Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Nuove ipotesi d'inammissibilità dell'impugnazione (di Paola Maggio, Professore associato di Diritto processuale penale – Università degli Studi di Palermo)


La manovra correttiva sull’inammissibilità dei motivi di appello viene collocata nel contesto delle prioritarie esigenze di efficienza e celerità che animano la “Riforma Cartabia”. Dalle direttive di delega della l. n. 134/2021 emerge la volontà di comprimere i tempi dell’appello e si percepisce l’onda lunga derivante dalle indicazioni contenute nella sentenza delle “Sezioni Unite Galtelli”, non recepite a pieno dalla “Riforma Orlando”. Nel confermare la forza orientativa della giurisprudenza-fonte, capace di modulare gli istituti processuali e di sospingere i percorsi legislativi, l’intervento sembra alterare ulteriormente i tratti caratteristici della sanzione processuale, piegandola sempre più verso funzioni di contenimento degli abusi processuali e di assicurazione della ragionevole durata, con inevitabili pregiudizi del favor impugnationis e dell’effetto devolutivo. Della rilevanza centrale di questi due princìpi, così come dei recenti suggerimenti antiformalistici provenienti dalla CEDU, si dovrà tenere conto in sede di attuazione della delega.

Parole chiave: impugnazioni, inammissibilità.

New cases of inadmissibility of appeals

The corrective action on the inadmissibility of grounds for appeal is set in the context of the priority needs of efficiency and speed that animate the "Cartabia Reform". From the delegation directives of Law no. 134 of 2021 emerges the desire to compress the time of the appeal and the long wave resulting from the indications contained in the judgment of the “United Sections Galtelli”, not fully implemented by the “Orlando Reform”, can be perceived. In confirming the guiding force of the source-jurisprudence, capable of modulating the procedural institutions and pushing the legislative paths, this action seems to further alter the characteristic features of the procedural sanction, bending it more and more towards functions of containment of procedural abuses and insurance of reasonable duration, with inevitable prejudice to the favor impugnationis and the effect of devolution. The central importance of these two principles, as well as the recent anti-formalistic suggestions originating from the ECtHR, shall be taken into account in the implementation of the delegation contained in law no. 134 of 2021.

SOMMARIO:

1. Le linee della riforma - 2. I tratti originari e i cambiamenti di pelle dell’inammissibilità - 3. Cornici sistematiche, input giurisprudenziali, adeguamenti legislativi - 4. Un legislatore mero esecutore delle prescrizioni giurisprudenziali - 5. La specificità al servizio della manifesta infondatezza? - 6. Specificità, devoluzione e cognizione del giudice di appello - 7. L’accesso al giudice: argine antiformalistico contro l’inammissibilità imprevedibile - NOTE


1. Le linee della riforma

Sarebbe erroneo leggere le disposizioni della complessa manovra legislativa nata “Bonafede” e cresciuta “Cartabia” in una prospettiva parcellizzata, incapace di guardare al complessivo tratto della riforma che è chiamata a realizzare soprattutto esigenze di efficienza e celerità [1], combinate a un recupero delle garanzie processuali rispetto al disegno primigenio [2]. In questo contesto devono collocarsi le disposizioni che la l. 27 settembre 2021, n. 134 riserva all’inammissibilità dell’appello: l’art. 13, lett. a), ove è fatto obbligo, fermo restando il criterio di cui al comma 7, lett. h), dettato per il processo in assenza, di prevedere che con l’atto di impugnazione, «a pena di inammissibilità, sia depositata dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio di impugnazione»; l’art. 13, lett. i) che indica di prevedere l’inammissibilità dell’appello per mancanza di specificità dei motivi «quando nell’atto manchi la puntuale ed esplicita enunciazione dei rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto e di diritto espresse nel provvedimento impugnato». Lasciando a un’analisi più approfondita i temi delle disposizioni da riformare relative al processo in assenza [3], deve sottolinearsi l’evi­dente volontà del delegante di favorire la responsabilizzazione dei soggetti che impugnano attraverso l’elezione del domicilio presso il difensore. In esito al giudizio celebrato in assenza, il diritto di impugnare, infatti, potrà essere esercitato dall’imputato solo personalmente o a mezzo di difensore munito di mandato specifico, rilasciato dopo la pronuncia, unitamente alla dichiarazione ed elezione di domicilio per il giudizio di secondo grado. Da un canto, si vuole declinare in termini di certezza la conoscenza della sentenza, in modo funzionale all’esercizio consapevole del diritto di impugnare, evitando la defatigante instaurazione di gradi di giudizio destinati in seguito a essere messi nel nulla dalla rescissione del giudicato [4], dall’altro, si cerca di realizzare una tramatura coerente con la contestuale riscrittura del processo in assenza improntata alla partecipazione piena e consapevole al giudizio dell’imputato e a una tutela della sua volontà, in ossequio [continua ..]


