Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Corte costituzionale (di Giulia Mazza)


È costituzionalmente illegittima la preclusione assoluta di accesso alla detenzione domiciliare per i soggetti ultrasettantenni recidivi (Corte cost., sent. 31 marzo 2021, n. 56) Con la sentenza in esame, la Consulta è stata chiamata a pronunciarsi sulla questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost., dell’art. 47-ter, comma 1, ord. pen., nella parte in cui esclude che i soggetti ultrasettantenni che abbiano riportato condanne con l’aggravante della recidiva possano essere ammessi alla fruizione della detenzione domiciliare. Nello specifico, il Magistrato di sorveglianza di Milano, in qualità di giudice rimettente, ha in primo luogo censurato la violazione dell’art. 3 Cost., sotto il profilo della ragionevolezza. Ciò in quanto l’art. 47-ter, comma 1, ord. pen., nel vietare la concessione della misura ai condannati ultrasettantenni recidivi, introdurrebbe una presunzione di maggiore pericolosità derivante dalla mera applicazione nei loro confronti dell’aggravante. In proposito, il giudice a quo ha osservato che l’applicazione della recidiva esprimerebbe unicamente una valutazione di maggiore gravità del fatto commesso e dipenderebbe da fattori variabili, quali l’effettiva contestazione da parte dell’accusa e la discrezionalità del giudice nel riconoscerla. Anche ammettendo che essa implichi un giudizio di maggiore pericolosità, questo risalirebbe al tempo della condanna e non sarebbe pertanto attuale rispetto alle ragioni poste a fondamento della decisione sulla misura alternativa. Quanto al secondo parametro evocato, la disciplina contenuta nella norma in esame sarebbe in contrasto con l’art. 27, terzo comma, Cost., laddove non garantisce il principio di proporzionalità della pena, connesso alla funzione rieducativa affidata alla stessa. Investita di tali censure, la Corte costituzionale ne ha dichiarato la fondatezza. Questo, in sintesi, l’iter argomentativo seguito. In via preliminare, si è rilevato che l’art. 47-ter, comma 1, ord. pen. detta una disciplina più favorevole di quella fissata dal comma 1, lettera d), della medesima norma, che consente parimenti l’esecuzione domiciliare della pena della reclusione al condannato che abbia compiuto i sessant’anni, purché si tratti di pena, anche residua, non superiore a quattro anni, e il condannato sia inabile anche parzialmente. La Corte ha evidenziato che l’omessa previsione di tali condizioni per il condannato ultrasettantenne trova giustificazione nella duplice presunzione sottesa alla misura prevista dal comma 1 dell’art. 47-ter ord. pen.: da un lato, la diminuzione della pericolosità sociale del condannato che abbia raggiunto i settant’anni e la possibilità del contenimento di questa mediante l’obbligo di permanenza nel [continua..]

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Fascicolo 4 - 2021