Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Prospettive e tempi della digitalizzazione del processo (di Francesca Delvecchio, Ricercatore di Diritto processuale penale – Università di Foggia)


La riforma Cartabia preannuncia l’arrivo del processo penale telematico. Il contributo ne analizza la provvisoria configurazione, così come risultante dalla trama della legge delega, fornendo altresì alcune indicazioni al delegato per un’attuazione meditata, che sappia tesaurizzare il portato degli sviluppi tecnologici, garantendo innesti armonici con i valori fondamentali del giusto processo.

 

The prospectives and timeline of telematic criminal trial

The Cartabia reform heralds the arrival of the telematic criminal trial. The contribution analyzes the temporary configuration, as well as resulting from the plot of the delegation law, also providing some guidance to the legislator for a pondered implementation, which knows how to enhance the scope of technological developments, ens.

SOMMARIO:

1. Prime osservazioni sulla delega per il processo penale telematico - 2. L’atto nativo digitale: il primo step verso il fascicolo elettronico - 3. Verso un regime di obbligatorietà dei depositi telematici - 4. Un restyling necessario per notificazioni e comunicazioni - 5. I rimedi previsti in caso di malfunzionamenti - 6. I tempi e i modi della transizione digitale - NOTE


1. Prime osservazioni sulla delega per il processo penale telematico

Il processo penale telematico, più volte impropriamente evocato dal legislatore negli ultimi anni, prende finalmente forma fra le pieghe della l. 27 settembre 2021, n. 134 [1]. Si tratta di una visione ancora sfocata, che passa attraverso le maglie dei principi e dei criteri direttivi della legge delega, ma che preannuncia una rivoluzione epocale, per più di una ragione. La prima è pragmatica e concreta: la digitalizzazione rappresenta, infatti, il traino dell’intera riforma Cartabia, uno – se non lo – strumento essenziale per ridurre i tempi del processo del 25%, così come previsto nel P.N.R.R. [2]. Del resto, che l’informatizzazione costituisca la chiave di volta per rendere più celere ed efficiente la giustizia penale appare confermato dai lavori preparatori della stessa l. n. 134/2021. Snodandosi attraverso un iter legislativo del tutto peculiare, la riforma Cartabia ha condotto in porto uno “schema” di legge delega in 32 punti nato sotto l’egida del primo governo Conte tra la fine del 2018 e la prima metà del 2019, poi rivisitato pressoché integralmente dal governo Conte bis nel febbraio 2020 con la presentazione del d.d.l. A.C. 2435 (c.d. riforma Bonafede). Gli ulteriori avvicendamenti politico-istituzionali, intrecciandosi con l’emergenza sanitaria, hanno infine portato all’elaborazione della l. n. 134/2021 da parte del governo Draghi, con l’ausilio dei lavori della Commissione Lattanzi [3]. Questa stratificazione – ideologica, ancor prima che normativa – è ben visibile in molte parti del provvedimento in commento, per certi versi snaturato rispetto al quadro originario; ma non anche in relazione alla digitalizzazione, che ha invece rappresentato un comune denominatore costante e, anzi, è stata progressivamente potenziata ad ogni passaggio parlamentare, come si avrà modo di verificare più avanti. Sarebbe quindi riduttivo guardare al processo penale telematico in arrivo semplicemente come una risposta ai desiderata europei; il progetto, piuttosto, sembra testimoniare come sia finalmente maturata la consapevolezza che il passaggio dall’analogico al digitale sia ormai una tappa obbligata per garantire efficienza e resilienza al nostro sistema processuale, ma anche per migliorarne la qualità, in termini di accesso alla giurisdizione, ragionevole durata, trasparenza, [continua ..]


