Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
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La delega orale al sostituto processuale: l'apprezzabile indirizzo della giurisprudenza di legittimità (di Samuele Michelagnoli)


Con la sentenza in commento, la Corte di cassazione, prendendo le distanze dall’orientamento espresso da Cass., sez. V, 26 aprile 2018, n. 26606, ritiene legittima la delega orale conferita dal difensore, di fiducia o d’ufficio, al sostituto processuale. Tuttavia – considerato il recente contrasto giurisprudenziale sorto all’interno delle sezioni della Corte di legittimità – la questione può ritenersi solo momentaneamente risolta.

The oral authorisation given by the defendant to the procedural substitute: the perspective of the Court of Cassation

The Court of Cassation, differently from what stated section V, n. 26606 published on the 26th of April 2018, legitimise the defendant to give the oral authorisation to the procedural substitute. Considering the currently debate within the Court of Cassation, the matter should be considered only temporarily solved.

SOMMARIO:

Il caso - La delega orale al sostituto processuale: le disposizioni previste nel codice di rito ed i principali orientamenti giurisprudenziali - Segue: la riforma dell’ordinamento forense e la delega orale conferita dal difensore di fiducia al sostituto processuale - La svolta della giurisprudenza di legittimità ed i pareri espressi dalla Commissione consultiva del Consiglio Nazionale Forense - Segue: il ritorno al passato delle pronunce più recenti - Conclusioni - NOTE


Il caso

Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Vicenza procedeva per i reati di esercizio abusivo della professione e truffa aggravata ai danni dello Stato nei confronti di A.S. Al contempo, il medesimo imputato veniva coinvolto in un altro procedimento incardinato presso il Tribunale di Venezia, per lesioni colpose gravissime (ex art. 590, comma 2, c.p.) ed esercizio abusivo della professione. Alla luce di ciò, la difesa di A.S.  eccepiva il conflitto positivo di competenza dinanzi al Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Vicenza, stante la contemporanea presenza di due procedimenti in capo al medesimo imputato [1]. Il G.u.p. del Tribunale di Vicenza pronunciava, quindi, l’ordi­nanza prevista dall’art. 30 c.p.p. e rimetteva gli atti alla Corte di cassazione. All’udienza all’uopo fissata dinanzi alla Corte di legittimità, per il difensore di fiducia dell’imputato presenziava un suo sostituto, il quale dichiarava di aver ricevuto delega orale. I giudici della prima sezione penale della Corte di cassazione, oltre a pronunciarsi sul conflitto di competenza, affrontano la questione riguardante la possibilità, per il difensore di fiducia, di delegare un proprio sostituto a svolgere attività difensiva dinanzi ad un giudice, mediante il conferimento di una semplice delega orale.


La delega orale al sostituto processuale: le disposizioni previste nel codice di rito ed i principali orientamenti giurisprudenziali

Ai fini dell’inquadramento del tema relativo alla delega orale conferita dal difensore, di fiducia o d’ufficio, al sostituto processuale, risulta utile considerare i principali riferimenti normativi codicistici ed extra-codicistici. A tal riguardo, assumono particolare importanza, da un lato, gli artt. 96 c.p.p. e 34 disp. att. c.p.p., dall’altro lato, l’art. 102 c.p.p. Quest’ultimo, rubricato “sostituto del difensore”, prevede la possibilità, sia per il difensore di fiducia che per quello d’ufficio, di nominare un sostituto, il quale eserciterà i diritti ed assumerà i doveri del difensore [2]. Il sostituto agisce, quindi, quale autentico difensore, sebbene l’incarico difensivo resti in capo al difensore titolare [3]. Quanto alla legittimità della delega verbale al sostituto processuale, il citato art. 102 c.p.p. impone una lettura combinata con gli artt. 96, comma 2, c.p.p. e 34 disp. att. c.p.p. In particolare, l’art. 96, comma 2, c.p.p. prevede due modalità di nomina del difensore di fiducia: con dichiarazione resa oralmente da parte dell’indagato (o imputato) all’autorità procedente ovvero con atto scritto. In quest’ultima ipotesi, la nomina dovrà essere consegnata dal difensore medesimo oppure spedita tramite raccomandata all’autorità procedente. Al contempo, l’art. 34 disp. att. c.p.p. opera un mero rinvio alle forme del medesimo art. 96, comma 2, c.p.p. per la designazione del sostituto del difensore. Relativamente alle modalità di nomina elencate nell’art. 96 c.p.p., la giurisprudenza di legittimità ha espresso tre diversi indirizzi interpretativi, di seguito sintetizzati [4]. Il primo orientamento, di carattere rigido, non ammette forme equipollenti alle formalità di nomina previste dall’art. 96, comma 2, c.p.p., che devono intendersi tassative. [5] Un secondo orientamento, più elastico rispetto al precedente, ritiene che l’art. 96 c.p.p. non sia una norma inderogabile ma «tipicamente ordinatoria e regolamentare, suscettibile, quindi, di una interpretazione ampia ed elastica in “bonam partem”» [6]; alla luce di ciò, avranno rilievo anche i comportamenti concludenti delle parti indicativi della presenza di un rapporto fiduciario tra avvocato e cliente [7]. Infine, un terzo [continua ..]


