Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
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Comunicare a mezzo posta elettronica. Il difficile equilibrio con il regime del 41-bis (di Serena Sisto, Dottore in giurisprudenza)


La sentenza in commento affronta la delicata questione della legittimità del diniego dell’Amministrazione penitenziaria alla richiesta del detenuto, sottoposto al regime carcerario dell’art. 41-bis O.P. (cd. carcere duro), di comunicare con il proprio difensore mediante posta elettronica. La Cassazione valuta come infondata la tesi della lesione delle facoltà difensive.

Communicate by e-mail. The difficult balance with the 41-bis regime

With the sentence in question, the Court of Cassation is faced with the delicate question concerning the legitimacy or otherwise of the denial of the prison administration regarding the possibility of the prisoner subjected to the prison regime of 41-bis OP (so-called hard prison), to communicate with their lawyer through the use of the e-mail service. In the same it comes to a ruling of groundlessness of the feared damage to the defensive faculties of today’s appellant appraisal, thus disposing of the rejection of the appeal presented.

Art. 41-bis O.P.: legittimo il divieto di utilizzare la posta elettronica per le comunicazioni con il difensore È legittimo il diniego dell’Amministrazione penitenziaria sulla richiesta di autorizzare il detenuto, sottoposto al regime di cui all’art. 41-bis O.P., a usare il servizio di posta elettronica per la corrispondenza con il suo difensore.  [Omissis] RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza in data 26/9/2019, il Magistrato di sorveglianza di Viterbo respinse il reclamo proposto nell’interesse di (omissis) sottoposto al regime di cui all’art. 41-bis Ord. pen., con il quale il detenuto lamentava l’illegittimità del diniego dell’Amministrazione penitenziaria alla sua richiesta di essere autorizzato a usare il servizio di posta elettronica per la corrispondenza con il difensore; diniego fondato sulla mancata previsione di tale possibilità da parte della circolare applicabile ai soggetti sottoposti al regime differenziato. Secondo il primo Giudice, infatti, con il reclamo non era stato dedotto un pregiudizio grave e attuale all’esercizio di un diritto derivante dalla violazione di norme dell’ordi­namento penitenziario e del suo regolamento di esecuzione, non essendovi alcuna previsione, da parte dell’art. 18 Ord. pen., che disciplinasse le comunicazioni con il difensore e dovendo ritenersi non irragionevole l’esclusione di quel mezzo per quella tipologia di detenuti. 1.1. Con ordinanza in data 4/6/2020, il Tribunale di sorveglianza di Roma rigettò il reclamo proposto personalmente dal detenuto avverso il primo provvedimento, ribadendo che la possibilità di comunicare con il difensore a mezzo della posta elettronica non poteva configurarsi come un diritto e non potendo la scelta dell’Amministrazione ritenersi ingiustificata o irragionevole rispetto alla disciplina dettata per i detenuti comuni, sottoposti a un regime differente. 2. (omissis), per mezzo del difensore di fiducia, avv. (omissis) (omissis), ha proposto ricorso per cassazione avverso la predetta ordinanza, deducendo, con un unico motivo di impugnazione la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 18 Ord. pen., in relazione agli artt. 3, 24 e 27 Cost., nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. In particolare, il ricorso premette che il regime differenziato è finalizzato a rescindere i collegamenti ancora attuali sia tra detenuti, sia tra gli stessi e i soggetti in libertà; che secondo la Consulta e la Corte di Cassazione le regole del regime differenziato soggiacciono al limite della congruità della misura applicata rispetto allo scopo che essa persegue, nonché della funzione rieducativa della pena e del divieto di pene contrarie al senso d’umanità (cita Corte cost., n. 351/1996 e n. 97/2020). Pertanto, ove le misure in questione non rispondano al fine per [continua..]

