Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
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Processo penale e notifiche telematiche delle parti private: nuova “apertura” dei giudici di legittimità (di Danila Certosino, Ricercatore in Diritto processuale penale – Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”)


Le comunicazioni e le istanze difensive trasmesse a mezzo pec possono essere prese in considerazione dal giudice se poste alla sua attenzione, non trattandosi di atti irricevibili. Questo è il principio sancito dalla suprema Corte che, pur ribadendo il criterio generale secondo cui, nel processo penale, alle parti private non è consentito notificare, comunicare o inviare istanze all’autorità giudiziaria mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata, fornisce un’interpretazione che si colloca nel solco di quella parte di giurisprudenza volta a superare inutili formalismi e a consentire modalità alternative di trasmissione degli atti di parte.

Criminal trial and telematic notifications of private parties: new “opening” of the judges of legitimacy

Communications and defense petitions sent by certified e-mail can be taken into consideration by the judge if brought to his attention, since they are not inadmissible acts.

This is the principle sanctioned by the Supreme Court which, while reaffirming the general criterion according to which, in the criminal trial, private parties are not allowed to notify, communicate or send requests to the judicial authority through the use of certified e-mail, provides an interpretation that it takes its place among the part of jurisprudence aimed at overcoming unnecessary formalisms and allowing alternative ways of transmitting part documents.

Keywords: telematic notification – telematic criminal proceedings

Utilizzo della pec per la trasmissione di comunicazioni e istanze difensive Le comunicazioni e le istanze difensive trasmesse mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata possono essere prese in considerazione dal giudice se poste alla sua attenzione.   [Omissis] RITENUTO IN FATTO 1. Con atto del proprio difensore, F. ricorre avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Bologna del 27 dicembre 2019, che ha confermato quella del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rimini del 12 dicembre precedente, con la quale gli è stata applicata la custodia cautelare in carcere per i delitti di maltrattamenti e di lesioni personali in danno della sua compagna, nonché per il porto e la detenzione non autorizzati di una pistola clandestina. 2. Con unico motivo di ricorso, l’indagato eccepisce la nullità dell’udienza tenutasi dinanzi a quel Tribunale e degli atti consequenziali, tra cui l’ordinanza impugnata, a causa dell’omessa notificazione del relativo avviso di fissazione ad uno dei suoi due difensori di fiducia. Egli lamenta l’erroneità, e dunque la contrarietà alla legge, dell’ordinanza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto che la rinuncia al mandato difensivo da parte del primo difensore di fiducia da lui nominato (avv. C.), in quanto da questi trasmessa al giudice procedente tramite pec, non avesse spiegato alcun effetto: ond’è che la nomina fiduciaria in favore di altri due professionisti (avv. C. e M.), da lui successivamente operata, sarebbe rimasta improduttiva di effetti nei confronti del secondo di essi, al quale, pertanto, correttamente non era stato notificato l’avviso di fissazione dell’anzidetta udienza. Deduce il ricorrente che il Tribunale abbia fondato tale suo assunto su una giurisprudenza di legittimità non univoca e non pertinente, in quanto maturata con riferimento alla nomina del difensore, che è atto dell’imputato e per il quale l’art. 96, comma 2, c.p.p. prevede specifiche formalità, funzionali ad assicurare con certezza l’assistenza difensiva fiduciaria; formalità, invece, che non richiede il successivo art. 107, a tenore del quale è sufficiente che la rinuncia al mandato difensivo – che è atto del professioni­sta e non della parte venga sollecitamente comunicata all’autorità giudiziaria, implicitamente lasciando all’interessato, dunque, la scelta delle relative modalità. 3. Ha depositato requisitoria scritta il Procuratore generale, condividendo la lettura normativa rassegnata nell’ordinanza impugnata e, perciò, chiedendo di rigettare il ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Dev’essere ribadito il principio generale, ripetutamente affermato da questa Corte, secondo cui, nel processo penale, alle parti private non è consentito effettuare comunicazioni, [continua..]

