Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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Rapporti familiari e tutela processuale penale (di Paola Maggio, Professoressa associata di Diritto processuale penale – Università degli Studi di Palermo)


La famiglia è un contenitore interrelazionale e affettivo dei diritti fondamentali dell’individuo, nel quale ciascun componente deve ricevere uguale tutela. La regolamentazione processuale delle relazioni familiari tocca tutte le fasi salienti dell’accertamento e giunge sino al momento esecutivo e penitenziario, mostrando una nozione in costante evoluzione, che presenta reciproche interconnessioni con il versante penale sostanziale, molte ibridazioni con i contenuti civilistici e un’apertura sempre più netta verso il composito quadro di fonti nel multilevel.

La disamina dei singoli istituti consente di scorgere un arricchimento del modello costituzionale di famiglia, attraverso la sempre più ampia parificazione delle famiglie di fatto, il riconoscimento legislativo delle unioni civili, la diffusa multiculturalità.

Negli ultimi anni una netta evoluzione segna l’affermazione del ruolo centrale della vittima, imposta dalle fonti sovranazionali e realizzata anche attraverso ampie manovre legislative di contrasto ai reati violenti. Il sottosistema ad hoc ispirato dall’esigenza di salvaguardare i soggetti vulnerabili e di evitare la vittimizzazione secondaria potenzia indubbiamente le prerogative della persona offesa, manifestando tuttavia anche tecniche di “protezione attraverso la repressione”.

Parole chiave: rapporti familiari – tutela processuale – diritti fondamentali – misure cautelari.

Family relations and criminal procedural protection

Family constitutes an inter-relational and emotional container of the fundamental rights of the individual, in which each component has to be given equal protection. The procedural regulation of family relations touches on all the substantive stages of the assessment and reaches all the way to the executive and correctional moment, showing a constant evolving notion, which has mutual connections with the substantive criminal side, many cross-references with civil law contents and an increasingly clear opening to the comprehensive framework of sources in the multilevel.

The analysis of the individual institutions allows us to catch a glimpse of an enrichment of the constitutional model of the family, through the increasingly broad equal treatment of de facto families, the legislative recognition of civil unions, and the widespread multiculturalism.

Over the past few years, the clearest development stems from the assertion of the central role of the victim, imposed by transnational sources and accomplished through extensive legislative measures to fight violent crimes. The ad hoc inspired subsystem upheld by the need to safeguard the most vulnerable, and to avoid secondary victimisation, undoubtedly enhances the prerogatives of the offended person, yet also displaying techniques of “protection through repression”.

SOMMARIO:

1. La famiglia contenitore di diritti fondamentali dell’individuo - 2. La nozione processuale fra rilievo delle relazioni di fatto e interscambi con il diritto sostanziale - 3. Gli influssi della multiculturalità - 4. Il sottosistema fra affermazione del paradigma vittimario e “protezione attraverso la repressione” - 5. Famiglia, convincimento giudiziale, regime delle incompatibilità - 6. Soggettività, legittimazioni, implicazioni patrimoniali - 7. Una tutela cautelare ad hoc: l’allontanamento dalla casa familiare - 8. Il divieto di avvicinamento - 9. Contraddittorio cautelare e ruolo dell’offeso - 10. Prova dichiarativa e vincoli di solidarietà familiare - 11. I dichiaranti vulnerabili - 12. La rilevanza delle relazioni familiari nel momento esecutivo - NOTE