2. L’atto nativo digitale: il primo step verso il fascicolo elettronico

Con un promettente incipit, l’art. 1, comma 5, lett. a), l. n. 134/2021 apre il processo penale all’atto nativo digitale. Il primo criterio direttivo, infatti, impone di disciplinare le modalità che consentiranno di creare e conservare gli atti processuali in formato elettronico, garantendo la loro autenticità, integrità, leggibilità, reperibilità e, se previsto dalla legge, segretezza. Si tratta di un emendamento apportato dalla Commissione Lattanzi, poi confermato dalla l. n. 134/2021 e preannuncia un decisivo cambio di passo verso una effettiva transizione digitale [10]. Sarebbe stato illogico, infatti, predisporre una disciplina per la circolazione e la conservazione degli atti processuali elettronici senza prevedere, a fortiori, l’atto nativo digitale quale standard nella gestione documentale. Sino a prima della pandemia, nei (pochi) casi in cui si ammetteva la trasmissione telematica degli atti del processo (ex art. 16 d.l. 18 ottobre 2012, n. 179), la notificazione doveva essere preceduta dalla trasformazione per scansione dei documenti cartacei. Alla stessa logica rispondeva il fascicolo elettronico formato tramite TIAP, anch’esso basato sulla scansione manuale degli atti analogici [11]. La digitalizzazione “derivata”, però, finiva per appesantire gli adempimenti burocratici piuttosto che semplificarli, sterilizzando di fatto i vantaggi della dematerializzazione. La legislazione emergenziale dell’ultimo biennio ha parzialmente rimediato a questa impasse, istituendo il Portale Deposito atti Penali (PDP) [12], ove i difensori devono depositare istanze, memorie, documenti e richieste di cui all’art. 415-bis, comma 3, c.p.p. (ex art. 24, comma 1, d.l. n. 137/2020) esclusivamente in formato digitale originario. L’atto deve essere in pdf e ottenuto da una trasformazione di un documento testuale, non è ammessa la scansione di immagini e va sottoscritto con firma digitale assicurando, in tal modo, la sua paternità [13]. Il sistema di trasmissione, inoltre, utilizzando algoritmi di cifratura asimmetrica e chiavi di sessione cifrate, garantisce la sicurezza e la protezione dei dati trasmessi [14]. Alle stesse regole tecniche soggiacciono tutti gli atti di impugnazione comunque denominati, le opposizioni e i reclami, pur seguendo modalità di trasmissione differenti [15]. Va detto, invero, che la regola [continua ..]


3. Verso un regime di obbligatorietà dei depositi telematici

Definita la possibilità (rectius: necessità) di formare atti e documenti in modalità telematica, l’art. 1, comma 5, lett a), l. n. 134/2021, detta criteri in tema di circolazione degli atti processuali, con riferimento, innanzitutto, al deposito. Si stabilisce, più nel dettaglio, che in sede di attuazione della delega si preveda che il deposito di atti e documenti venga effettuato con modalità telematiche in ogni stato e grado del procedimento, facendo salva la possibilità del deposito tradizionale per gli atti che le parti compiono personalmente. Questa direttrice deve essere letta unitamente a quella che richiede l’abrogazione degli artt. 582, comma 2, e 583 c.p.p. e il coordinamento della disciplina del deposito degli atti di impugnazione con quella «generale» prevista per tutti gli atti processuali [ex art. 1, comma 13, lett. b)] [21]. Da un’interpretazione sistematica del provvedimento, dunque, sembra evincersi la volontà del delegante di creare un unico canale di deposito; non vengono però specificate le «modalità telematiche» prescelte: l’espressione utilizzata, assai generica, potrebbe far riferimento tanto a sistemi di gestione documentale diffusi come la PEC, quanto a sistemi centralizzati come il Portale deposito. Con riferimento all’ambito applicativo, poi, la legge delega ripropone la nozione onnicomprensiva di cui supra, richiamando, pertanto, sia gli atti che i documenti, e stabilendo il principio della obbligatorietà dell’invio/deposito telematico a regime. Il cambiamento di prospettiva proposto dal delegante appare incoraggiante [22]. Si ricorderà come, sino a prima della pandemia, le norme codicistiche escludessero la possibilità di depositare atti o documenti in via telematica: si pensi, in via esemplificativa, alle memorie e alle richieste, presentate «mediante deposito in cancelleria» (art. 121 c.p.p.); o, ancora, si consideri un’impugna­zione, depositata «nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato» (art. 582 c.p.p.) o a mezzo posta (art. 583 c.p.p.). Di certo i decreti-legge per il contrasto alla pandemia hanno impresso una netta inversione di tendenza; il risultato finale, però, è poco più di un semilavorato che il delegato potrà importare solo dopo attenta rivisitazione. Complice la [continua ..]