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SOMMARIO:

1. La decisione - 2. La posta elettronica certificata: peculiarità ed introduzione nel processo penale - 3. L’impiego della pec ad opera delle parti private: contrasti interpretativi - 4. Riflessioni conclusive e prospettive di riforma - NOTE


1. La decisione

La sentenza in epigrafe offre lo spunto per affrontare un’annosa questione dottrinale e giurisprudenziale concernente la possibilità per le parti private di avvalersi di strumenti telematici nell’ambito del procedimento penale per effettuare comunicazioni, notificazioni ed istanze, analogamente a quanto avviene nel settore civile [1]. Nel caso di specie, con un unico motivo di ricorso, l’indagato ha eccepito la nullità dell’udienza tenutasi dinanzi al Tribunale del riesame di Bologna e degli atti consequenziali a causa dell’omessa notificazione del relativo avviso di fissazione ad uno dei due difensori di fiducia [2]. È stata, in particolare, lamentata l’erroneità e, dunque, la contrarietà alla legge dell’ordinanza impugnata, nella parte in cui si è ritenuto che la rinuncia al mandato difensivo da parte del primo difensore di fiducia, in quanto da questi trasmessa al giudice procedente tramite pec, non avesse spiegato alcun effetto; conseguentemente, la nomina fiduciaria effettuata successivamente dall’indagato in favore di altri due professionisti sarebbe rimasta improduttiva di effetti nei confronti del secondo di essi, al quale, ad avviso del giudice di merito, correttamente non era stato notificato l’avviso di fissazione dell’udienza in camera di consiglio. Secondo il ricorrente, il Tribunale del riesame avrebbe fondato il proprio convincimento sulla base di una “non univoca” e “non pertinente” giurisprudenza di legittimità maturata con riferimento alla nomina del difensore, che costituisce atto dell’imputato e per il quale l’art. 96, comma 2, c.p.p. prevede specifiche formalità, funzionali ad assicurare con certezza l’assistenza difensiva fiduciaria; formalità che, invece, non sono richieste dall’art. 107 c.p.p., ai sensi del quale è sufficiente che la rinuncia al mandato difensivo – in quanto atto del legale e non della parte – venga tempestivamente comunicata all’au­torità giudiziaria, lasciando all’interessato la scelta delle relative modalità. Investito della questione, il giudice di legittimità, pur ribadendo il principio generale secondo cui alle parti private non è consentito effettuare comunicazioni, notificazioni ed istanze mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata, ha precisato [continua ..]


2. La posta elettronica certificata: peculiarità ed introduzione nel processo penale

Per posta elettronica certificata si intende «ogni sistema di posta elettronica nel quale è fornita al mittente documentazione elettronica attestante l’invio e la consegna di documenti informatici» [3]. Secondo quanto previsto dal Codice dell’amministrazione digitale (cd. c.a.d.), così come successivamente modificato [4], «la trasmissione telematica di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna avviene mediante la posta elettronica certificata ai sensi del d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68» (art. 48, d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82), o mediante altre soluzioni tecnologiche individuate con decreto del presidente del Consiglio dei Ministri. La pec opera come un sistema di comunicazione simile alla posta elettronica tradizionale, che, tuttavia, «addiziona alcune caratteristiche di sicurezza e di certificazione della trasmissione che rendono i messaggi opponibili a terzi» [5]. Sebbene, infatti, la posta elettronica di tipo tradizionale si sia molto evoluta, non è detto che qualunque mail giunga a destinazione; il recapito potrebbe essere impedito per svariate ragioni e anche laddove il mittente richieda una conferma di consegna o di lettura del messaggio inviato, tale operazione è rimessa alla discrezionalità del destinatario, che potrebbe decidere di non inviarla. Rispetto ai “tradizionali” strumenti di corrispondenza elettronica, la pec presenta, invece, molteplici vantaggi, garantendo la tracciabilità e la trasparenza delle operazioni compiute [6]: è, infatti, possibile la trasmissione e ricezione da parte di un utente di un messaggio, ossia di un documento prodotto mediante strumenti informatici composto dal testo del messaggio, dai dati di certificazione e dagli eventuali documenti informatici allegati [7]. Sotto il profilo soggettivo l’impiego della posta elettronica certificata consente di avere certezza in ordine all’identità del mittente e del destinatario, prevedendo che i fornitori del servizio dispongano di responsabili preposti alla registrazione dei soggetti assegnatari della casella di posta elettronica e che l’accesso sia protetto con sistemi specifici di autenticazione [8]. Dal punto di vista oggettivo, si ha evidenza della consegna e della ricezione dei messaggi inviati, ivi incluse la data e l’ora; l’autenticità della [continua ..]


