Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
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Messa alla prova e reato continuato: l'esigenza di una coniugazione tra diritto e processo (di Valentina Bonini, Professoressa associata di Diritto processuale penale – Università degli Studi di Pisa)


Tra i numerosi aspetti della messa alla prova che richiedono di coniugare profili sostanziali e processuali, alla Corte costituzionale si è presentato quello relativo all’accesso all’istituto in caso di reato continuato. Poiché l’art. 168-bis c.p. prevede che la messa alla prova non possa essere concessa più di una volta, può verificarsi che la richiesta dell’imputato non sia ammessa, quando il frazionamento processuale abbia portato a trattare in procedimenti diversi di reati uniti dal vincolo della continuazione o in concorso formale. L’unitarietà che sta alla base di queste forme di manifestazione del reato e l’identificazione della richiesta di probation con una forma di diritto di difesa sono alla base della dichiarazione di illegittimità costituzionale della previsione che determina un ostacolo all’acces­so alla messa alla prova, dovuto alla circostanza casuale della trattazione in procedimenti separati di reati connessi ai sensi dell’art. 12, lett. b c.p.p.

Probation and continued crime: the need of a synthesis of substantive and procedural law

Several issues relating to trial probation require a balanced approach of its substantive and procedural dimension, as the access to probation in different proceedings for the different components of the very same continued crime. Indeed, since article 168-bis of the criminal code provides that trial probation cannot be applied more than once, it may occur that the defendant’s request is rejected when the procedural split has led to separated proceedings for the crimes united by the bond of continuation or in formal concurrence. The unitarity that underlines these forms of crime and the recognition of access to probation as a right of defense, led the Constitutional Court to declare the illegitimacy of the provision which determines an obstacle to trial probation, when it is due to the random circumstance of the celebration in separate proceedings of crimes unless they are related on the basis of article 12, lett. b of the criminal procedure code.

Ammissibile la messa alla prova per reati in continuazione con altri per i quali sia già stato disposto il probation in procedimento connesso MASSIMA: È costituzionalmente illegittimo l’art. 168-bis, quarto comma, del codice penale, nella parte in cui non prevede che l’imputato possa essere ammesso alla sospensione del procedimento con messa alla prova nell’ipotesi in cui avanzi richiesta in procedimento per reati connessi, ai sensi dell’art. 12, comma 1, lettera b), del codice di procedura penale, con altri reati per i quali tale beneficio sia già stato concesso. PROVVEDIMENTO: (Omissis) RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 16 giugno 2021, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Bologna ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 168-bis, quarto comma, del codice penale, nella parte in cui, disponendo che la sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato non può essere concessa più di una volta, non prevede che l’imputato ne possa usufruire per reati connessi, ai sensi dell’art. 12, comma 1, lettera b), del codice di procedura penale, con altri reati per i quali tale beneficio sia già stato concesso. 1.1. Riferisce il rimettente che D. A. e D. D.V. – imputati del reato di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), per aver effettuato, tra il 20 settembre e il 21 dicembre 2018, undici cessioni di cocaina in quantità variabile tra 0,5 e 1,7 grammi – nel corso dell’udienza preliminare hanno chiesto la sospensione del procedimento con messa alla prova, ai sensi dell’art. 168-bis cod. pen. Gli imputati hanno già beneficiato della messa alla prova in altro procedimento penale relativo a un episodio di spaccio, coevo a quelli contestati nel giudizio a quo e ad essi avvinto dalla continuazione (art. 81, secondo comma, cod. pen.), trattandosi di fatti tutti commessi in esecuzione del medesimo disegno criminoso. Tale procedimento, sospeso con ordinanza del 7 gennaio 2019, si è concluso con declaratoria di estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova. Osserva il rimettente che la richiesta avanzata dagli imputati non può allo stato essere accolta, in quanto l’art. 168-bis, quarto comma, cod. pen. prevede che la messa alla prova non può essere concessa per più di una volta. Di qui la rilevanza della questione. 1.2. Quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo osserva quanto segue. 1.2.1. Ricostruite anzitutto la genesi storica e la ratio della sospensione del procedimento con messa alla prova – istituto che sarebbe connotato da [continua..]

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SOMMARIO:

1. La doppia anima della sospensione con messa alla prova - 2. Reato continuato, frazionamenti processuali e messa alla prova tra vuoti legislativi e input giurisprudenziali - 3. Pluralità di richieste di messa alla prova e unitarietà della fenomenologia criminosa - NOTE