1. La famiglia contenitore di diritti fondamentali dell’individuo

Lo status e i rapporti familiari rilevano all’interno del processo penale in diverse disposizioni ritagliando legittimazioni, diritti informativi e poteri ad hoc, influendo sulla terzietà del giudice e sul regime delle incompatibilità, specificando l’area delle cautele, caratterizzando taluni istituti probatori, orientando il momento esecutivo e i contenuti del trattamento penitenziario [1]. Le dinamiche processuali hanno risentito al pari della tutela penale del significato evolutivo di famiglia che dalla fine del secondo conflitto mondiale a oggi ha registrato il passaggio lento da una visione di stampo autoritario, improntata alla soggezione patriarcale, a un modello costituzionale, caratterizzato dalla parità fra coniugi, aperto alla sempre più ampia equiparazione delle famiglie di fatto [2] e al riconoscimento legislativo delle unioni civili [3]. La dimensione normativa del codice di rito partecipa della risposta penale sostanziale, presenta molte ibridazioni con il diritto civile, risente del composito quadro di fonti e giurisdizioni nel multilevel post-moderno. Il quadro rimanda a un sodalizio intessuto sull’effettività e continuità (non certo indissolubilità) delle relazioni interpersonali, con un’attenzione sempre più forte verso la dignità di tutti i suoi componenti sia rispetto alle aggressioni dall’esterno, sia rispetto alle forme di violenza, sopraffazione, abuso o approfittamento del legame spirituale, emotivo, materiale fra i suoi stessi membri [4]. Il percorso lento è stato segnato dalle trasformazioni socio-economiche che hanno valorizzato il singolo individuo ed eliminato le distinzioni gerarchiche fra i due sessi e fra i vari componenti che non mutuino da un sentimento di affetto e di rispetto [5]. Nel quadro attuale famiglie a strutturazione multiforme sono legittimate dai valori di eguaglianza e solidarietà costituzionali condensati nell’art. 29 Cost., attraverso il disposto degli artt. 2 e 3 Cost. [6]. La giurisprudenza e in particolare la Corte costituzionale [7] hanno svolto un importante ruolo in queste mutazioni, sebbene il superamento del volto autoritario, della dimensione istituzionale e dell’impronta correzionista dei genitori nei confronti dei figli abbia per lungo periodo conosciuto bilanciamenti al ribasso della risposta penale per gli illeciti commessi a «causa [continua ..]


2. La nozione processuale fra rilievo delle relazioni di fatto e interscambi con il diritto sostanziale

All’interno delle regole processuali il concetto di famiglia è presente con sfumature peculiari in un complesso di disposizioni non sempre facilmente catalogabili. Talune norme tutelano lo status di familiare in sé (astensione dal dovere di deporre dei prossimi congiunti). Altre proteggono il processo dalle influenze dell’assetto familiare (incompatibilità). Altre ancora ricomprendono i familiari nel nucleo di garanzie riservate al soggetto indagato e imputato e alla persona offesa (legittimazioni, diritti informativi, d’azione). Esistono poi previsioni dirette a proteggere l’affidamento nella relazione con gli altri componenti il nucleo familiare (querela); disposizioni dal contenuto assistenziale e indennitario nel quale il nucleo familiare determina diversi livelli di incidenza (gratuito patrocinio, ingiusta detenzione, errore giudiziario). Una serie speciali di norme attraversano il segmento cautelare e quello esecutivo-penitenziario, con tratti di marcata specificità rispetto al nucleo familiare. Il settore della prevenzione e il Testo unico sulla immigrazione completano i contesti di riferimento. Questi progressi hanno connotato la nozione di famiglia, centrata anzitutto sulla tradizionale accezione di prossimi congiunti presente nell’art. 199 c.p.p. e derivata dal rinvio all’art. 307 c.p., sempre più aperta negli anni ai contenuti civilistici, ai riflessi sovranazionali, alla dimensione penale sostanziale. Il vincolo matrimoniale, richiesto agli effetti della legge penale dall’art. 307, comma 4, c.p. [22] poggia sul nucleo relazionale di affetti cui l’ordinamento riserva caratteri di giuridicità, riconducendo il convivente more uxorio nella categoria dei prossimi congiunti in modo da garantire tutte le relazioni affettivo-assistenziali identiche nel substrato sostanziale al legame fondato sul matrimonio. Del resto, già prima della l. 1° ottobre 2012, n. 172, la giurisprudenza aveva fatto riferimento espresso alla convivenza riguardo ai presupposti di configurabilità del delitto di maltrattamenti in famiglia e aveva consolidato la nozione di consorzio di persone tra le quali, per strette relazioni e consuetudini di vita, siano sorti rapporti di assistenza e solidarietà per un apprezzabile periodo di tempo [23]. Nella prassi le omologazioni processuali sono andate oltre la parificazione espressa tra la posizione del coniuge [continua ..]


