo e tutela dei diritti fondamentali, dalla particolare prospettiva della salvaguardia dell’art. 47, § 2, CDFUE.
Il panorama giurisprudenziale di riferimento è noto. Sull’onda della decisione Aranyosi e Căldăraru (C. giust., 5 aprile 2016, C‑404/15 e C‑659/15 PPU, Aranyosi e Căldăraru), i Giudici di Lussemburgo hanno, dapprima, nel 2018, e, successivamente, nel 2020, riconosciuto che l’art. 1, § 3, decisione quadro 2002/584/GAI consente, eccezionalmente, all’autorità giudiziaria di esecuzione di astenersi dal procedere alla consegna del ricercato, in presenza di un rischio reale di violazione del diritto all’equo processo ex art. 47, § 2, Carta di Nizza, sotto il profilo dell’indipendenza del potere giudiziario del Paese di emissione (C. giust., G.S., 25 luglio 2018, C‑216/18 PPU, LM; C. giust., G.S., 17 dicembre 2020, C‑354/20 PPU e C‑412/20 PPU, L, P). Entrambe le richiamate decisioni hanno, in particolare, riguardato l’ordinamento polacco, il quale, com’è ben noto, ormai da tempo risulta afflitto da gravi compromissioni dell’indipendenza della magistratura.
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Ebbene, nella sentenza in discorso la Grande Sezione della Corte di Giustizia è stata nuovamente incalzata a pronunciarsi sulla possibilità di dare corso a un m.a.e., nonostante la presenza in Polonia di tali carenze sistemiche o generalizzate del potere giudiziario. A venire in gioco è stato, dunque, ancora una volta il rispetto dell’art. 47, § 2, CDFUE; sennonché in questo caso la garanzia è stata affrontata dall’angolo visuale del diritto a un giudice precostituito per legge. Questa diversa prospettiva ha, così, permesso ai Giudici di Lussemburgo di puntualizzare e meglio sviluppare i propri approdi sul punto, con riguardo alla tipologia di controlli imposti all’autorità giudiziaria di esecuzione in siffatta evenienza. L’importanza dell’arresto si può, in definitiva, cogliere su tre differenti versanti: anzitutto, a livello degli appena menzionati chiarimenti svolti con riferimento alle verifiche demandate all’autorità competente dello Stato di esecuzione; in secondo luogo, rispetto agli sforzi della Corte di giustizia nel trovare un delicato punto di equilibrio tra la protezione delle garanzie del ricercato e la salvaguardia del funzionamento del m.a.e. in situazioni di criticità croniche e generalizzate di sistemi, come, in particolar modo, il caso della Polonia; in terzo luogo, sul terreno del dialogo instaurato da parte dei Giudici di Lussemburgo con quel rilevante indirizzo della Corte di Strasburgo proteso a salvaguardare, sul versante delle cosiddette positive obligations, alcuni diritti fondamentali della vittima, potenzialmente pregiudicati dalla mancata esecuzione di meccanismi eurounitari di mutuo riconoscimento. Queste, in estrema sintesi, le coordinate essenziali della decisione. Volendo a questo punto tentare di delineare più nel dettaglio i passaggi della pronuncia, giova, in prima battuta, partire dalle due fattispecie concrete che ne hanno determinato l’intervento. In particolare, l’arresto è il frutto di un rinvio pregiudiziale sollevato dal Tribunale di Amsterdam nell’ambito di due procedimenti volti a dare esecuzione, rispettivamente, a un m.a.e. esecutivo e a uno processuale, richiesti dall’autorità giudiziaria polacca. In entrambi i casi, il giudice a quo aveva rilevato carenze sistemiche nello Stato di emissione, incidenti sull’indipendenza della giurisdizione. La principale preoccupazione era sorta a seguito di una riforma adottata in Polonia, la quale affidava a un determinato organo, la cosiddetta KRS, un certo peso nella nomina dei giudici. Ebbene, secondo quanto enfatizzato dal Tribunale di Amsterdam, proprio una risoluzione della Corte suprema polacca avrebbe evidenziato il problema dell’indipendenza della magistratura scaturito da tale assetto: la KRS non sarebbe un organo indipendente, in quanto soggetto alle autorità [continua..]