2. I tratti originari e i cambiamenti di pelle dell’inammissibilità

La sensazione evocata dall’intervento normativo in itinere sull’inammissibilità per difetto di specificità dei motivi è quella di un involontario recupero del tratto storico della sanzione, rinvenibile nella legislazione precedente al codice del 1930, che ne faceva uno strumento quasi ‘empirico’, cui fare ricorso «per sopperire ad esigenze diverse e non riconducibili ad una accezione comune» [30]. Impressione, questa, subito superata dall’avvertenza degli sviluppi teorici successivi della forma di invalidità legata alla domanda di parte che non ha l’attitudine a vincolare il giudice ad emettere una pronuncia sul merito [31]. L’inquadramento, riconducibile alla nota classificazione che con il termine domanda [32] ha designato l’atto con cui la parte richiede un provvedimento al giudice ponendolo nella necessità giuridica di pronunciarsi sul merito, positivamente o negativamente, ha ravvisato, comunque, al fondo della sanzione innegabili ragioni di garanzia e di economia processuale le quali richiedono che le domande debbano essere proposte entro determinati termini e secondo determinate forme, nel pieno del possesso dei requisiti per farlo [33]. Legata alla teoria dei presupposti processuali, intesi come condizioni necessarie perché possa aversi una pronuncia, favorevole o sfavorevole sul merito della domanda, la concezione tradizionale dell’i­nammissibilità vincola il giudice, che constati la mancanza di tali presupposti a emettere una decisione con cui dichiarare per quali motivi non è possibile decidere sul merito [34]. Nell’incedere del modello accusatorio, la configurazione sanzionatoria della inammissibilità, species d’invalidità ex art. 606, comma 1, lett. c), c.p.p. si è ancora più strettamente legata alle richieste di parte sulle quali il giudice è tenuto a pronunciarsi [35], riferendosi a categorie di atti estremamente eterogenei, seppur accomunati tendenzialmente da un contenuto petitorio. La mancanza di una disciplina generale ha reso difficoltosa la riconduzione delle previsioni contemplate nel codice in un insieme analitico e preordinato [36] e ha lasciato affiorare una duplicità di funzioni dell’inammissibilità, ovvero evitare l’ingresso nel processo di atti formati in modi e tempi difformi rispetto allo [continua ..]


3. Cornici sistematiche, input giurisprudenziali, adeguamenti legislativi

Le cause di inammissibilità c.d. generali, cioè comuni a tutti i mezzi di impugnazione e dunque valevoli sia per l’appello che per il ricorso per cassazione, sono individuate nell’art. 591 c.p.p. da leggersi in combinato disposto con l’art. 581 c.p.p. che detta i requisiti di forma e di contenuto degli stessi atti. L’art. 581 c.p.p. risponde allo scopo duplice di definire l’oggetto del giudizio di controllo ed evitare utilizzi delle impugnazioni per obiettivi strumentali e dilatori. La giurisprudenza ha tradizionalmente letto tali requisiti bilanciando la cornice dell’atto e i contenuti del medesimo e assegnando prevalenza alla sostanza che non determini incertezza [43], nel segno del privilegio da accordare al favor impugnationis [44], che costituisce uno degli architravi del sistema dei controlli [45]. In passato, le ripercussioni dell’a-specificità dei motivi sul giudizio di appello sono state interpretate guardando soprattutto alla dimensione “intrinseca” del difetto, dovendosi ritenere inammissibili gli appelli sorretti da considerazioni generiche, astratte o non pertinenti al caso concreto [46], senza dare eccessivo peso al difetto di specificità c.d. estrinseca dei motivi ogni qual volta risultassero comunque «identificabili, con accettabile precisione, i punti cui si riferiscono le doglianze e le ragioni essenziali delle medesime» [47]. La versione light della specificità dei motivi di appello si è fondata sul favor impugnationis, abbinato alla diversità strutturale del giudizio di appello (rispetto a quello di legittimità): impugnazione “a critica libera” con effetto limitatamente devolutivo che abilita la corte d’appello a statuire anche sul merito e, al di là dei motivi proposti dall’impugnante, su tutte le questioni ipotizzabili in relazione al punto che è stato impugnato, con l’ulteriore avvertenza che una visione formalistica ricalcata sullo schema dell’inammissibilità in cassazione trasfigurerebbe la sanzione in uno strumento deflattivo dei carichi di lavoro delle corti [48]. È coesistito, però, un indirizzo interpretativo più severo, proteso a parificare gli esiti sanzionatori della specificità dei motivi nelle due impugnazioni riportando sia alla proiezione intrinseca sia a quella estrinseca il difetto, [continua ..]