3. Gli influssi della multiculturalità

Superata la valutazione esclusiva dei rapporti di convivenza, l’affectio familiaris, intesa come punto di contatto emotivo e sentimentale, correlata all’interesse all’integrità morale della persona (riconducibile all’art. 2 Cost) e al diritto all’intangibilità della sfera degli affetti, più di recente appare condizionata anche dalla dimensione multiculturale della aggregazione familiare che reca con sé una sovrapposizione di modelli, consuetudini, ideologie. Alle famiglie «a geometria variabile» si accostano le «famiglie in movimento» [39], alle quali la risposta penale si adatta, anche in sede di verifica processuale. Basti pensare all’incriminazione delle pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili descritte dall’art. 583-bis c.p. [40]. Il dato familiare, oltre a orientare il paradigma sanzionatorio penale [41], condiziona i contenuti dell’accertamento e caratterizza taluni istituti processuali, a partire dall’estensione del principio di extraterritorialità [42]. Altrettante implicazioni le relazioni familiari proiettano sull’accer­tamento delle fattispecie di tratta e di traffico di esseri umani [43]. La prassi ha individuato sbarramenti invalicabili, per tutti i casi in cui si profili un contrasto fra il diritto alla propria cultura e beni di elevato rango costituzionale [44]. Il diritto umano individuale nelle sue proiezioni intrafamiliari riceve tutela peculiare in relazione al ruolo di offeso del reato: disponibilità dell’interesse e protezione penale della vittima tipizzano la verifica processuale [45] con un ruolo marcato attribuito al suo consenso [46]. Altrettante implicazioni il consenso e la vulnerabilità all’interno dei legami familiari esplicano sulla individuazione e protezione delle vittime, sulla caratterizzazione delle prove dichiarative. Si tratta di concetti importanti, espressione di attenzione alla fragilità dell’individuo che subisce l’offesa, non immuni da derive di carattere repressivo, ove si guardi alla tradizionale protezione processuale dei diritti dell’accusato [47]. Significativi echi delle situazioni di genitorialità, di convivenza o di particolare fragilità, ex art. 19 d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, si colgono in relazione ai divieti di espulsione [48] e ai respingimenti [continua ..]


