Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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De jure condendo (di Orietta Bruno)


Estinzione del reato per intervenuta prescrizione nel giudizio di cassazione

Spicca, tra i nuovi progetti di legge, il disegno C. 1120, d’iniziativa dell’On. Calderone ed altri. Presentato il 26 aprile 2023, esso, intitolato «Modifiche agli articoli 610 e 615 del codice di procedura penale in materia di declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione nel giudizio di cassazione», mira ad intervenire, appunto, sugli artt.610 e 615 c.p.p.

Alla prima disposizione, la parola «presidente» andrebbe sostituita con le seguenti «Salvo il caso di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, il Presidente»; mentre, dopo il comma 2 della seconda norma dovrebbe essere collocato uno di nuovo conio, il 2-bis, dal tenore: «Il ricorso non può essere dichiarato inammissibile se è maturata una causa estintiva del reato».

segue

Alla base della auspicata metamorfosi, ragioni dettagliatamente enucleate nella Relazione che affianca il disegno. Si sostiene che l’istituto dell’inammissibilità del ricorso nel giudizio di cassazione è uno strumento utilizzato nell’ottica del controllo dei flussi; per tale motivo, è istituita una sofisticata struttura processuale, rappresentata dagli uffici spoglio sezionali e dalla speciale sezione per l’esame di tali ricorsi, la c.d. «sezione VII penale» (art. 169-bis disp. att. e coord. c.p.p.) istituita nel 2001. Essa è finalizzata ad «intercettare» gli atti di impugnazione e ad inviarli alla sezione VII penale per una trattazione semplificata ai sensi dell’art. 611 c.p.p. e anche de plano. Orbene, si evidenzia, la riferita istanza di efficienza del procedimento penale non può prevalere sul fondamentale rispetto dei diritti processuali e sostanziali dell’imputato. Chiarendo: nei casi in cui i motivi di ricorso siano inammissibili, il costante orientamento della Suprema corte (cfr., ex multis, Cass., sez. III, 18 ottobre 2019, n. 42942) sacrifica la dovuta pronuncia di estinzione del reato per prescrizione in virtù della mancata formazione di un valido rapporto di impugnazione. In dette ipotesi, la Cassazione non si pronuncia e la prescrizione, eventualmente maturata dopo la sentenza della corte d’appello, rimane priva di effetti; per l’organo di legittimità nessuno può rilevarla perché un rapporto processuale valido non si è mai instaurato. Il principio di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità sancito dall’articolo 129 c.p.p. esige che, qualora nel giudizio di cassazione ricorra una causa estintiva del reato, questa debba essere dichiarata, con privilegio, rispetto alla declaratoria, processuale, di inammissibilità. La previsione, si osserva, opera con carattere di pregiudizialità nel corso dell’intero iter processuale e risponde a due funzioni fondamentali: a) favorire l’imputato innocente, prevedendo l’obbligo dell’immediata declaratoria di cause di non punibilità «in ogni stato e grado del processo», b) agevolare, in ogni caso, l’exitus del processo, ove non appaia concretamente realizzabile la pretesa punitiva dello Stato. In sostanza, la disposizione in parola, a ben vedere, rappresenta una proiezione del principio di legalità che non può soccombere alle, seppure legittime, istanze deflative svolte dall’istituto dell’inam­mis­sibilità. Diversamente ragionando, verrebbero vanificate le esigenze di giustizia e di celerità, nonché lo stesso favor rei, consentendo che a carico di un cittadino persistano, oltre il necessario, conseguenze pregiudizievoli, quale, certamente, è la permanenza di un giudizio. Va, inoltre, precisato che le [continua..]

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Fascicolo 5 - 2023