4. Un legislatore mero esecutore delle prescrizioni giurisprudenziali

Non può esservi dubbio che la “sentenza Galtelli”, trasfigurata nell’elaborato della Commissione Canzio [56], si sia rivelata capace di accelerare il passaggio dall’inammissibilità, forma di invalidità processuale legata al difetto dei requisiti di legge, all’inammissibilità, strumento di efficienza e economicità del giudizio, proteso al riequilibrio della ragionevole durata [57]. Su tutto questo disegno e sulle successive modifiche ha esercitato un peso non casuale l’identità personale dell’allora presidente della Corte suprema di Cassazione, componente il Collegio della richiamata sentenza Galtelli e al vertice della Commissione che avrebbe condotto alla l. n. 103/2017, a suggello qui di una convergenza di vedute fra il nomoteta e le prassi nomofilattiche. È sulla scia delle indicazioni in tema di specificità dei motivi fornite dalle “Sezioni Unite Galtelli” che la l. n. 103/2017 ha provato a ridisegnare il modello legale della motivazione in fatto della sentenza di merito, intervenendo sull’art. 546, comma 1, lett. e), c.p.p., operando una riscrittura dell’art. 581 c.p.p. mediante un arricchimento degli elementi che l’atto di impugnazione deve contenere a pena d’inam­missibilità e mediante l’innalzamento degli oneri pecuniari elevati a favore della cassa delle ammende. Ad animare quel disegno legislativo, dal quale anche la l. n. 134/2021 sembra prendere le mosse, è stata anche la sotterranea «presunzione di strumentalità dell’iniziativa impugnatoria della parte» [58], ipertrofica, inconsistente e mirata a procrastinare l’iter giudiziario con evidenti «ritorsioni sull’appello» [59]. L’iperestensione temporale del processo penale ha finito per proiettare sulle impugnazioni giudizi che ne hanno deteriorato la connotazione garantistica di rimedi contro i vizi della sentenza, rappresentandole, appunto, come «abusi del processo», collocabili «nella fascia grigia dei modi in cui si adoperano i diritti di difesa e le prerogative garantite dalla legge» [60]. Allo stesso modo, le istanze astratte di efficienza e funzionalità hanno assunto contenuti pedagogico-rieducativi delle disfunzioni della prassi [61]: allo scopo di omologare le caratteristiche degli atti introduttivi dei vari [continua ..]


5. La specificità al servizio della manifesta infondatezza?

La lettura contestuale dell’art. 546 e dell’art. 581 c.p.p. conferma i tratti di una correzione “ortopedica” da parte della l. n. 103/2017, effettuata al duplice scopo di garantire la chiarezza espositiva e l’intellegibilità del provvedimento e di disegnare la piattaforma argomentativa utile a orientare i successivi controlli in appello e in Cassazione, mentre in parallelo, la più dettagliata descrizione argomentativa è valsa ad accrescere gli oneri dell’impugnante sotto il profilo della specificità dei motivi [71]. Non si è trattato di novità assolute, posto che già in precedenti tentativi di riforma era emersa la necessità di «uno schema legale vincolato» della decisione a base di un più penetrante controllo di ammissibilità ex artt. 581 e 591 c.p.p. e di una migliore determinazione del devolutum [72] nel contesto di una riscrittura che, sin dall’elaborato della Commissione Canzio [73], ha avuto di mira l’obiettivo, ripreso pure dalla Commissione Lattanzi [74] (e nuovamente abbandonato nel testo definitivo della l. n. 134/2021) di trasformare l’appello in mezzo di impugnazione a critica vincolata, sulla falsariga del ricorso per Cassazione. La sintesi “Bonafede-Cartabia” condivide questa ottica selettiva, attratta da filtri alle due impugnazioni progressivamente omologate e dalla pretesa di scartare gli atti affetti, oltre che da mancanza di specificità, anche dalla manifesta infondatezza delle ragioni. Eppure, l’inammissibilità dell’atto per manifesta infondatezza dei motivi non appare necessaria [75], né le stesse “Sezioni Unite Galtelli” la hanno formalmente imposta, avendo ben presente la diversità concettuale tra specificità dei motivi e manifesta infondatezza degli stessi nel punto in cui si è affermato che il sindacato del secondo giudice «sull’ammissibilità dei motivi proposti non può estendersi – a differenza di quanto accade nel giudizio di legittimità e nell’appello civile – alla valutazione della manifesta infondatezza dei motivi stessi [76]». In effetti, sulla scelta deflativa contenuta nella l. n. 103/2017 ha dispiegato palesi influenze pure la riforma del processo civile che ha individuato filtri di inammissibilità [continua ..]


