Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Evoluzioni della giustizia riparativa nel sistema penale (di Valentina Bonini, Professore associato di Diritto processuale penale – Università di Pisa)


Alla luce della presenza di molteplici istituti che in modo più o meno diretto rievocano logiche riparative, si è posta la necessità di delineare una disciplina organica, che, sulla scorta delle linee guida sovranazionali, consenta di cogliere e sviluppare le potenzialità di un nuovo paradigma di giustizia: oltre ad una cornice definitoria e di principi generali, necessari per evitare che i congegni riparativi non trovino adeguata applicazione, la riforma offre per la prima volta una disciplina operativa volta ad identificare la figura del mediatore penale e a regolare l’istituzione di servizi di giustizia riparativa sul territorio nazionale.

Parole chiave: giustizia riparativa, mediatore penale.

Evolutions of Restorative Justice in Criminal Matters

The presence of legal tools based on restorative approaches or recalling restorative logics needs to be addressed with an organic discipline. The supranational documents offer useful guidelines to point out the specific features of this new paradigm of justice: definition, aims, basic principles, and guarantees must be clearly set down to avoid improper use of restorative mechanisms, at the same time being necessary to provide an operative regulation to define the mediator’s status and the configuration of restorative justice services on the national territory.

SOMMARIO:

1. Premessa: il rilievo della giustizia riparativa nella riforma - 2. Le innervature riparative nell’attuale sistema e le prospettive di ampliamento - 3. L’utilità di una disciplina organica e la traccia offerta dalle linee-guida sovranazionali - 4. Le garanzie: tra giusto incedere riparativo e giusto processo penale - 5. Le condizioni operative: il mediatore e i servizi di giustizia riparativa - NOTE


1. Premessa: il rilievo della giustizia riparativa nella riforma

Nell’ambito di una riforma della giustizia penale che, seppure abdicando ad una prospettiva di sistema, si connota come intervento ad ampio raggio [1], uno spazio tutt’altro che insignificante viene riconosciuto alla giustizia riparativa [2]. Già il titolo della l. 27 settembre 2021, n. 134, nell’offrire indicazioni sugli obiettivi della disciplina, vi aggiunge un richiamo tematico dedicato proprio alla giustizia riparativa: questa scelta non vale solo a sottolineare il rilievo che la restorative justice assume nella prospettiva della riforma, ma consente anche di autonomizzarla dal resto dell’intervento legislativo, il quale è racchiuso (e, per certi versi, compresso) nella logica della «efficienza del processo penale» e della «celere definizione dei procedimenti giudiziari» a cui fa riferimento il nomen della l. n. 134/2021. Del resto, la giustizia riparativa non persegue una finalità di accelerazione e di efficienza, piuttosto proponendo un paradigma alternativo di gestione delle conseguenze della vicenda penale: certo, al processo riparativo possono seguire effetti utili a defatigare la macchina della giustizia penale, ma le ricadute deflative, collocandosi in chiave del tutto eventuale, non assurgono a funzione dei meccanismi riparativi [3]. L’attenzione riservata alla materia da parte del legislatore del 2021 affiora anche da una scelta che raramente compare negli interventi dedicati alla giustizia penale: il comma 19 dell’art. l. n. 134/2021 libera risorse economiche già a far tempo dal 2022 per dare attuazione alle disposizioni concernenti la giustizia ripartiva. La somma stanziata, pari a 4.438.524 euro annui, pur sideralmente lontana dall’im­pegno economico assunto per il funzionamento dell’ufficio per il processo penale, non può dirsi di per sé irrisoria. Se il titolo e la voce di bilancio rappresentano mere spie dell’interesse riservato alla restorative justice nell’impianto di riforma, i contenuti normativi ne danno conferma. Con un’ampiezza nuova al legislatore italiano, il comma 18 reca delega per la predisposizione di un «disciplina organica della giustizia riparativa» e detta criteri direttivi che guardano tanto alla cornice dei principi, quanto al quadro degli strumenti, senza trascurare i meccanismi operativi. Qui sta, senza dubbio, l’hard core della disciplina con [continua ..]


