Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
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Il principio di prevalenza delle cause di estinzione del reato sulle nullità cade sotto la scure della Corte costituzionale (di Gian Marco Baccari, Professore associato confermato di Diritto processuale – Università degli Studi di Siena)


La decisione della Corte costituzionale pone fine a una prassi invalsa nei giudizi di appello, affermando ancora una volta la centralità del principio del contraddittorio in un processo penale che debba dirsi “giusto”.

Parole chiave: ricorso per cassazione – interesse a impugnare – sentenza predibattimentale – giudizio di appello – cause di estinzione del reato – illegittimità costituzionale.

The prevalence of the statute barred over the declaration of invalidity of the appeal judgment falls beneath the axe of the Constitutional Court

The judgment of the Constitutional Court puts an end to an established practice in appellate proceedings, affirming once again the essential character of the adversarial principle in a "fair" criminal trial.

Estesi dalla Consulta i confini dell’interesse dell’imputato ad impugnare in cassazione MASSIMA: É costituzionalmente illegittimo l’art. 568, comma 4, del codice di procedura penale, in quanto interpretato nel senso che è inammissibile, per carenza di interesse ad impugnare, il ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza di appello che, in fase predibattimentale e senza alcuna forma di contraddittorio, abbia dichiarato di non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato. PROVVEDIMENTO: (Omissis) RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 18 giugno 2021 (r.o. n. 131 del 2021), la Corte di cassazione, sezione prima penale, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 129, 568, comma 4, 591, comma 1, lettera a), 601, 605 e 620 del codice di procedura penale, per contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, nella parte in cui, in caso di giudizio di appello definito con sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato, illegittimamente emessa in fase predibattimentale senza citazione delle parti e comunque senza alcuna forma di contraddittorio, consente alla Corte di cassazione, investita da rituale ricorso dell’imputato, di dichiarare l’inammissibilità dello stesso per carenza d’interesse e non prevede, invece, la declaratoria di annullamento della sentenza impugnata, con trasmissione degli atti alla Corte di appello per il giudizio nel contraddittorio delle parti. 2. L’ordinanza di rimessione espone che la Corte d’appello di Milano, in accoglimento della richiesta scritta del Procuratore generale, ha dichiarato, con sentenza predibattimentale e senza la partecipazione delle parti, non doversi procedere nei confronti degli imputati in ordine al delitto di «associazione per delinquere, con il ruolo di promotori e organizzatori, finalizzata alla commissione di più delitti di illegale esportazione di materiali di armamento e comunque di illegale contrattazione finalizzata alla suddetta esportazione, nonché di esportazione non autorizzata di materiale a duplice uso, civile e militare», perché estinto per prescrizione maturata nelle more della celebrazione del giudizio di gravame. Avverte la Corte rimettente che già all’esito dell’udienza preliminare era stata pronunciata sentenza di non luogo a procedere, nei confronti dei due imputati, per insussistenza dei fatti in ordine a ulteriori capi di imputazione sempre per analoghe condotte, mentre il Tribunale ordinario di Como, in sede di giudizio di primo grado, aveva assolto gli imputati per non aver commesso il fatto inerente ad altra contestazione e dichiarato estinto per prescrizione il delitto contemplato da autonomo capo. La sentenza della Corte d’appello è stata oggetto di distinti ricorsi per cassazione proposti dai difensori degli imputati, che ne hanno [continua..]

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SOMMARIO:

1. I diversi indirizzi giurisprudenziali - 2. La messa in discussione del principio giurisprudenziale della prevalenza delle cause di estinzione - 3. Principio del contraddittorio e principio della ragionevole durata del processo: un bilanciamento “che non s’ha da fare” - 4. Una nuova alba per l’interesse ad impugnare? - 5. Cenni conclusivi - NOTE