6. Specificità, devoluzione e cognizione del giudice di appello

Eppure, nel codice del 1988 sono stati scolpiti con nettezza i tratti della razionalità e della semplificazione delle modalità di proposizione delle impugnazioni, anche attraverso la concentrazione in un unicum di dichiarazione e motivi nonché attraverso il parallelo rafforzamento dell’inammissibilità. È vero, infatti, che la critica espressa nell’atto d’appello è libera [92], nel senso che non esistono motivi predeterminati per poter appellare, ma è altrettanto vero che tale libertà non può ignorare le regole generali risultanti dagli artt. 581 e 591 c.p.p. Le doglianze contenute nell’atto di impugnazione non possono essere generiche o pretestuose: dovendo fornire una «plausibile segnalazione dell’ingiustizia del provvedimento», occorre cioè che questa “segnalazione” offra «un minimum di garanzia di serietà, senza far correre il rischio di trovarsi a un certo punto di fronte ad una sequela di attività processuali sprecate» [93]. In questa dimensione l’art. 581 c.p.p., anche nella formulazione precedente alla “riforma Orlando”, chiariva appieno la struttura logica dell’atto mediante la stretta sintesi tra devolutum, richieste e motivi, responsabilizzando le parti anche a migliorarne la qualità in funzione del giudizio successivo [94]. Il principio della domanda, l’effetto devolutivo e il diritto di difesa hanno cioè da sempre ispirato in concreto i requisiti formali degli atti [95]. Anzi, la precisa determinazione della legittimazione soggettiva, della forma, dei contenuti e dei termini, presidiata in generale dall’inammissibilità ex art. 591 c.p.p. con specificazioni ulteriori della sanzione in relazione ai singoli rimedi [96] è valsa a legare inscindibilmente il vaglio di ammissibilità e l’assetto della devoluzione. Potrebbe affermarsi che l’ammissibilità, la devoluzione e la cognizione del giudice di secondo grado delineino l’oggetto tipico del giudizio di appello: esse «assumono una consistenza uniforme, influenzandosi a vicenda» [97]. Ciò significa che ogni rimodulazione dei profili dell’ammissibilità dell’atto è destinata inevitabilmente a lambire il tratto devolutivo e cognitivo del giudizio di appello [98], così come [continua ..]


7. L’accesso al giudice: argine antiformalistico contro l’inammissibilità imprevedibile

Un dato certo è che non ci si possa oramai esimere dal bilanciare le spinte efficientistiche presenti pure nella l. n. 134/2021 con gli individuati assetti sistematici, tenendo anzitutto in considerazione gli auspici verso un’«impugnazione utile, orientata dal criterio selettivo dell’interesse» [125] e dovendosi nel futuro prossimo nuovamente individuare limiti all’appello del pubblico ministero [126]. Intanto, è necessario aprirsi a un’informatizzazione efficiente (e non compressiva dei diritti processuali) così come farsi meglio carico di una cartolarità disponibile del giudizio di appello [127]. Tutte le spinte legate alla celerità devono invece arrestarsi di fronte alla garanzia di accertamento a tutt’oggi assegnata al giudice di seconda istanza e allo stesso tempo, per quello che più da vicino ci interessa, appare impossibile cedere a lusinghe che mischino e confondono inammissibilità e merito. In particolare, preoccupa, nelle indicazioni della l. n. 134/2021, la pretesa oltre che di motivi specifici, anche della denuncia di un errore in fatto o in diritto contenuto nella sentenza di primo grado, in quanto essa potrebbe compromettere a monte l’esito dell’impugnazione nonché la ricostruzione del fatto e l’individuazione della pena tipici del giudizio di appello [128]. Deve evitarsi che l’ulteriore rafforzamento della specificità nella delineazione dei motivi a contenimento delle impugnazioni generiche o vaghe produca sull’appello il medesimo effetto di “forbice selettiva” già riservato al vaglio di legittimità [129], ove tuttavia, è bene ribadirlo, i motivi sono predeterminati per legge. La distinzione fra le cause di inammissibilità dell’appello e l’infondatezza dei motivi va mantenuta salda, anche quando quest’ultima fosse “manifesta”, non potendo valere in appello la regola contemplata nell’art. 606, comma 3, c.p.p. In un quadro di netta separazione fra inammissibilità volta a inibire l’esame nel merito e infondatezza che questo esame invece esige e contempla [130], scelte legislative di confusione dei piani rischierebbero di realizzare un «furto del linguaggio» capace di travolgere il significato delle categorie processuali al fine esclusivo di decimare numericamente i giudizi di [continua ..]


NOTE
Fascicolo 1 - 2022