Segue: la riforma dell’ordinamento forense e la delega orale conferita dal difensore di fiducia al sostituto processuale

La l. 31 dicembre 2012, n. 247 ha fortemente innovato l’ordinamento professionale forense, riconoscendo la specificità della funzione difensiva nonché il ruolo sociale e costituzionale dell’Avvocatura (art. 1, comma 2, l.p.f.) [10]. Per comprendere funditus il problema della delega orale al sostituto processuale, occorre evidenziare il rapporto intercorrente tra il r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578 [11] e la l. n. 247 del 2012. A tal proposito, l’art. 65, comma 1, della novella in discorso, prevede che «fino alla data di entrata in vigore dei regolamenti previsti nella presente legge, si applicano se necessario e in quanto compatibili le disposizioni vigenti non abrogate, anche se non richiamate» (ossia, principalmente, quelle contenute nel r.d.l. n. 1578 del 1933). La dottrina ha censurato sin da subito la formulazione della norma, che ha complicato il compito dell’interprete «sotto il profilo dell’esatta descrizione del tipo di abrogazione in essa contemplata e, conseguentemente, del rapporto che alla luce di essa viene a stabilirsi tra la nuova disciplina e le disposizioni previgenti» [12]. L’ambigua formulazione dell’art. 65 è dovuta, in buona parte, alla scelta effettuata con la l. n. 247 del 2012, la quale ha optato per un cospicuo rinvio ad una serie di regolamenti da emanarsi su specifiche materie, ad opera di una pluralità di soggetti istituzionali, come il Ministero della Giustizia, il Consiglio nazionale forense, la Cassa di previdenza e i Consigli dell’ordine locali. Risulta evidente come il legislatore, mosso dall’intento di evitare lacune normative nel periodo transitorio, abbia preferito lasciare all’interprete il compito di discernere la disciplina precedentemente vigente da quella sopravvenuta. Sotto il profilo sistematico, inoltre, l’elasticità della dell’art. 65, comma 1, l. n. 247 del 2012 ha permesso al legislatore di evitare che la nuova legge professionale abrogasse la disciplina previgente in forza dell’art. 15 delle disp. prel. c.c., il quale prevede che «le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori per dichiarazione espressa del legislatore, o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l’intera materia già regolata da legge anteriore». A tal riguardo, se da un lato [continua ..]


La svolta della giurisprudenza di legittimità ed i pareri espressi dalla Commissione consultiva del Consiglio Nazionale Forense

La prassi giudiziaria incline ad ammettere la legittimità della delega orale al sostituto processuale è stata disattesa da una recente sentenza della Corte di cassazione [13], la quale, con un inaspettato overruling, ha (nuovamente) circoscritto l’ammissibilità di tale forma di delega al contesto dell’udienza. Il mutamento d’indirizzo deriva da una diversa interpretazione sia delle norme codicistiche che di quelle specificamente riguardanti la disciplina della professione forense. La Corte muove dalla premessa che la sostituzione processuale s’inquadri nello schema tipico della rappresentanza, ex artt. 1387 ss. c.c., per concludere che l’incarico al sostituto debba conferirsi con le forme previste per la nomina del difensore. [14]Sotto il profilo della normativa extra-codicistica, la Corte di legittimità ritiene che l’art. 9 del r.d.l. n. 1578 del 1933 non sia stato abrogato dalla l. n. 247 del 2012, «dal momento che l’art. 65 della legge suddetta fa salve le norme anteriori fino all’entrata in vigore dei regolamenti previsti dalla stessa legge (regolamenti che non risultano – allo stato – emanati) e dal momento che non risulta esercitata la delega prevista dall’art. 64 della medesima legge». La Corte ritiene, inoltre, che l’art. 14, comma 2, della nuova legge professionale forense non riguardi la fase processuale ma preveda la possibilità di sostituzione in forma orale solo al di fuori del processo, ossia nella fase stragiudiziale. Il tema della sostituzione processuale mediante delega orale – vista la sua prassi quotidiana ed essendo di primaria rilevanza pratica per gli avvocati – è divenuto di estrema attualità a causa del revirement giurisprudenziale. Difatti, la questione, pur non involgente un tema di portata dogmatica, ha suscitato una notevole eco in seno alla categoria forense, fino a determinare la reazione del Consiglio Nazionale Forense, che ha ufficialmente censurato l’inedito indirizzo giurisprudenziale sulla base di molteplici argomenti [15]. In primo luogo, il Consiglio ritiene che, in virtù dell’art. 15 delle preleggi, l’art. 14, comma 2, l. n. 247 del 2012, abbia tacitamente abrogato l’art. 9 del r.d.l. n. 1578 del 1933, alla luce dell’incompatibilità di contenuti tra la nuova e la vecchia [continua ..]


