Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Effettività della difesa tecnica del detenuto: le nuove garanzie dell´art. 123 c.p.p. (di Francesca Romana Mittica, Dottore di ricerca in Diritto pubblico – Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”)


Uno degli interventi sicuramente apprezzati della riforma “Cartabia” è la comunicazione al difensore di tutte le impugnazioni, dichiarazioni e richieste presentate dal detenuto o dall’internato.

Tale obbligo sorge in capo alla direzione dell’istituto penitenziario o all’ufficiale di polizia giudiziaria, così sollevando il soggetto in vinculis da un onere gravoso in ragione delle proprie condizioni dovute allo status detentionis.

Parole chiave: difesa tecnica, detenuti.

Effectiveness of the date’s technical defense: the new guarantee of art. 123 c.p.p.

One of the certainly appreciated interventions of the “Cartabia” reform is the communication to the defender of all appeals, declarations and requests presented by the prisoner or by the interned.

This obligation arises from the management of the penitentiary institution or the judicial police officer, thus relieving the subject in vinculis of a heavy burden due to his conditions due to the status detentionis.

SOMMARIO:

1. Lo stato dell’arte: criticità di una norma lacunosa - 2. Questioni relative alla dichiarazione di nomina del difensore - 3. Il diverso quadro europeo - 4. La necessità di rendere effettiva la difesa tecnica della persona detenuta e le modifiche all’articolo 123 c.p.p. - NOTE


1. Lo stato dell’arte: criticità di una norma lacunosa

Antecedentemente alla recentissima riforma [1], l’articolo 123 c.p.p. [2], nel regolamentare le dichiarazioni e le richieste di persone detenute e internate, contemplava la comunicazione [3] delle stesse soltanto all’autorità giudiziaria e non anche al difensore nominato. La disciplina, sul seguente aspetto non modificata, prevede che l’atto venga ricevuto da parte del direttore dell’istituto (nel caso di soggetto in carcere o internato in un istituto per l’esecuzione di misure di sicurezza) e da parte di un ufficiale di polizia giudiziaria (nel caso di soggetto in stato di arresto o di detenzione domiciliare o di custodia in un luogo di cura), per poi essere inviato all’autorità competente, che va individuata dalla struttura anche senza le esatte indicazioni dell’interessato [4]. Nel caso di detenuto o internato l’atto ricevuto dal direttore va trasmesso previa iscrizione su un apposito registro [5]; negli altri casi, indicati al primo capoverso, solo nel progetto preliminare era previsto che l’ufficiale di p.g. rilasciasse all’imputato un attestato della ricezione dell’atto, ma essendo poi prevalsa l’esigenza di completare il quadro normativo con una disciplina integrativa, tale previsione è stata soppressa [6]. La disciplina integrativa è stata inserita con l’art. 44 norme att. c.p.p. che però riguarda solo le modalità di spedizione [7] e chiarisce che per immediatezza si intendono le comunicazioni all’autorità giudiziaria nel giorno stesso o al più tardi nel giorno successivo. Pertanto, nessuna disposizione prevede la necessità di rilasciare all’imputato l’attestazione della ricezione dell’atto e nessuna norma regola l’ipotesi in cui l’ufficiale di polizia giudiziaria non intervenga tempestivamente a ricevere l’atto; tantomeno era prevista una comunicazione al difensore. L’art. 123 c.p.p. in realtà fu concepito per impedire che lo status detentionis si traducesse in una menomazione processuale, accordando al soggetto ristretto la facoltà di presentare impugnazioni, dichiarazioni e richieste direttamente all’amministrazione penitenziaria o ad un ufficiale di p.g. con efficacia corrispondente alla presentazione diretta all’autorità giudiziaria [8]. Tuttavia la mancanza di una comunicazione [continua ..]


2. Questioni relative alla dichiarazione di nomina del difensore

La questione diventava, poi, ancora più problematica se si considera che, in assenza della comunicazione al difensore persino dell’intervenuta nomina dal carcere in suo favore [12], si poteva determinare una vera e propria assenza di difesa [13]. Oltre al serio rischio di responsabilità per il difensore nominato nelle more della scadenza del termine per impugnare che restasse inerte rispetto ad un possibile ricorso o appello, per non avere avuto contezza del mandato difensivo conferitogli. Era palese la violazione del diritto di difesa, tanto perché il detenuto poteva ritenere che l’avvocato fosse venuto a conoscenza della nomina, e quindi sentirsi tutelato, quanto perché il legale, nominato a sua insaputa, non poteva esercitare la propria attività professionale o recarsi in carcere per il colloquio con il proprio assistito. Un tale vulnus era ancora più tangibile nel caso di detenuti stranieri o privi di familiari o di contatti al di fuori delle mura carcerarie, che avevano come unico riferimento l’avvocato sul quale confidare in un’assistenza indispensabile per affrontare il lungo e preoccupante percorso detentivo [14]. Non va dimenticato che il predicato “inviolabile” di cui all’art. 24 Cost. va letto in termini di effettività della tutela [15], ma è evidente che tale valore viene paralizzato ove il difensore non sia messo nelle condizioni di sostenere lo ius postulandi del proprio assistito [16]. Occorre, per comprendere le varie sfumature del diritto all’assistenza processuale, fare un breve excursus della giurisprudenza nazionale partendo dalla validità del conferimento del mandato da parte del detenuto o internato. Vigente il c.p.p. 1930, la Suprema Corte subordinava la decorrenza degli effetti della nomina rilasciata dal detenuto alla effettiva conoscenza che di essa avesse il giudice procedente; mentre con il nuovo codice, nonostante una prima decisione delle Sezioni Unite [17], il contrasto è perdurato sino ad un secondo intervento a favore della efficacia immediata, e ciò anche laddove la comunicazione all’autorità giudiziaria fosse ritardata od omessa; di talché, al fine di stabilire il momento in cui le dichiarazioni presentate dal detenuto producono effetti, non può farsi riferimento alle annotazioni di cui al mod. 25 – con cui la copia autentica o [continua ..]


