Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Corte costituzionale (di Xenia Gordo Alarcon)


Nuove contestazioni ex art. 516 c.p.p. e sospensione del procedimento con messa alla prova: una pronuncia di incostituzionalità (C. cost., sent. 11 febbraio 2020, n. 14) Con la sentenza in esame, la Consulta ha ritenuto fondate le questioni di legittimità costituzionale avanzate dal Tribunale ordinario di Grosseto aventi ad oggetto l’art. 516 c.p.p., ritenuto contrastante con gli artt. 3 e 24 della Costituzione. Nello specifico, la disposizione de qua è stata censurata nella parte in cui non prevede la facoltà dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento la sospensione del procedimento con messa alla prova in caso di contestazione di un fatto diverso. In particolare, nell’ipotesi considerata, l’imputato era stato accusato di un fatto qualificato originariamente dal pubblico ministero come ricettazione di oggetti provenienti da un furto commesso in una chiesa, ex art. 648 c.p. Tuttavia, nel corso dell’istruttoria dibattimentale era emerso che era stato lo stesso accusato a sottrarre gli oggetti, ciò che induceva conseguentemente il pubblico ministero a modificare l’imputazione ai sensi dell’art. 516, comma 1, c.p.p., riqualificando il fatto nella fattispecie di furto in abitazione ex art. 624-bis c.p. In virtù di ciò, il prevenuto chiedeva di essere ammesso alla sospensione del procedimento con messa alla prova ai sensi dell’art. 168-bis c.p. Il Giudice rimettente, non potendo accogliere tale richiesta – che, ai sensi dell’art. 464-bis, comma 2, c.p.p., avrebbe potuto essere avanzata fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento – trasmetteva gli atti al Giudice delle leggi, sostenendo nell’ordinanza di rimessione che i principi affermati nella pronuncia costituzionale n. 141 del 2018 avrebbero potuto estendersi anche al caso in esame. Tale decisione, infatti, aveva dichiarato l’incostituzionalità, per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., dell’art. 517 c.p.p., laddove non prevedeva la facoltà dell’imputato di richiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova anche in seguito alla nuova contestazione di una circostanza aggravante. La scelta del rito alternativo – sottolineava nella menzionata declaratoria la Consulta – costituisce, invero, una delle fondamentali manifestazioni del diritto di difesa ex art. 24 Cost., ciò che ha giustificato le plurime declaratorie di incostituzionalità degli artt. 516 e 517 c.p.p. nella parte in cui non prevedevano la facoltà dell’imputato, nel corso del dibattimento, di essere ammesso a un rito speciale in caso di emersione di un fatto diverso ovvero di una circostanza aggravante non contestati originariamente. Inoltre, la Corte, richiamando la sentenza n. 265 del 1994, ribadiva che le preclusioni in discorso rappresentavano una discriminazione nei confronti dell’imputato quanto [continua..]

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