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SOMMARIO:

1. Il caso in questione - 2. La differenza “ragionevole” del modello ex art. 41-bis O.P. - 3. La comunicazione “possibile” del detenuto costretto al regime di cui all’art. 41 bis O.P., nell’era tecnologica - 4. Conclusioni - NOTE


1. Il caso in questione

Nella pronuncia in commento, la Cassazione si occupa della corrispondenza (e relativi mezzi d’uso) tra il detenuto, sottoposto a regime ex art. 41-bis l. 26 luglio 1975, n. 354, e il suo difensore. In fatto, un detenuto, sottoposto al cd. carcere duro, aveva chiesto all’amministrazione penitenziaria di poter comunicare con il proprio difensore a mezzo di posta elettronica. Stante il provvedimento di rigetto della domanda, egli aveva interposto reclamo al Magistrato di sorveglianza, lamentando l’ille­gittimità del rifiuto dell’autorizzazione. Nel rigettare il reclamo, il Magistrato di sorveglianza rimarcava: (i) l’impossibilità di configurare un vero e proprio diritto del detenuto di comunicare con il difensore a mezzo della posta elettronica;(ii) la legittimità e la ragionevolezza del diniego dell’amministrazione, in chiave di adeguamento delle modalità di comunicazione al regime differenziato ex art. 41-bis O.P. Il detenuto si rivolgeva a piazza Cavour per contestare il verdetto negativo del giudice. In Cassazione approdano due censure al provvedimento del Magistrato di sorveglianza: a) l’inosservanza o l’erronea applicazione dell’art. 18 O.P., in relazione agli artt. 3, 24 e 27[1] della Costituzione; b) la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione. Inquadrato il caso nella finalizzazione del regime speciale di espiazione della pena, in chiave di rescissione dei rapporti tra i detenuti stessi, nonché con i soggetti in libertà, la difesa del ricorrente rilevava, in particolare, che: 1) le e-mail dovrebbero comunque essere sottoposte al vaglio dell’ufficio competente, senza alcun pericolo di elusione delle esigenze di controllo; 2) solo la posta elettronica garantirebbe la celerità delle comunicazioni con il difensore. Per la Suprema Corte, «il diritto di difesa in alcun modo verrebbe leso», vieppiù che secondo Corte Costituzionale, sentenza n. 97/2020 [2], in relazione all’art. 41 bis, comma 2, O.P., è possibile sospendere solo l’applicazione di regole ed istituti dell’ordinamento penitenziario che risultino in concreto contrasto con le esigenze di ordine e sicurezza. Conseguente il rigetto del ricorso: la mancata previsione della possibilità di comunicazione con il difensore a mezzo di posta elettronica è immune da [continua ..]


2. La differenza “ragionevole” del modello ex art. 41-bis O.P.

È innegabile che il regime oggi previsto dall’art. 41 bis O.P. recepisca una laboriosa stratificazione normativa e un inarrestabile interesse giurisprudenziale [3], in chiave di prevenzione generale e deterrenza. Nato nel pieno della legislazione di contrasto alla criminalità organizzata [4], il regime speciale o differenziato previsto dall’art 41 bis O.P. trovava inizialmente applicazione per le gravi situazioni di emergenza interne al carcere, mentre assumeva maggiore rilevanza sistemica dopo la strage di Capaci, nel 1992, “annus horribilis” [5], riscontrando l’insufficienza di strumenti di recupero sociale per i detenuti ad altissima pericolosità, e procedeva in due opposte direzioni: la concessione dei benefici penitenziari e l’imposizione di controlli e limitazioni più stringenti [6]. Con il cd. Decreto anti-mafia Martelli-Scotti (n. 306/92) aggiunse un secondo comma all’art. 41 bis O.P.: da allora, il Ministro della Giustizia, quando ricorrano gravi motivi di ordine e sicurezza pubblica, può sospendere, in tutto o in parte, le regole ordinarie di trattamento nei confronti dei detenuti membri di organizzazioni criminali mafiose, terroristiche o eversive [7]. L’intento era quello di fornire una più efficace ed immediata risposta al problema della sostanziale inadeguatezza del regime ordinario detentivo [8]. Corte Costituzionale [9] e Cassazione [10] hanno tracciato letture evolutive della normativa, giunta alla riforma legislativa approvata con l. n. 94/2009, che ha confermato la ratio sottesa a questo regime carcerario “differenziato” [11]: troncare i contatti, i collegamenti fra i capi mafia in carcere e gli affari criminali all’esterno del carcere [12], escludendo, così, la possibilità che i boss continuassero ad impartire ordini e a orientare i propri associati dalla cella [13]. Sicché l’art. 41-bis O.P. viene introdotto e poi “rinforzato”, con la diretta finalità di rimuovere o ridurre al minimo i contatti con il mondo esterno da parte di soggetti notevolmente pericolosi [14], come strumento investigativo e, al contempo, di repressione della criminalità organizzata [15]. Le disposizioni dell’art 41 bis O.P. [16], infatti, disciplinano le regole alle quali un detenuto, soggetto a questa forma di regime [continua ..]


