Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Corte europea dei diritti dell'uomo (di Giulia Coretti)


Condizioni della detenzione, sovraffollamento carcerario e diritti dei detenuti a non subire trattamenti inumani o degradanti

(Corte e.d.u., 5 dicembre 2023, İlerde ed altri c. Turchia)

La vicenda ha origine ed è collegata all’aumento esponenziale della popolazione carceraria verificatosi in Turchia a seguito del tentativo di colpo di Stato del 15 luglio 2016: i ricorrenti sono infatti cittadini turchi che sono o sono stati detenuti presso diversi istituti penitenziari del Paese per delitti di natura terroristica finalizzati al sovvertimento del regime.

Essi si sono rivolti agli organi giurisdizionali interni a ciò preposti per dolersi delle loro condizioni di detenzione, senza però riuscire ad ottenere risultato alcuno. Invocando l’art. 3 Cedu, i ricorrenti hanno dunque adito in giudizio la Corte europea dei diritti dell’uomo per vedere dichiarata la contrarietà delle loro condizioni di detenzione al senso di umanità, soprattutto per via del sovraffollamento delle strutture carcerarie: infatti, molti di essi avevano a disposizione uno spazio individuale inferiore ai 3 mq.; due di loro si sono lamentati inoltre, ai sensi dell’art. 8 Cedu, del fatto che erano stati collocati in strutture lontane dalle loro famiglie, il che aveva comportato una maggiore difficoltà di salvaguardare l’integrità della propria vita familiare. Preliminarmente, la Corte non ha ritenuto dimostrata l’esistenza di misure immediate ed effettive per porre rimedio alle violazioni dei diritti; sotto il profilo dei rimedi compensativi, poi, è bene evidenziare che il governo aveva creato una distinzione tra responsabilità colposa e non colposa dell’ammini­strazione, arrivando a negarla nel caso di problemi sistemici come il sovraffollamento. Ripercorrendo l’iter logico già seguito in Corte e.d.u., 8 gennaio 2013, Torreggiani c. Italia, i giudici di Strasburgo hanno ritenuto che le condizioni di detenzione dei ricorrenti fossero tali da aver causato loro un notevole grado di sofferenza; in particolare, la Corte ha ribadito che, quando lo spazio personale a disposizione del detenuto sia al di sotto dei 3 mq all’interno di una cella multipla, vi è una forte presunzione di violazione dell’art. 3 Cedu, che può essere superata solo con la prova della predisposizione di adeguate misure compensative, cumulativamente ricorrenti e consistenti nel fatto che (vedi da ultimo Corte e.d.u., 20 ottobre 2016, Muršić c. Croazia, §§137-141): 1) le riduzioni dello spazio personale al di sotto dei 3 mq siano brevi, occasionali e minori; 2) questi periodi siano accompagnati da una sufficiente possibilità di movimento al di fuori delle celle e lo svolgimento di adeguate attività al di fuori della cella; 3) la struttura di detenzione possa in generale essere descritta come appropriata, e non ci siano altri aspetti critici ulteriori rispetto a quello del sovraffollamento. Con riguardo alla violazione del rispetto della vita privata e familiare, la Corte ha constatato come nel caso di specie non fosse stato fatto alcun tentativo concreto di collocare i richiedenti in una struttura più vicina alla propria famiglia, né tantomeno fossero state disposte misure per compensare il minor numero di visite, tra cui quelle di allungare la durata delle stesse o di sostituirle con chiamate telefoniche più lunghe; di conseguenza i giudici di Strasburgo hanno ritenuto che [continua..]

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Fascicolo 2 - 2024