4. Il sottosistema fra affermazione del paradigma vittimario e “protezione attraverso la repressione”

Se il pieno riconoscimento delle situazioni di fatto e la multiculturalità hanno contribuito a rinnovare il senso giuridico dei rapporti familiari, è il valore collettivo assunto dalla vittima a dominare odiernamente la tutela processuale [56]. Le proiezioni di uno spiccato vittimocentrismo, emergente già dalle epigrafi legislative [57] hanno mutato il contenuto di alcuni istituti processuali orientandoli alla protezione da violenze, abusi o altre forme di maltrattamento originantisi pure all’interno dello stesso nucleo familiare. Lo spostamento del focus sulle modalità violente dominanti le relazioni, anche affettivo-familiari, ha posto al centro della risposta sanzionatoria l’interesse dell’offeso e adeguato nella stessa direzione le regole dell’accertamento. Le interazioni tra vittima individuale, vittima simbolica e istituzioni pubbliche, deputate al controllo della criminalità e all’amministrazione della giustizia penale [58], hanno spostato assiologicamente il baricentro dei diritti processuali, tradizionalmente tarato sulla tutela del presunto autore del reato. Il concetto polifunzionale di “vulnerabilità” è stato direttamente trasfuso in talune fattispecie sostanziali, e si è rivelato capace di influenzare funditus il momento investigativo e l’accertamento processuale, giustificare forme di anticipazione del contraddittorio, disegnare i contorni della prova dichiarativa “debole”, abbinandovi espresse misure di sostegno e presidi limite per evitare l’ulteriore vittimizzazione dei soggetti esposti. Può affermarsi che fra i molteplici microsistemi differenziati che affastellano il rito e lo tipizzano in relazione alla natura del fatto–reato, sia distinguibile una corposa e specifica disciplina orientata dalla tutela delle vittime [59]. A essa sono riconducibili tutta una serie di disposizioni riservate all’accertamento dei reati contro la libertà sessuale [60], contro lo sfruttamento della prostituzione, la pornografia e il turismo sessuale in danno dei minori [61], contro le violenze familiari e di genere [62] ricondotte da ultimo sotto l’egida differenziale di “codice rosso” [63]. Emblema simbolico del cambiamento paradigmatico può rinvenirsi nel considerando n. 9 della direttiva 2012/29/UE, in materia di diritti, assistenza e [continua ..]


5. Famiglia, convincimento giudiziale, regime delle incompatibilità

Osservando in premessa che fra i vari fattori capaci di condizionare il convincimento penale rientrano senz’altro l’analisi del contesto familiare [80], l’interesse dei figli minori [81], anche in relazione al­l’equilibrio psicofisico dello stesso [82], e tentando una rapsodica panoramica delle varie disposizioni processuali tradizionalmente centrate sulla dimensione familiare, un cenno iniziale meritano anzitutto i condizionamenti probatori civilistici esistenti in materia di status familiae. L’autonomia e l’indipendenza fra procedimento penale e procedimento civile, che si svolgono nelle sedi proprie e sono soggetti a regole diverse, anche in tema di prova, impediscono infatti di assoggettare l’accertamento penale alle regole del processo civile, in quanto alla necessaria libertà del giudice nella ricostruzione degli eventi e alla discrezionalità nella valutazione delle prove. In questa direzione operano i limiti di prova rappresentati dall’insieme di principi che regolano la prova con riguardo a ogni disposizione extrapenale. Un’espressa eccezione contemplata all’art. 193 c.p.p., diretta proiezione dell’art. 3 c.p.p. in tema di questioni pregiudiziali, concerne appunto le questioni relative allo “stato di famiglia e di cittadinanza”. Quando la questione non è seria e se l’azione non è già in corso a norma delle leggi civili, la soluzione è affidata allo stesso giudice penale. Di contro, una questione seria e già pendente in sede propria sarà risolta dal giudice civile con effetto vincolante per il giudice penale [83]. In giurisprudenza emergono una connotazione di eccezionalità della sospensione del processo e una tendenza a limitare l’incidenza delle questioni pregiudiziali [84]. La rilevanza dei legami familiari assume il senso di limite anche nelle norme codicistiche sulle incompatibilità del giudice dettate da ragioni di carattere personale previste dagli artt. 35 e 36, lett. a), b), d), e), f). Esse menzionano coniugi e prossimi congiunti, non anche i conviventi, ma il quadro della materia deve comporsi guardando agli artt. 18 e 19 dell’ordinamento giudiziario ove si fa espresso richiamo ai conviventi, così come modificati dal d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109 e oggi ulteriormente modulati dalla l. 17 giugno 2022, n. 71 [85]. Nella dimensione [continua ..]


