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Sezioni Unite
di Teresa Alesci
Accoglimento dell’istanza di ricusazione del gup ed efficacia del decreto che dispone il giudizio
(Cass., sez. un., 23 dicembre 2020, n. 37207)
La Suprema Corte è intervenuta in merito all’efficacia del decreto che dispone il giudizio nell’ipotesi di accoglimento dell’istanza di ricusazione del gup. In precedenza, le Sezioni unite avevano già precisato che, in assenza di una espressa dichiarazione di conservazione della efficacia degli atti nel provvedimento che accoglie la dichiarazione di astensione o ricusazione, gli atti compiuti dal giudice astenutosi o ricusato devono considerarsi inefficaci (Cass., sez. un., 16 dicembre 2010, n. 13626). Eppure sull’ambito di applicazione di tale principio di diritto si sono formati due diversi indirizzi giurisprudenziali.
Un primo orientamento ritiene che la norma contenuta nell’art. 42, comma 2, c.p.p. è riferibile esclusivamente agli atti giurisdizionali aventi natura probatoria, rimanendo invece dotati di efficacia gli altri atti emessi dal giudice ricusato (Cass., sez. V, 15 giugno 2016, n. 34811; Cass., sez. V, 9 maggio 2019, n. 44120; Cass., sez. III, 16 luglio 2019, n. 35205).
Secondo un diverso indirizzo interpretativo, tutti gli atti compiuti in precedenza dal giudice astenutosi o ricusato sono inefficaci, senza distinzioni basate sulla loro natura e sulla connotazione funzionale. (Cass., sez. V, 14 aprile 2014, n. 16311; Cass., sez. VI, 18 febbraio 2015, n. 10160).
In via preliminare, la Suprema Corte precisa che l’art. 42, comma 2, c.p.p. pone una presunzione di inefficacia degli atti posti in essere dallo “iudex suspectus”, in assenza di una espressa dichiarazione di conservazione della efficacia degli atti nel provvedimento che accoglie la dichiarazione di astensione o di ricusazione.
Nel solco di tale contrasto giurisprudenziale, invero, si inserisce una ulteriore pronuncia delle Sezioni unite, che ha individuato, sul piano dogmatico, la natura del vizio derivante dalla violazione dei divieti stabiliti dal legislatore in materia di ricusazione. In particolare, secondo la sentenza Tanzi, il divieto per il giudice ricusato di pronunciare sentenza ex art. 37, comma 2, c.p.p. opera sino alla pronuncia di inammissibilità o di rigetto, anche non definitiva, dell’organo competente a decidere sulla ricusazione, [continua ..]