1. I diversi indirizzi giurisprudenziali

Da tempo in diversi distretti di corte d’appello è invalsa la prassi – non supportata dal dato codicistico – di dichiarare l’estinzione del reato, per sopravvenuta prescrizione, già nella fase predibattimentale, all’esito di una camera di consiglio fissata senza previo avviso alle parti e senza, quindi, sentirle. Secondo una consolidata giurisprudenza una simile violazione dei diritti di intervento della difesa provoca la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 178, comma 3, lett. c, ossia una nullità generale, assoluta e insanabile. Ne è scaturito l’interrogativo se la corte di cassazione, investita dal ricorso presentato dalla difesa e volto ad ottenere l’annullamento della sentenza predibattimentale d’appello, debba dichiararne la nullità per violazione del contraddittorio o debba viceversa dare la prevalenza alla causa estintiva del reato. La questione ha dato origine ad un profondo contrasto giurisprudenziale. Secondo un primo indirizzo la declaratoria predibattimentale emessa de plano dal giudice d’appello, in quanto affetta da nullità assoluta, comporta la doverosa regressione del procedimento, recuperando il grado dell’appello e il più esteso ambito di cognizione [1]. A sostegno di questa tesi si è osservato, in particolare, che nel giudizio di secondo grado non è consentita né la pronuncia di una sentenza predibattimentale di proscioglimento ex art. 469 c.p.p., né una declaratoria de plano ai sensi dell’art. 129 c.p.p., atteso che l’obbligo del giudice di dichiarare immediatamente la sussistenza di una causa di non punibilità presuppone un esercizio della giurisdizione con effettiva pienezza del contraddittorio [2]. Altra parte della giurisprudenza, pur riconoscendo la nullità della sentenza predibattimentale pronunciata de plano, ha escluso la regressione del procedimento quando risulti comunque maturata la prescrizione [3]. Si tratta, con tutta evidenza, di una soluzione più sensibile alle esigenze di rapida definizione del procedimento, che trova giustificazione nel principio di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità (arg. ex art. 129 c.p.p.). Richiamando quanto espresso in altra circostanza dal massimo consesso di legittimità [4] questo secondo orientamento è giunto ad affermare che nel giudizio [continua ..]


2. La messa in discussione del principio giurisprudenziale della prevalenza delle cause di estinzione

In questo contesto va collocata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla prima sezione penale della corte di cassazione, a seguito di un ricorso avverso una sentenza predibattimentale pronunciata dalla Corte d’appello di Milano. Con essa i giudici del capoluogo lombardo avevano dichiarato il “non doversi procedere” perché nelle more del processo di secondo grado era maturata la prescrizione per i delitti per i quali gli imputati erano stati condannati in prime cure. Ed è proprio il principio di prevalenza delle cause di estinzione, enunciato dal massimo consesso con la sentenza “Iannelli” e ribadito poi più volte dalla giurisprudenza successiva, a non essere condiviso dalla prima sezione del giudice di legittimità. Sussistendone i presupposti, il collegio aveva optato di sottoporre di nuovo la questione alle sezioni unite ai sensi dell’art. 618, comma 1-bis, c.p.p. L’ordi­nanza di rimessione era motivata sulla base di due ordini di considerazioni. Da un lato, si osservava che la sentenza predibattimentale dichiarativa della prescrizione, «più che affetta da nullità assoluta e insanabile, è da ritenersi abnorme perché pronunciata in difetto di potere in concreto, atteso che la legge processuale non consente che il giudizio d’appello sia definito con una sentenza predibattimentale»: accogliendo tale prospettiva ermeneutica, non potrebbe operare la regola giurisprudenziale della prevalenza della causa estintiva sulle eventuali cause di invalidità occorse nei gradi di merito. Da un altro lato, la prima sezione penale sottolineava che la sentenza predibattimentale, pronunciata de plano e in assenza di giudizio, entrava in tensione con i principi costituzionali del contraddittorio e più in generale del giusto processo. Tuttavia il Presidente aggiunto della Corte di cassazione, a norma dell’art. 172, disp. att., c.p.p. [7], preso atto che nessuno dei due ricorrenti aveva manifestato la volontà di rinunciare alla prescrizione maturata e dichiarata dalla Corte d’appello, aveva chiesto al collegio a quo una nuova valutazione sulla effettiva sussistenza dell’interesse all’impugnazione. Alla prima Sezione penale, allora, non è rimasto altro che rivolgersi alla Corte costituzionale, sottolineando il contrasto tra la regola di prevalenza delle cause estintive [continua ..]


3. Principio del contraddittorio e principio della ragionevole durata del processo: un bilanciamento “che non s’ha da fare”