6. Soggettività, legittimazioni, implicazioni patrimoniali

Fra le disposizioni che prendono in considerazione i rapporti familiari al fine di garantire i diritti informativi dei componenti o estendere a essi l’esercizio di potestà e diritti riconosciuti ai soggetti e alle parti processuali, merita menzione l’art. 90, comma 3, c.p.p. che, nell’indicare i soggetti legittimati ad esercitare i diritti e le facoltà attribuiti alla persona offesa deceduta in conseguenza del reato, menziona i conviventi legati da stabile relazione affettiva, oltre ai coniugi o i prossimi congiunti [97], in tal modo essi possono esercitare, sin dalla fase delle indagini preliminari gli stessi diritti e le stesse facoltà attribuiti al loro dante causa. In questo caso i prossimi congiunti non sono titolari degli interessi tutelati dalla norma penale che si assume violata, né rappresentanti legali del defunto, ma fanno valere in giudizio un diritto proprio espressamente riconosciuto dal legislatore che, ai fini del processo, li parifica alle persone offese. La delimitazione soggettiva dei prossimi congiunti è tracciata dall’art. 307, comma 4, c.p., mentre l’estensione contenuta nell’art. 90, comma 3, c.p.p. opera esclusivamente nei casi in cui la morte costituisca l’ele­mento costitutivo o la circostanza aggravante del reato per cui si procede, essendo consentito in ogni altra ipotesi ai prossimi congiunti, eventualmente di costituirsi parti civili, giusta la previsione dell’art. 74 c.p.p., senza esercitare i diritti ed i poteri dell’offeso. Vige poi un’articolata trasmissibilità dell’azione a querela di titolarità della persona offesa [98]. Gli stessi familiari possono proporre invece querela iure proprio per l’offesa alla memoria del defunto, trattandosi di soggetti attivi del delitto. L’ambito familiare soccorre anche con riferimento ai componenti il nucleo incapaci de iure o de facto (art. 120, commi 2 e 3, c.p.p.), con una azione sostitutiva diretta dello Stato nei casi di violenza sessuale ai danni di minori [99], in cui una visione paternalistica di tutela del minore consente l’attivazione del procedimento oltrepassando le determinazioni intrafamiliari. La procedibilità d’ufficio per fatti di cui all’art. 609-septies, comma 4, n. 2, c.p. opera anche nei casi in cui il fatto sia commesso dall’ascendente (dopo la modifica apportata dall’art. 7, l. 6 [continua ..]


7. Una tutela cautelare ad hoc: l’allontanamento dalla casa familiare

Nell’assetto cautelare tradizionale del libro IV del codice di procedura penale ampia attenzione la famiglia ha ottenuto, dalla peculiare angolazione della protezione della maternità sottostante il ricorso ex art. 285-bis c.p.p. che disciplina forme di custodia attenuata per detenute madri. Si intende evitare sin dall’inizio l’ingresso in carcere, consentendo lo svolgimento dei compiti di cura, assistenza e accoglienza, in strutture maggiormente idonee ai bambini. Tutta la prognosi e il giudizio di adeguatezza delle cautele nelle ipotesi di cui all’art. 275, comma 4, c.p.p. appaiono child friendly quando la persona da sottoporre a custodia cautelare sia donna incinta o madre di prole di età non superiore a sei anni, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole. La regolamentazione alternativa della custodia cautelare è significativamente ispirata da bilanciamenti fra le contrapposte esigenze di sicurezza sociale, dignità umana e diritti del bambino che si spingono sino a consentire specifiche eccezioni nelle limitazioni dettate sulla ricezione di pacchi, agli oggetti ed ai generi destinati alle detenute madri con prole in istituto per il fabbisogno dei bambini (art. 14 Regolamento penitenziario d.p.r. 30 giugno 2000, n. 230). Al giudice è dunque richiesta una valutazione di compatibilità fra l’esecuzione in forma “attenuata” della custodia e le esigenze cautelari, non operando alcun automatismo [112]. A queste tradizionali previsioni del libro IV del codice di procedura penale negli ultimi anni si sono accostate molte altre disposizioni, più marcatamente ispirate dal paradigma vittimario dominante l’accertamento dei reati riconducibili alla violenza di genere e più nello specifico alla violenza domestica. Si è oramai strutturato un vero e proprio micro-sistema di misure modellate sulle esigenze dei reati “familiari”, pur se non ad essi riservato in via esclusiva, con sottolineature per la spiccata connotazione preventiva [113] e per le inedite funzioni extraprocessuali della tutela cautelare, dedicate alla protezione delle vittime del reato [114]. In questo contesto una latitudine speciale assume l’espressione «casa familiare» di cui all’art. 282-bis, comma 1, c.p.p. che assorbe la dimora di un qualsiasi nucleo familiare avente alla [continua ..]