4. Un restyling necessario per notificazioni e comunicazioni

La progettanda disciplina delle notificazioni e comunicazioni telematiche, benché racchiusa, assieme ai depositi, in un’unica direttiva di delega [lett. a)], merita tuttavia di essere esaminata in modo più analitico. Del resto, è ben noto come una delle principali cause di rallentamento del processo vada rintracciata proprio in un sistema di notificazione farraginoso, che ammette il ricorso alle modalità telematiche solo per le notificazioni a cura della cancelleria a persona diversa dall’imputato, nei casi di cui agli artt. 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, c.p.p., e limitatamente ai procedimenti dinanzi ai Tribunali e alle Corti di appello (ex art. 16 d.l. n. 179/2012); non contemplate, invece, le comunicazioni elettroniche tra uffici giudiziari [29], nonché le comunicazioni e notificazioni delle parti private, fra loro o verso l’autorità giudiziaria [30]. Dinanzi a questo quadro non stupisce che, allo scoppio dell’emergenza sanitaria, il legislatore abbia subito puntato ad implementare il sistema, generalizzando l’uso della PEC per tutti gli uffici giudiziari ed estendendo anche la platea dei destinatari sino a ricomprendere l’imputato [31]. Inserendosi in questo solco, e nell’ottica di stabilizzare, razionalizzandoli, gli istituti pandemici, la legge delega opta per l’obbligatorietà delle modalità telematiche per tutte le notificazioni e comunicazioni, in ogni stato e grado del procedimento [lett. a)] [32]. La rigidità della previsione viene parzialmente attenuata in caso di malfunzionamenti ex art. 1, comma 5, lett. e), ovvero nell’ipotesi derogatoria di cui alla lett. d), prevedendosi la possibilità di ricorrere a mezzi di comunicazione alternativi. Quanto alle «modalità telematiche», non è ben chiara la posizione del legislatore delegante rispetto al vigente sistema di trasmissione PEC: il d.d.l. Bonafede espressamente prevedeva la possibilità di sperimentare anche soluzioni diverse dalla posta elettronica certificata [art. 2, comma 1, lett. f) e ss. d.d.l. A.C. 2435]; nella l. n. 134/2021 manca, invece, un’indicazione esplicita. Ciononostante, da una lettura complessiva della lett. a), specie nella parte in cui richiede la certezza dell’identità di mittente e destinatario, parrebbe evincersi l’intenzione di superare tale sistema, posto [continua ..]