Secondo i giudici costituzionali l’interpretazione giurisprudenziale consolidata è incompatibile con i precetti sanciti agli artt. 24, comma 2, e 111, comma 2, Cost. [8]. Secondo la Consulta l’art. 568, comma 4 c.p.p. è illegittimo, ove si ritenga inammissibile per carenza di interesse ad impugnare il ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza di appello, resa in fase predibattimentale e senza alcuna forma di contraddittorio, con cui il giudice di seconde cure abbia dichiarato di non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato. La Corte muove dalla ricostruzione del diritto vivente contenuta nella motivazione della sentenza delle sezioni unite Iannelli del 2017 [9]. Il primo punto, ormai pacifico in giurisprudenza e condiviso dalla dottrina [10], è che nel giudizio di appello non sia consentita la pronuncia di sentenza predibattimentale di proscioglimento ai sensi dell’art. 469 c.p.p. Invero, il proscioglimento prima del dibattimento è previsto in maniera espressa soltanto per il giudizio di primo grado. Al tempo stesso si è escluso che, prima del dibattimento di secondo grado, si possa pronunciare una sentenza ai sensi dell’art. 129 c.p.p., perché l’obbligo di immediata declaratoria delle cause di non punibilità non ammette pronunce de plano: «[…] il richiamo di tale norma ad “ogni stato e grado del processo” presuppone un esercizio della giurisdizione con effettiva pienezza del contraddittorio, e dunque un giudizio in senso tecnico, ossia il dibattimento di primo grado, il processo di appello o il processo di cassazione. Solo in tali ambiti si realizza, infatti, la piena dialettica processuale fra le parti e il giudice dispone di tutti gli elementi per la scelta della formula assolutoria più favorevole per l’imputato» [11]. Si tratta di affermazioni peraltro già enunciate con nitore nella sentenza “De Rosa” delle sezioni unite, nella quale si era negata la possibilità per il giudice per le indagini preliminari di prosciogliere, ai sensi dell’art. 129 c.p.p., subito dopo la richiesta di rinvio a giudizio e senza fissare l’udienza preliminare [12]. Il secondo punto pacifico è che la sentenza predibattimentale di appello di proscioglimento dell’imputato per intervenuta prescrizione, emessa de plano, senza sentire previamente le parti, [continua ..]


4. Una nuova alba per l’interesse ad impugnare?

La pronuncia qui annotata ha subito suscitato le perplessità dei primi commentatori, oltre a provocare un certo disorientamento negli uffici giudiziari di appello, tenuto conto della logica deflattiva che ha ispirato la recente introduzione nel nostro ordinamento dell’istituto dell’improcedibilità per superamento dei termini massimi del giudizio di impugnazione (344-bis c.p.p., inserito dall’art. 2, comma 2, lett. a), della l. n. 134/2021) [18]. In particolare si è osservato che la Corte costituzionale con la sentenza n. 111 di quest’anno ha «finito per tratteggiare il concetto di interesse all’impugnazione ex art. 568, comma 4, c.p.p. in termini formali ed astratti, finanche ipotetici» [19]. Come noto, per ovvie ragioni di economia processuale, il codice di rito richiede, ai fini dell’am­missibilità dell’atto di controllo, l’esistenza di un interesse ad impugnare in capo al soggetto astrattamente legittimato [20]. Da tempo la dottrina ha inteso in senso “utilitaristico” il concetto di interesse ad impugnare: questo, lungi dal consistere nella pretesa all’esattezza teorica della decisione, sta ad indicare la necessità che dall’impugnazione derivi un’utilità pratica. Detto in altre parole, l’interesse ad impugnare sussiste quando, dal confronto tra i contenuti della decisione sottoposta ad appello o ricorso e quelli che potrebbero essere emessi del giudice “controllante”, emerga per colui che appella o ricorre una situazione di vantaggio meritevole di tutela giuridica [21]. La nozione utilitaristica è stata fatta propria dall’indirizzo giurisprudenziale dominante, recepito in più occasioni dalle sezioni unite, in base al quale l’interesse richiesto dall’art. 568, comma 4 c.p.p. sussiste solo se sia attuale [22], in quanto il provvedimento sottoposto a controllo sia suscettibile di produrre la lesione della sfera giuridica dell’impugnante, e se il mezzo di controllo sia idoneo a costituire, attraverso l’eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggiosa, nel senso che miri a soddisfare una posizione oggettiva rilevante sotto il profilo giuridico e non un mero interesse di fatto [23]. Tale tematica è stata ben presente nelle menti degli autori della sentenza n. 111/2022. Invero, i [continua ..]


5. Cenni conclusivi

Posta la diffusa prassi delle sentenze predibattimentali emesse in appello che dichiarano, pur in assenza di alcuna forma di contraddittorio, l’estinzione del reato per prescrizione, ci sono ben pochi dubbi sul grado di intensità della “scossa tellurica” derivante dalla declaratoria di illegittimità in questione. Appare quanto mai urgente, quindi, disinnescare i probabili effetti dirompenti che potrebbero verificarsi sulla dilatazione dei tempi processuali e sull’operatività del meccanismo di cui all’art. 344-bis c.p.p. L’unica via percorribile è quella di un intervento specifico del legislatore sul punto. Da un lato, sarebbe il momento opportuno per introdurre in maniera espressa nel codice di rito la possibilità di pronunciare in appello una sentenza predibattimentale. Da un altro lato, come è stato già suggerito, in linea con il modello ordinario di giudizio di secondo grado configurato dalla l. n. 134/2021 (c.d. “Riforma Cartabia”), la sentenza predibattimentale potrebbe essere preceduta dalla costituzione «di un contraddittorio preliminare e solo cartolare fra le parti, riservando la trattazione orale ai casi in cui sussista e sia rappresentato dalle parti un interesse concreto ed attuale alla discussione in presenza» [28].


NOTE
Fascicolo 6 - 2022