8. Il divieto di avvicinamento

Altra misura cautelare modellata sul paradigma già inaugurato dalla l. 4 aprile 2001, n. 154 è il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa che può originarsi dai reati di violenza familiare ed è sicuramente destinata a incidere sulle dinamiche relazionali in senso ampio del nucleo. Ispirandosi agli emergengy orders of protection delle legislazioni di common law [137], diffusi oramai su larga scala [138], l’art. 282-ter c.p.p. introdotto dall’art. 9 d.l. 23 febbraio 2009, n. 11 conv. in l. 23 aprile 2009, n. 38, consiste nell’imposizione al destinatario dell’obbligo «di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla persona offesa». Qualora sussistano ulteriori esigenze di tutela, il giudice può prescrivere all’imputato di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dai prossimi congiunti della persona offesa (o da persone con questa conviventi o comunque legate da relazione affettiva) ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o persone, volendo il legislatore ampliare lo spettro della tutela e rendere cogente il nucleo di prevenzione che sottende la misura [139]. L’ordinanza giudiziale nell’imporre la distanza fisica fra i soggetti può vietare all’imputato la comunicazione. L’originaria configurazione legata agli atti persecutori segna una sfera applicativa ampia che finisce con il sovrapporsi parzialmente a quanto previsto dalla misura dell’allontanamento dalla casa familiare di cui all’art. 282-bis c.p.p. Peculiari qui sono la ricomprensione ex lege dei conviventi e l’e­stensione personalistica. Mentre l’art. 282-bis c.p.p. contiene un generico riferimento al divieto di avvicinamento alla casa familiare o ad altri luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa (in particolare, il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia di origine o dei prossimi congiunti), l’art. 282-ter c.p.p. impone il mantenimento di una distanza tanto dai luoghi quanto più significativamente dalle persone. Inoltre, a differenza del divieto di avvicinamento che rappresenta un’appendice accessoria del provvedimento con il quale il giudice dispone la misura cautelare coercitiva dell’allontanamento dalla casa familiare, [continua ..]


9. Contraddittorio cautelare e ruolo dell’offeso

Tutto l’apparato cautelare pensato a vantaggio della persona offesa è accompagnato da un potenziamento del contraddittorio cautelare che incide sui tempi della decisione e si ripercuote sulla struttura e sulla motivazione dei provvedimenti de libertate. Il comma 2-bis dell’art. 299 c.p.p., inserito dall’art. 2, comma 1, lett. b), n. 2, d.l. 14 agosto 2013, n. 93, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, convertito dalla l. 15 ottobre 2013, n. 119, e ulteriormente modificato dall’art. 15, comma 4, l. 19 luglio 2019, n. 69, in allineamento alle fonti sovranazionali [150], punta al maggiore coinvolgimento della “vittima” in tutta la dinamica cautelare. Si intende evitare il rischio di reiterazione della vittimizzazione a mezzo di comportamenti intimidatori o ritorsivi da parte dell’autore del reato a danno della vittima. Perciò va data comunicazione alla persona offesa della revoca, sostituzione o applicazione con modalità meno gravose delle misure coercitive diverse dal divieto di espatrio e dall’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria [151]; qualora la richiesta di revoca o sostituzione della misura non sia stata proposta in sede di interrogatorio di garanzia, deve essere notificata, a pena di inammissibilità, alla persona offesa [152], per permetterle, entro due giorni, di presentare memorie dirette a comprovare la persistenza dei presupposti applicativi della cautela [153]. Questi doveri informativi si ricollegano ai procedimenti per “delitti commessi con “violenza alla persona [154]”, nozione atecnica da intendersi in un’accezione delimitativa derivante dalla direttiva 2012/29/UE, che impone di tener conto, in via gradata, delle caratteristiche soggettive della persona offesa (soprattutto laddove trattasi di minorenni e vittime di delitti di tratta, di terrorismo, di criminalità organizzata, di violenza o sfruttamento sessuale e di crimini di odio) e della riconducibilità del reato al genus della violenza di genere o nelle relazioni strette [155]. Se il comma 3 dell’art. 299 c.p.p. assicura senz’altro la partecipazione dell’offeso al procedimento incidentale, attraverso un’interlocuzione cartolare sulla permanenza dei presupposti della misura coercitiva, antecedente all’adozione di provvedimenti modificativi, un [continua ..]