5. I rimedi previsti in caso di malfunzionamenti

Tesaurizzando le criticità emerse in sede di prima sperimentazione del processo penale telematico nel corso della pandemia, l’art. 1, comma 5, lett. e), l. n. 134/2021 delega il governo a disciplinare le ipotesi di malfunzionamento dei sistemi informatici dei domini del Ministero della giustizia. La disposizione rappresenta un corollario del nuovo regime obbligatorio di circolazione degli atti processuali: per evitare che inconvenienti tecnici possano paralizzare l’attività giudiziaria e compromettere l’esercizio del diritto di difesa, il delegante ha evidentemente ritenuto necessario predisporre alcuni rimedi compensatori che fungano da contrappeso alla completa digitalizzazione del processo [37]. L’ipotesi considerata, peraltro, si è mostrata tutt’altro che infrequente: il Portale deposito, infatti, al di là degli entusiastici giudizi formulabili in astratto, non ha dato in concreto buona prova di sé. Secondo quanto segnalato dall’avvocatura, l’osservanza dei termini stabiliti dalle norme processuali è stata non di rado ostacolata da un sistema di accettazione lento, da difficoltà di accesso al sito e da altri problemi di funzionamento, uniti all’impossibilità, in alcuni casi, di ricevere assistenza [38]. A partire da queste disfunzioni, la riforma Cartabia prevede che, per i casi di malfunzionamento, il delegante debba predisporre soluzioni alternative ed effettive alle modalità telematiche [lett. e), n. 1]; istituire sistemi di accertamento e di registrazione dell’inizio e della fine del malfunzionamento [lett. e), n. 2]; fornire tempestiva notizia agli interessati e rendere pubblico sia il malfunzionamento che il ripristino delle ordinarie condizioni di funzionalità dei sistemi informatici [lett. e), n. 3]. Dalle indicazioni della legge delega parrebbe evincersi, in sostanza, l’intenzione di mettere a regime l’attuale assetto previsto nell’art. 24, commi 2-bis e 2-ter, d.l. n. 137/2020, come modificato, da ultimo, dal d.l. 31 maggio 2021, n. 77 [39], in base al quale il malfunzionamento del Portale, attestato dal Direttore generale per i servizi informativi automatizzati, comporta la proroga dei termini per il deposito al giorno successivo al ripristino della funzionalità del sistema. Fra le soluzioni possibili [40], riteniamo che tale proroga ope legis rappresenti un rimedio non [continua ..]


6. I tempi e i modi della transizione digitale

Con un apprezzabile approccio olistico, che guarda al processo penale telematico oltre che nella sua dimensione endoprocedimentale, anche nei suoi aspetti tecnici e organizzativi, la legge delega detta ulteriori direttive per una informatizzazione progressiva, che tenda ad armonizzare le regole tecniche con quelle procedurali [41]. Alla lett. c) si prevede, infatti, la necessità di una disciplina transitoria ispirata ai principi di gradualità, differenziazione e adeguatezza delle strutture amministrative centrali e periferiche [lett. c), n. 1]; che garantisca un «razionale coordinamento e successione temporale» tra l’impianto normativo vigente e le norme di attuazione della delega [lett. c), n. 2]; che coordini il processo di attuazione della delega con la formazione del personale coinvolto [lett. c), n. 3]. Tale direttiva va letta in uno con la previsione di cui alla lett. d): posta l’eterogenea disponibilità delle risorse economiche, tecnologiche e umane dei diversi uffici giudiziari sul territorio nazionale, e in virtù dei sopra richiamati principi di differenziazione e adeguatezza, la legge delega stabilisce che con regolamento ministeriale, previa consultazione con il Consiglio superiore della magistratura e il Consiglio nazionale forense, vengano individuati gli uffici e le tipologie di atti per cui potranno essere adottate modalità non telematiche di deposito, notificazione e comunicazione, nonché i termini di passaggio al nuovo regime digitale [42]. Ebbene, dal combinato disposto dei due criteri direttivi richiamati, sembra scorgersi una strategia in potenza meritoria, che punta ad una implementazione tecnologica “a geometria variabile”, tenendo in debita considerazione anche gli aspetti “accessori” della transizione telematica, come la manutenzione e l’adeguamento delle infrastrutture tecnologiche e l’alfabetizzazione digitale di magistrati, personale amministrativo e avvocatura [43]. Non va sottaciuto, al contempo, come la formulazione così lasca dei criteri direttivi finisca per fornire linee guida poco chiare e dalla dubbia efficacia cogente. Tale genericità potrebbe tradursi, nei fatti, in una transizione digitale a macchia di leopardo, che corre più veloce solo negli uffici giudiziari tecnologicamente avanzati o in quelli che dispongono di maggiori risorse, con tutto ciò che ne deriva in termini [continua ..]


NOTE
Fascicolo 1 - 2022