Segue: il ritorno al passato delle pronunce più recenti

Nel descritto dibattito ermeneutico s’inserisce l’ultimo indirizzo della giurisprudenza di legittimità. Con la sentenza in commento [18], la Corte coglie l’occasione per esprimere il suo parere sul tema, giungendo a conclusioni opposte rispetto a quelle avanzate dalla sentenza sopra esaminata. In premessa, la più recente pronuncia, rileva come l’art. 96, comma 2, c.p.p. sia sempre stato interpretato in modo ampio dalla giurisprudenza di legittimità, la quale ha considerato, in più occasioni, valida la nomina non rispettosa delle formalità indicate in detta disposizione. La Corte, nel tentativo di fornire un corretto inquadramento della questione, rammenta che prima dell’entrata in vigore della nuova legge professionale forense, la giurisprudenza negava la possibilità di conferire delega orale al sostituto processuale sulla base dell’art. 9 del r.d.l. n. 1578 del 1933. Tuttavia, a parere della Corte, la l. n. 247 del 2012, avrebbe mutato il contesto normativo posto a base del radicato indirizzo. Le motivazioni addotte nella sentenza in esame rispecchiano, in larga parte, quanto affermato dal Consiglio Nazionale Forense nei pareri citati. Così la facoltà di conferire delega orale al sostituto processuale risulterebbe in modo univoco dal tenore letterale dell’art. 14, l. n. 247 del 2012 e, una interpretazione diversa, contrasterebbe con il «dato logico-giuridico, per cui la designazione di un difensore sostituto risponde normalmente all’esigenza di sopperire all’impossibilità di presenziare all’udienza (o all’atto da compiere) da parte del difensore titolare». Inoltre, secondo la Corte di legittimità, la possibilità di conferire delega orale al sostituto processuale sarebbe giustificata sia dal ruolo sociale e costituzionale assunto dall’avvocato che da «un’esigenza di armonizzazione in ambito europeo» [19], ove una buona parte di Paesi (tra cui la Francia e l’Inghilterra) – come evidenziato anche dal C.N.F. – non richiedono la forma scritta. Sulla base di simili considerazioni, la Corte prende le distanze dall’opposto orientamento, secondo il quale la delega orale al sostituto riguardi soltanto l’ambito extra-processuale e non già quello strettamente processuale. Si ritiene, infatti, che tale conclusione risulti smentita dal [continua ..]


Conclusioni

La costruzione impostasi alla luce del più recente orientamento in materia deve ritenersi condivisibile. Ad avviso di chi scrive, le motivazioni espresse sia dal Consiglio Nazionale Forense che dalle ultime sentenze della Corte di legittimità, colgono nel segno, esprimendo una più concreta aderenza al dato normativo ex art. 14 l. n. 247 del 2012 e al ruolo sociale e costituzionale attributo all’avvocato dalla nuova legge professionale. Soprattutto nell’interpretazione dell’art. 96, comma 2, c.p.p., la giurisprudenza prevalente ha infine scelto di valorizzare l’esigenza di semplificazione, in conformità alle linee di fondo della nuova legge professionale forense e al favor defensionis. La vicenda, peraltro, non può ritenersi ancora definitivamente conclusa. È evidente che la sopravvenienza di un’eventuale pronuncia discordante rispetto alle ultime intervenute finirebbe per generare un’impasse da cui sarebbe possibile uscire solo con l’intervento delle Sezioni unite. Il tema, infatti, risulta di estrema rilevanza e non può essere lasciato in balia delle fluttuazioni giurisprudenziali, con il rischio di un vulnus ai diritti dell’imputato.


NOTE