Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

10/10/2017 - Cass., Sez. I, 10 ottobre 2017, n. 46562

argomento: decisioni in contrasto - esecuzione e ordinamento penitenziario

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Secondo il disposto dell’art. 656, comma 10 c.p.p. il pubblico ministero sospende l'esecuzione dell'ordine di carcerazione, trasmettendo gli atti al tribunale di sorveglianza per l’applicazione di una misura alternativa, se la pena detentiva da espiare, determinata ai sensi dell'art. 656, comma 4-bis c.p.p, anche se costituente residuo di maggior pena, non supera i tre anni ovvero i quattro anni nei casi previsti dall'art. 47-ter, comma 1 ord. pen., o i sei anni nei casi di cui agli artt. 90 e 94 del d.p.r. n. 309/ 1990.

La giurisprudenza di legittimità, avvalendosi di un criterio evolutivo nell’interpretazione dell’art. 656, comma 5 c.p.p., ha stabilito che, in considerazione del richiamo operato da tale disposizione all'art. 47 ord. pen., ai fini della sospensione dell'ordine di esecuzione correlata ad una istanza di affidamento in prova ai sensi dell'art. 47, comma 3 bis, ord. pen., “il limite edittale non è quello di tre anni, ma di una pena da espiare, anche residua, non superiore a quattro anni” (Cass., sez. I, 5 dicembre 2016, n.51864; Cass., sez. I, 12 settembre 2016, Trani, n. 37848).

La sentenza in esame si contrappone a tale orientamento, escludendo la possibilità di seguire in materia penale il canone dell'interpretazione evolutiva e affermando come la sospensione dell’ordine di carcerazione sia prevista unicamente prevista quando la pena residua da espiare non è superiore a tre anni, ad eccezione delle ipotesi previste dall'art. 47-ter, comma 1 ord. pen., e dagli artt.90 e 94 del d.p.r. n. 309/ 1990.