3. L’impiego della pec ad opera delle parti private: contrasti interpretativi

Se il ricorso alle notifiche telematiche da parte delle cancellerie nei confronti di persona diversa dal­l’imputato trova espressa disciplina legislativa, costituisce, invece, questione particolarmente controversa l’impiego dello strumento digitale ad opera delle parti private. Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale a queste ultime non sarebbe permesso «inviare mediante posta elettronica certificata atti di alcun genere» [27] per una duplice ragione. Innanzitutto, dalla norma che impone alle cancellerie di eseguire le notifiche mediante p.e.c. (art. 16, comma 4, d.l. n. 179 del 2012) deriverebbe – ad avviso dei giudici di legittimità – il divieto (implicito) per gli altri soggetti del processo di impiegare lo strumento telematico per comunicare con il giudice: «adoperando il canone interpretativo ubi lex voluit, dixit» [28], si sottolinea che la suindicata disposizione permetterebbe l’uso della corrispondenza “certificata” solo per le notifiche dell’autorità giudiziaria, «non avendo senso consentire espressamente l’utilizzo della p.e.c. alle cancellerie, se esso fosse consentito a tutti» [29]. L’atto così trasmesso dalle parti risulterebbe “irricevibile” e, quindi, inidoneo ad attivare in capo all’or­gano giudicante l’obbligo di pronunciarsi in merito [30]. In secondo luogo, sarebbero proprio le norme codicistiche ad escludere una simile possibilità per le parti private. Analizzando l’art. 121 c.p.p., emerge che le parti processuali possono presentare memorie e richieste rivolte al giudice solo mediante deposito in cancelleria, dal momento che l’impiego di strumenti tecnici idonei è riservato ai soli funzionari di cancelleria; pertanto, ad avviso del supremo Collegio, «quando il legislatore prevede una modalità tassativa di trasmissione (…) allora la pec va sicuramente esclusa» [31]. Sulla scorta di tale orientamento esegetico, la suprema Corte giunge, così, ad escludere che nel procedimento penale all’imputato ed al suo difensore sia consentito l’utilizzo della pec quale forma generalizzata di comunicazione o notificazione, ovvero per la presentazione di istanze [32]. Una soluzione che suscita perplessità, dal momento che l’inosservanza dei requisiti stabiliti dall’art. [continua ..]


4. Riflessioni conclusive e prospettive di riforma

Delineato l’excursus giurisprudenziale in tema di notificazioni telematiche delle parti private, risulta più agevole analizzare le conclusioni a cui è pervenuta la suprema Corte con la sentenza che si annota. La decisione in esame si colloca nell’alveo di quell’indirizzo interpretativo maggiormente estensivo orientato a non precludere l’utilizzo della pec delle parti private e si rivela particolarmente interessante nel tratto in cui, pur ribadendo il principio generale secondo cui a queste ultime non sarebbe consentito effettuare comunicazioni, notificazioni ed istanze mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata, postula che, non trattandosi comunque di atti irricevibili, le istanze difensive trasmesse via pec possono essere prese in considerazione dal giudice se poste alla sua attenzione. L’interpretazione elaborata dai giudici di legittimità nella pronuncia de qua appare condivisibile, essendo ispirata alla logica e al buon senso: l’atto difensivo, benché portato a conoscenza del giudice in maniera irrituale, ha realizzato lo scopo a cui era preordinato, senza alcun pregiudizio per eventuali esigenze concorrenti. Come correttamente rilevato, la ragione giustificatrice delle limitazioni all’uso dei “mezzi tecnici idonei” nelle comunicazioni tra i soggetti del procedimento «è quella di evitare dubbi sulla paternità degli atti che ne sono oggetto, al fine di garantire la certezza dei rapporti processuali»; nel caso di specie, avendo l’atto raggiunto il suo destinatario ed essendo stato da questi valutato, «appare del tutto irrazionale una vanificazione dei relativi effetti ex post, per di più nell’assenza di qualsiasi incidenza negativa sulle ragioni di altre parti o sulle esigenze di certezza e speditezza processuali». Un’ ulteriore considerazione si profila necessaria. L’art. 16, comma 4, d.l. n. 179 del 2012 pone un obbligo di espletamento delle notificazioni esclusivamente a mezzo pec a cura delle cancellerie, ma non contempla un esplicito divieto ad opera di altri soggetti processuali; pertanto, proprio il dato letterale della norma in esame dovrebbe indurre a prediligere l’orientamento interpretativo che estende anche alle parti private la possibilità di avvalersi di strumenti telematici per effettuare notificazioni. In ossequio alle regole di teoria generale del [continua ..]


NOTE
Fascicolo 4 - 2021