1. La doppia anima della sospensione con messa alla prova

A distanza di otto anni dal suo debutto, continua la messa a punto giurisprudenziale del probation processuale. Introdotto nel 2014 con un intervento che ha dipanato la relativa disciplina tra il codice penale e quello di rito, da subito si rese manifesta la doppia anima – penale e processuale – del­l’istituto: la causa di estinzione del reato prevista dall’art. 168-bis c.p. matura a valle di scelte che interessano le dinamiche processuali, deviate dal rito ordinario al procedimento speciale di cui agli artt. 464-bis ss. c.p.p. [1]. Da allora, al successo applicativo dell’istituto [2] si accompagna una considerevole vitalità giurisprudenziale che attinge anche i massimi organi della giurisdizione, chiamati frequentemente a rispondere a interrogativi operativi e a risolvere talune tensioni con i principi sovraordinati [3]. In questo percorso di ricostruzione e di raffinazione della messa alla prova, la convivenza della dimensione sostanziale con quella processuale chiama l’interprete a una lettura equilibrata, che eviti di schiacciare l’una componente a favore dell’altra, ora enfatizzando logiche sanzionatorie che non possono trovare spazio nella sede processuale, ora sacrificando i contenuti socializzanti della misura sull’al­tare della celerità procedimentale. Non sempre le operazioni interpretative in materia si sono distinte per un simile equilibrio a causa della difficoltà di confrontarsi con un istituto dai tratti di dirompente novità, che è apparso addirittura in grado di spezzare la tradizionale sequenza “reato-processo-pena” [4]. In talune occasioni, invece, è stata opportunamente coltivata la fisiologia dei rapporti tra diritto penale e processo penale, coniugando i tratti dell’istituto secondo traiettorie lineari e ossequiose delle categorie generali che sovente sanno offrire soluzioni più semplici di quelle costruite con azzardati funambolismi interpretativi. Così, di recente la Corte costituzionale è stata chiamata a ricalibrare alcuni tratti processuali della sospensione con messa alla prova per renderla in grado di armonizzarsi con gli elementi strutturali di una categoria generale del diritto penale, qual è il reato continuato. Del resto, tale forma di manifestazione del reato, al pari di altre, assume un rilievo più generale nella costruzione e nel dipanarsi [continua ..]


2. Reato continuato, frazionamenti processuali e messa alla prova tra vuoti legislativi e input giurisprudenziali

Non era difficile prevedere che la dimensione processuale della messa alla prova dovesse confrontarsi con le peculiarità del reato continuato, proprio in ragione dei riflessi sul rito che l’unitarietà della vicenda criminosa implica, esigendo regolamentazioni che sappiano condurre a sintesi i frazionamenti processuali riconducibili alle più disparate vicende che interessano l’incedere del rito penale. Così, nel volgere di un paio di mesi la Corte costituzionale è stata chiamata in due distinte occasioni che a misurarsi con i riflessi procedimentali del reato continuato nelle dinamiche applicative del probation. Il primo intervento si inserisce nel solco dell’ampia giurisprudenza che già a partire dagli anni ‘90 si è occupata del tema dell’accesso ai riti premiali in caso di modifiche dibattimentali dell’im­putazione [9]. Completando una serie di pronunce volte a restituire la possibilità di innescare la messa alla prova a seguito di modifiche dibattimentali all’imputazione [10], la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 517 c.p.p. nella parte in cui non prevede che, in caso di contestazione dibattimentale di reati connessi ai sensi dell’art. 12, lett. b), l’imputato possa richiedere la messa alla prova [11]. Rilevata la natura di rito speciale premiale che accomuna il probation al rito abbreviato e al procedimento di applicazione di pena concordata, si riconduce la richiesta di messa alla prova ad una forma di esercizio del diritto di difesa [12], per escludersi che questo possa essere compromesso da una “tardiva” puntualizzazione, modifica o ampliamento della imputazione originariamente formulata. In questa occasione, peraltro, l’unitarietà del reato continuato si conferma come elemento strutturale di straordinaria forza, conducendo ad una “restituzione” della facoltà di accedere al probation processuale che abbia ad oggetto tanto i reati originariamente addebitatigli quanto quelli contestati in dibattimento: l’aggiornamento dell’imputazione che introduca un reato connesso a quello originariamente contestato consente all’accusato di accedere alla messa alla prova, purché questa riguardi tutti i reati uniti dalla medesimezza del disegno criminoso. La Consulta giustifica questa soluzione, sulla scorta della [continua ..]


3. Pluralità di richieste di messa alla prova e unitarietà della fenomenologia criminosa

L’art. 168-bis c.p., nel delineare limiti e condizioni di accesso alla messa alla prova, stabilisce al comma 4 che questa non può essere concessa più di una volta; a ciò si aggiunge la previsione dell’art. 464-novies c.p.p. che sancisce il divieto di riproporre la richiesta nel caso in cui l’esito della messa alla prova non sia stato valutato positivamente, così come in caso di revoca della stessa. Pertanto, una eventuale seconda richiesta è ammessa solo come reiterazione di quella che sia stata presentata nei termini e inopinatamente respinta dal giudice [14]. La scelta di costruire l’accesso al probation processuale come una chance accordabile una sola volta non sembra rispondere a particolari esigenze sistematiche, risultando piuttosto riconducibile a ragioni di dosimetria di una premialità particolarmente appetibile, che rischierebbe, se resa di più facile e ricorrente accesso, di essere letta come una fuga dal processo o dalla pena [15]. Pur in questa cornice restrittiva, la dizione normativa dell’art. 168-bis c.p., nel prevedere che la messa alla prova può essere disposta «non […] più di una volta», introduce un riferimento che sembra prescindere dal numero di reati addebitati all’imputato istante: insomma, se il probation non può essere richiesto più di una volta, esso può trovare svolgimento per più di un reato [16]. Infatti, nei procedimenti oggettivamente cumulativi, la richiesta di messa alla prova può fare riferimento a una pluralità di vicende criminose che siano trattate nel medesimo procedimento ex art. 12, lett. b), e art. 17 c.p.p. [17]. Insomma, il limite numerico all’introduzione del rito speciale non è collegato ai reati contestati, ma alle occasioni processuali. Agevole comprendere come un simile meccanismo possa condurre ad esiti applicativi differenziati quando si intrecci con la fenomenologia del reato continuato e del concorso formale di reati, poiché all’unitarietà della forma di manifestazione del reato non corrisponde di necessità una unicità della vicenda procedimentale. Infatti, se il complesso di episodi criminosi uniti dal vincolo della continuazione e/o dall’unicità della condotta viene trattato all’interno di uno stesso processo, sarà possibile accedere alla messa alla [continua ..]


NOTE
Fascicolo 1 - 2023