10. Prova dichiarativa e vincoli di solidarietà familiare

La disciplina della facoltà di astensione dal deporre ex art. 199 c.p.p. accorda preferenza al desiderio di non nuocere processualmente al prossimo congiunto imputato, rispetto all’obbligo generale gravante sui testimoni di deporre secondo verità [168]. La costruzione dei limiti soggettivi della testimonianza, a presidio del sentimento familiare, configura una facoltà e non un divieto e tende a evitare forme di incapacitazione assolute. È rimessa all’interessato l’opzione sull’attivazione della tutela, al di fuori di qualsivoglia «presunzione insuperabile di inaffidabilità», lasciando al giudice la relativa valutazione» [169]. Il nucleo della tutela racchiusa nella disposizione tocca la veridicità della testimonianza, data la possibilità per i prossimi congiunti, se fossero obbligati a rendere la deposizione, di dichiarare il falso senza essere puniti penalmente [170], ma ciò che maggiormente traspare dalla regola è un evidente favor familiae [171]. In forza del rinvio all’art. 307 c.p., agli effetti della legge penale, la nozione di prossimi congiunti si riferisce agli ascendenti, ai discendenti, al coniuge, ai fratelli, alle sorelle, agli affini nello stesso grado, agli zii e ai nipoti, mentre non sono ricompresi gli affini, allorché sia morto il coniuge e non vi sia prole [172]. Si tratta di una categoria oggetto di attenzione ed estensione da parte del legislatore nel corso degli anni, integrata dal d.lgs. 19 gennaio 2017, n. 6, con riferimento alla «parte di un’unione civile tra persone dello stesso sesso», in rispondenza agli interventi operati dalla l. 20 maggio 2016, n. 76 [173]. Lo status deve essere rilevato nel momento del processo, non potendo riferirsi al momento della commissione del reato, poiché è solo in questa sede che si pone un contrasto fra i due interessi in discorso [174]. La costruzione della facoltà prevede eccezioni nel caso in cui il familiare abbia attivato l’accerta­mento processuale presentando denuncia, querela, istanza, ovvero nel caso gli stessi soggetti o un prossimo congiunto siano offesi dal reato. L’obbligo di deporre è qui espressione del superamento già avvenuto dei sentimenti di solidarietà familiare che la facoltà di astensione mira a tutelare. Nel nucleo essenziale della [continua ..]