2. Le innervature riparative nell’attuale sistema e le prospettive di ampliamento

Al nostro ordinamento non sono ignoti scampoli di giustizia riparativa che negli anni sono stati offerti al “mercato” degli strumenti serventi obiettivi di alleggerimento dell’intervento penale. Sia scorrendo i corpi codicistici (penale [4] e processuale penale [5]), sia leggendo alcune leggi speciali [6], è possibile imbattersi in istituti che, per struttura e scelte terminologiche, rievocano in modo più o meno ravvicinato le logiche riparative. Esse, generalmente relegate entro spazi normativi residuali, in alcuni settori della giustizia penale hanno trovato un terreno fertile o hanno avuto un riconoscimento normativo più robusto [7]: così nel processo penale a carico dell’imputato minorenne [8] sono maturate importanti e diffuse sperimentazioni, che hanno arricchito lo strumentario a disposizione degli operatori della giustizia minorile; in altri casi le logiche riparative e conciliative, pur assurte al rango di principio informatore, come accaduto nel procedimento penale davanti al giudice di pace [9], non sono riuscite ad irradiare di luce nuova un settore della giustizia penale che, al netto dei proclami legislativi, non si è visto consegnare strumenti, condizioni operative e percorsi formativi necessari a lavorare nel segno del principio conciliativo [10]. Insomma, non sono rari gli addentellati normativi che costruiscono “istituti ospiti” della restorative justice, attraverso il richiamo ora alla riparazione, ora al risarcimento e alla rimozione delle conseguenze dannose, fino a rievocare conciliazione e mediazione: essi, però, vanno a comporre un quadro scomposto e frammentario ove le pratiche riparative prendono forma, rilievo e significati diversi [11]. Chiara è, ad esempio, la differente caratura riparativa rispettivamente nell’art. 162-ter c.p. e nell’art. 168-bis c.p.: nel primo il processo riparativo è trattato come un ospite scomodo e poco gradito rispetto ad un obiettivo deflativo più agilmente raggiungibile attraverso la mera condotta riparatoria, che può essere valutata soddisfacente indipendentemente dal percorso – dialogico o meramente solipsistico – che l’ha preceduta. Diversamente, la messa alla prova processuale attribuisce rilievo esplicito alla mediazione tra vittima e imputato, oltre che alle prestazioni risarcitorie e riparatorie, costruendo una [continua ..]


3. L’utilità di una disciplina organica e la traccia offerta dalle linee-guida sovranazionali

In un panorama così eterogeneo e stratificato la giustizia riparativa fatica a trovare riconoscimento e vitalità applicativa: la mancata individuazione dei tratti essenziali del paradigma riparativo ne rende confusa la sostanza, lasciando fiorire soluzioni che appiattiscono le logiche dell’incontro conciliativo su più tradizionali risposte risarcitorie unilateralmente eseguite; inoltre, gli operatori della giustizia penale guardano con diffidenza all’uscita dai rassicuranti steccati della legalità del processo per addentrarsi sul terreno pressoché inesplorato dei percorsi riparativi. La disciplina organica richiesta al legislatore delegato risponde, quindi, ad un’esigenza di sistemazione generale e di concreta funzionalità. L’ambizioso obiettivo di costruzione di una cornice giuridica viene reso in certa misura più agevole da un orizzonte sovranazionale composto da documenti in grado di offrire coordinate utili a delineare «nozione, principali programmi, criteri di accesso, garanzie, persone legittimate a partecipare, modalità di svolgimento dei programmi e valutazione dei suoi esiti, nell’interesse della vittima e dell’autore del reato», come richiesto dall’art. 1, comma 18, lett. a), l. n. 134/2021. La legge delega richiama espressamente la Direttiva 2012/29/UE dedicata alla vittima di reato, che rappresenta la sola fonte di hard law recante previsioni sulla giustizia riparativa, e rinvia, altresì, ai «principi sanciti a livello internazionale», tratti da fonti che, pur prive di forza cogente, sono dedicate specificamente alla restorative justice. Come già puntualizzato nella Relazione esplicativa dei lavori della Commissione Lattanzi, si dovrà guardare alla Raccomandazione CM/Rec(2018)8, concernente la giustizia riparativa nella materia penale [18], e alla Risoluzione delle Nazioni Unite, ECOSOC 2002/12, recante Principi base nell’uso dei programmi di giustizia riparativa nella materia penale (d’ora in poi, Principi base) [19]. Peraltro, la Raccomandazione del 2018 ha trovato recente rivitalizzazione con la Dichiarazione dei Ministri della Giustizia degli Stati membri del Consiglio d’Europa sul ruolo della giustizia riparativa in materia penale, adottata a Venezia il 14 dicembre 2021, con la quale si è invitato il Consiglio d’Europa ad «incoraggiare e assistere i [continua ..]