3. La comunicazione “possibile” del detenuto costretto al regime di cui all’art. 41 bis O.P., nell’era tecnologica

I detenuti possono comunicare tra loro, e con l’esterno, mediante colloqui e corrispondenza, in aggiunta alle forme di accesso ai mezzi di informazione; se ne occupa in via generale l’art. 18 O.P, mentre il modello speciale del carcere duro è tracciato dalle lettere b), c) ed e) del comma 2 quater dell’art. 41 bis O.P. [19] In particolare, la lettera e) contempla la sottoposizione a visto di censura della corrispondenza, salvo quella con i membri del Parlamento o con autorità europee o nazionali aventi competenza in materia di giustizia [20]. L’art 18 ter, comma 1, O.P. stabilisce che in merito alle esigenze attinenti le indagini investigative o di prevenzione dei reati ovvero per ragioni di sicurezza o di ordine dell’istituto, possono essere disposti nei confronti dei singoli detenuti o internati, per un periodo non superiore a sei mesi (prorogabile per periodo non superiori a tre mesi): a) limitazioni nella corrispondenza epistolare e telegrafica e nella ricezione della stampa; b) la sottoposizione della corrispondenza a visto di controllo; c) il controllo del contenuto delle buste che racchiudono la corrispondenza, senza lettura della medesima. Il legislatore ha quindi inteso dare piena attuazione al principio costituzionale scolpito dall’art. 15 Cost. secondo cui la libertà e la segretezza della corrispondenza sono inviolabili e che la loro limitazione può solo avvenire per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie previste dalla legge. Ora, l’art 18 ter, comma 2, O.P. indica alcune categorie di «corrispondenza protetta» [21], non soggetta al regime dei controlli. Il riferimento è alla corrispondenza proveniente o indirizzata dai propri difensori [22], investigatori privati autorizzati, consulenti tecnici e propri ausiliari [23]. Sennonché, l’art. 18 ter, comma 5, O.P. consente al Magistrato di sorveglianza di trattenere la corrispondenza, con immediata comunicazione al detenuto, qualora ritenga che quest’ultima non debba essere consegnata al detenuto atteso che analisi dei suoi contenuti abbia rivelato la sussistenza di una situazione di pericolo concreto rispetto alle esigenze di ordine e sicurezza pubblica. Il controllo della posta del detenuto in regime di carcere duro è regolato dall’art. 38, comma 5, d.P.R. n. 230/2006, con peculiari passaggi: a) esame [continua ..]


4. Conclusioni

La Cassazione ha proposto un convincente bilanciamento tra esigenze di sicurezza (connesse alla logica dell’art. 41 bis O.P.) e diritto di difesa, nelle manifestazioni legate alle nuove tecnologie. La cautela imposta dall’ambito di operatività del c.d. carcere duro non consente, tuttavia, di prospettare il “via libera” per le comunicazioni telematiche. Con ogni probabilità, soltanto un progresso della qualità dei controlli sulle modalità di comunicazione informatiche potrà garantire il mantenimento del regime di sicurezza, fondamentale perché il regime predisposto dall’art. 41 bis O.P. possa ritenersi correttamente disposto. In definitiva, la sentenza in commento si inserisce a pieno in un panorama ermeneutico ricco di contrasti, in qualche modo inevitabili, atteso che l’art. 27 Cost. [29] non rende agevole coniugare le criticità del cd. “carcere duro” con il rispetto della persona e della dignità del condannato, valori non negoziabili.


NOTE