11. I dichiaranti vulnerabili

Nel richiamo alla “vulnerabilità” – concetto etico e al contempo espressivo di connotazioni giuridiche ai fini della tutela dei diritti umani in rilievo – il sistema processuale ha trasfuso un’esigenza di iperprotezione delle vittime di reati violenti e lesivi della libertà personale e sessuale spesso legati al contesto familiare. Accentuazione da un canto utile a caratterizzare la repressione penale, dall’altro funzionale a innovare la prova dichiarativa “debole” [203]. Una identica impronta ermeneutica pervade le disposizioni di diritto internazionale pattizio, gli esiti della giurisprudenza delle Corti sovranazionali, le scelte del legislatore nazionale, le decisioni nomofilattiche [204] e si raccoglie attorno al particolare riguardo verso gli offesi vulnerabili e verso le vittime di specifici reati lesivi dell’integrità fisica e morale della persona. Per limitare il danno processuale della c.d. vittimizzazione secondaria, determinato dal rivivere, durante l’escussione dibattimentale i sentimenti di paura, di ansia e di dolore provati al momento della commissione del fatto [205], sono state pensate tutta una serie di eccezioni al contraddittorio nell’accertamento dei delitti contro l’assistenza familiare o la libertà individuale [206], a salvaguardia, per quanto possibile, della genuinità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, specialmente laddove queste rappresentino la principale prova d’accusa [207]. I processi di riedizione del ricordo e la stessa attendibilità della prova testimoniale [208] possono risentire delle modalità di assunzione della testimonianza. Nelle categorie di soggetti cui si accordano speciali modalità di audizione sono ricompresi il minorenne, la persona offesa in condizione di particolare vulnerabilità, determinata dalla tipologia di reato per il quale si procede ovvero dalle specifiche indicazioni fornite dall’art. 90-quater, c.p.p. [209]. L’assunzione delle suddette prove dichiarative è ispirata dalla doppia esigenza della protezione dei soggetti e della genuinità delle dichiarazioni. L’audizione dovrà, pertanto, avvenire mediante l’ausilio di un esperto in psicologia o psichiatria e, in determinate circostanze, la deposizione dovrà essere sottoposta a registrazione fonografica o audiovisiva [continua ..]


12. La rilevanza delle relazioni familiari nel momento esecutivo

L’orizzonte dell’art. 27, comma 3, Cost., nelle declinazioni evolutive scandite dalla stessa Consulta attraverso il suo ricco «armamentario decisorio» [215], ha saldato i due aspetti della rieducazione del condannato e della umanità della pena, valendo, rispettivamente, a legittimare la sanzione penale e a esprimere l’esigenza che essa sia sempre più rispettosa della dignità umana [216]. Nella composizione contenutistica della pena costituzionale vanno collocate le relazioni fra la persona privata della sua libertà personale, il mondo esterno e la famiglia di provenienza [217], visti i danni «simbiotici» inferti dalla detenzione carceraria all’unità del sodalizio familiare [218]. Il rapporto genitoriale viene incrinato dalla detenzione sia in relazione al frangente cautelare sia in sede di esecuzione [219]. Fra i più gravi effetti indotti devono senz’altro menzionarsi le fratture emotive prodotte sui figli minori [220]. Nell’accezione ampia di «actions concerning children» [221] vanno ricomprese infatti non soltanto le misure che hanno un minore come destinatario immediato, ma altresì quelle che sullo stesso si ripercuotono indirettamente [222]. Per queste ragioni il rapporto con il genitore va mantenuto, anche se recluso [223], in un contesto di valorizzazione delle relazioni familiari nel corso dello sviluppo psico-fisico del minore [224]. Il disegno originario di Ordinamento penitenziario guardava al mantenimento del legame affettivo-familiare quale elemento positivo del trattamento e parametro guida del percorso di individualizzazione e valorizzazione degli elementi della personalità del detenuto, in una proiezione sociale. Le norme cardine del sistema, ravvisabili nell’art. 15 ord. penit., che impone in sede di trattamento di agevolare opportuni contatti con il mondo esterno e i rapporti con la famiglia e nell’art. 28 ord. penit., che veicola il corso dell’esecuzione alla particolare cura nel «mantenere, migliorare o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie», si sono arricchite dei contenuti di garanzia provenienti dalle fonti convenzionali, europee [225], internazionali [226]. Al mantenimento e alla promozione dei rapporti familiari sono dedicate molteplici altre previsioni: si pensi al diritto del [continua ..]


NOTE
Fascicolo 6 - 2022