3. Il diverso quadro europeo

Ai sensi dell’articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo è diritto di ogni accusato “disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare la sua difesa e di difendersi personalmente o avere l’assistenza di un difensore di sua scelta” [28]. Tale corollario del diritto ad un equo processo viene sempre più impiegato anche per ribadire il principio dell’effettività e della concretezza del diritto di difesa riconosciuto nelle legislazioni nazionali. Se in prima battuta la Corte e.d.u. aveva ritenuto che le negligenze del patrocinatore non fossero addebitabili allo Stato, salva la necessità di intervenire a fronte di lacune note o manifeste nell’operato del difensore d’ufficio [29], successivamente ha fatto un’inversione di marcia. E in occasione di un imputato negligente (“È vero che il ricorrente, che fino al 2 novembre 1999 aveva assistito a molte udienze, non ha mai informato le autorità delle difficoltà che egli incontrava nella preparazione della sua difesa. L’interessato ha anche omesso di contattare i suoi avvocati d’ufficio allo scopo di chiedere loro dei chiarimenti sullo svolgimento della procedura e sulla strategia della difesa; egli si è anche astenuto dal rivolgersi alla cancelleria del tribunale per informarsi sull’esito del suo processo”) ha sostenuto che “il comportamento del ricorrente non possa, da solo, esonerare le autorità dal loro obbligo di reagire allo scopo di garantire l’effettività della rappresentanza dell’imputato. In effetti, le lacune degli avvocati d’ufficio erano evidenti, il che obbligava le autorità interne a intervenire. Invece dal fascicolo non risulta che queste ultime avessero adottato dei provvedimenti per garantire all’imputato una difesa e una rappresentanza effettive. Pertanto, vi è stata violazione dell’articolo 6 della Convenzione” [30]. Ed ancora, in merito all’effettività della difesa non si è mancato di sottolineare che: “La Convenzione ha lo scopo di tutelare dei diritti non teorici o illusori, ma concreti ed effettivi, e che la nomina di un avvocato non garantisce da sola l’effettività dell’assistenza che l’avvocato può fornire all’imputato” [31]. Più volte la giurisprudenza di [continua ..]


4. La necessità di rendere effettiva la difesa tecnica della persona detenuta e le modifiche all’articolo 123 c.p.p.

Secondo quanto auspicato sin dall’anno 2008 dall’Unione delle Camere Penali [35], sarebbe stato proficuo inviare la nomina al Consiglio dell’Ordine degli avvocati per la comunicazione all’iscritto attraverso la pubblicazione di elenchi ad hoc presso le sale avvocati o le sedi delle stesse camere penali territoriali. Su questa via, le critiche giunte dal mondo dell’Avvocatura, avevano sensibilizzato anche l’ammini­strazione penitenziaria che aveva ravvisato la necessità di apprestare maggiori garanzie al diritto di difesa nelle carceri nei seguenti termini: “..reputando altresì, l’urgenza espressa dall’U.C.P.I. condivisibile, si invitano le SS.LL., nell’ottica della consueta collaborazione, a voler impartire alle direzioni degli istituti penitenziari del distretto le necessarie disposizioni affinché dell’intervenuta nomina del difensore di fiducia da parte del ristretto, sia dato avviso al Consiglio dell’Ordine territoriale, che curerà i successivi adempimenti” [36]. Tuttavia, la predetta divulgazione non sempre è stata sufficiente affinché si esplicasse e concretizzasse effettivamente l’esercizio della difesa in quanto onerava il difensore di recarsi a controllare in un ufficio ad hoc, e tutti i giorni, l’eventuale comunicazione dell’intervenuta nomina. Così tale prassi non ha avuto seguito, anche perché “… risulta che numerosi Consigli dell’Ordine abbiano deliberato di non dare corso alle comunicazioni provenienti dagli istituti penitenziari, in tal modo vanificando completamente l’utilità dell’ultima delle due disposizioni sopra ricordate. In questi casi, pertanto, le direzioni desistano dall’applicare la lettera circolare 2 aprile 2009.” [37]. Successivamente, sempre su sollecitazione dell’Unione delle Camere Penali Italiane [38], si era fatta strada la proposta di legge n. 2034 presentata alla Camera il 29 luglio 2019, che aveva visto come primo firmatario l’on. Catello Vitiello del “Gruppo Misto” e recitava: “Le dichiarazioni, compresa la nomina di difensore, le impugnazioni e le richieste di cui ai commi 1 e 2 sono contestualmente comunicate al difensore nominato” [39]. Tale testo è, poi, approdato nella cd “Riforma Cartabia” che ha accolto un emendamento del [continua ..]


NOTE
Fascicolo 1 - 2022