4. Le garanzie: tra giusto incedere riparativo e giusto processo penale

È nei punti di contatto e di scambio tra giustizia riparativa e giustizia penale tradizionale che si collocano taluni profili di particolare delicatezza, facendosi difficile da maneggiare il rapporto tra due paradigmi tra loro così distanti: il primo – diretto a superare conseguenze offensive del reato attraverso l’incontro e il dialogo interpersonale – è improntato alla massima informalità, mentre il secondo – volto ad accertare fatti e responsabilità da cui può conseguire l’irrogazione di una sanzione incidente sulla libertà personale – è guidato da forti logiche di legalità e dalla costante tensione verso l’equilibrio tra poteri autoritativi e garanzie della persona [36]. La distanza ontologica tra i due paradigmi di reazione all’illecito convive con momenti di intersezione tra gli stessi e rende difficile, ma imprescindibile, confrontarsi con il tema delle garanzie, come richiesto dal delegante al comma 18, lett. a) e lett. d). In proposito, sono due i crinali di analisi che debbono essere seguiti: da un primo punto di vista assumono rilievo le garanzie di contesto interne ai percorsi riparativi, funzionali ad assicurarne sviluppi coerenti con le caratteristiche di fondo; in secondo luogo, quando vi sia un contatto tra giustizia ordinaria e restorative justice, dovrà verificarsi che quest’ultima non produca attriti rispetto al quadro delle tutele costituzionali dettate per il processo penale. La legge n. 134/2021 segna solo in parte la strada da seguire per creare un “giusto processo riparativo”, richiamando un set di garanzie in linea con le previsioni sovranazionali, mentre pare più avara di indicazioni che possono rilevare nelle pur delicate intersezioni tra percorsi riparativi ed incedere processuale (od esecutivo). La lett. d) del comma 18 individua momenti di tutela che si collocano tanto nella fase introduttiva, quanto nel corso dell’incedere dialogico: una compiuta, tempestiva ed effettiva informazione sui servizi disponibili, rinforzata da un’assistenza linguistica per il partecipante alloglotta, è presidio di un diritto di accesso alla giustizia riparativa che fa capo ad accusato e vittima [37]. Spetterà al delegato individuare chi, quando e con quali contenuti è chiamato a dare corpo a tali diritti informativi, che molto difficilmente coglieranno nel [continua ..]


5. Le condizioni operative: il mediatore e i servizi di giustizia riparativa

L’esigenza di indossare lenti diverse da quelle abitualmente inforcate dal giurista, quando si guardi alla reazione al reato in una prospettiva riparativa, richiederà un impegno culturale condiviso da tutti gli operatori della giustizia penale. La capacità di comprendere caratteristiche distintive, obiettivi, potenzialità e limiti della restorative justice dovrà essere acquisita da magistrati, avvocati, polizia giudiziaria e personale dei servizi della giustizia, arricchendo la propria formazione di una nuova sensibilità, oltre che di nuove competenze [54], in mancanza delle quali ogni riforma in materia rischia l’appiattimen­to sulle categorie tradizionali. Ad una formazione rivolta a tutti le figure operanti nel processo e nell’esecuzione penale, dovrà poi aggiungersi uno specifico training, cui far conseguire il riconoscimento giuridico degli operatori della giustizia riparativa. Un freno che sino ad oggi ha limitato lo sviluppo di pratiche riparative è la mancanza di riferimenti normativi di rango ordinario [55] riguardanti il mediatore e i servizi di giustizia riparativa. La l. n. 134/2021 chiama il legislatore delegato a porre rimedio a questa lacuna, attraverso una disciplina che dovrà regolamentare la figura del mediatore e l’articolazione dei servizi per la giustizia riparativa. Così, dovranno essere costruiti nuovi e specifici percorsi formativi, che si caratterizzino per una dimensione olistica e trans-disciplinare in grado di assicurare l’acquisizione delle competenze necessarie per offrire un elevato livello qualitativo di conduzione del percorso mediativo: conoscenze giuridiche, competenze psicologiche e criminologiche, abilità comunicative e gestionali del conflitto dovranno essere acquisite in ossequio alle caratteristiche della restorative justice, come luogo dell’incontro e del dialogo e come ambiente neutrale in grado di prestare eguale attenzione ai bisogni della vittima e dell’accusato, nel segno di una equiprossimità che è sconosciuta a qualsiasi altro operatore della giustizia penale [56]. Una disciplina attenta ed uniforme della formazione fungerà da base per il riconoscimento giuridico della figura del mediatore penale: le direttive della l. n. 134/2021 sono sul punto assai generiche e lasciano al delegato il compito di conformare status e ruolo del mediatore. Quanto al ruolo, [continua ..]


NOTE
Fascicolo 1 - 2022