Processo Penale e GiustiziaISSN 2039-4527
G. Giappichelli Editore

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La notificazione dell'avviso ex art. 415-bis c.p.p. non preclude al pubblico ministero la prosecuzione delle indagini, ma l'omessa discovery vanifica le nuove acquisizioni, ferma restando la validità dell'atto imputativo (Corte di Cassazione, Sezione V, 15 gennaio 2019, n. 7585 – Pres. Miccoli; Rel. Scarlini)


Il pubblico ministero può, legittimamente, compiere atti d’indagine, di propria iniziativa, nell’arco di tempo che separa la notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari dall’esercizio dell’azione penale, purché rispetti i termini stabiliti dagli artt. 405-407 c.p.p. e provveda all’immediato deposito della documentazione dell’attività compiuta, dandone avviso alla difesa per reintegrarla nelle prerogative riconosciute dall’art. 415-bis, commi 2 e 3, c.p.p. In caso contrario, all’omessa discovery del materiale investigativo conseguirà l’inutilizzabilità dello stesso, mentre devono e­scludersi ripercussioni invalidanti sull’atto imputativo.

[Omissis] RITENUTO IN FATTO   1 – Con ordinanza del 4 maggio 2018, il Tribunale di Vicenza, in funzione di giudice del riesame, confermava il provvedimento del 15 febbraio 2018 con il quale il Giudice per l’udienza preliminare del medesimo Tribunale aveva disposto il sequestro conservativo sui beni, meglio in dispositivo individuati, appartenenti o attribuibili a [omissis], decidendo su istanza delle parti civili [omissis]. 1.1 – Il Tribunale rigettava le questioni preliminari sollevate dalla difesa dell’imputato, osservando che era priva di fondamento l’eccezione di nullità della richiesta di rinvio a giudizio avanzata dal pubblico ministero (che legittimava il disposto sequestro) posto che non era impedito alla pubblica accusa di proseguire le indagini anche in epoca successiva alla comunicazione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, ai sensi degli artt. 419 e 430 codice di rito, indagini i cui esiti, se compiute nel termine previsto dall’art. 407 medesimo codice, erano pienamente utilizzabili. Peraltro, le informative depositate dopo la notifica dell’avviso non contenevano elementi nuovi, costituendo solo un riepilogo di quelli già raccolti; a tali informative si era poi aggiunta la sola annotazione del 14 dicembre 2017 in cui la Guardia di finanza aveva riferito sulla consistenza patrimoniale degli imputati, e, quindi, anche dello [omissis], e sugli atti di disposizione dei cespiti dagli stessi compiuti in epoca recente, al fine di valutare la fondatezza della richiesta di sequestro conservativo, comunicazione depositata dopo la richiesta di rinvio a giudizio. Irrilevanti erano poi l’errore materiale, di un giorno, circa la data apposta alla richiesta di rinvio a giudizio, e l’omissione del riferimento al coimputato [omissis], la cui condotta era comunque descritta nell’imputazione. 1.2 – Il Tribunale riteneva sussistere il fumus della contestata condotta – l’avere, lo [omissis], in concorso con gli indicati coimputati, illecitamente finanziato la propria clientela al fine di consentire l’acquisto di azioni della banca, la [omissis], di cui lo stesso era uno degli amministratori, senza che ciò emergesse dalla contabilità e dalle comunicazioni inviate alle autorità pubbliche di vigilanza, in particolare la Banca d’Italia e la Banca Centrale Europea, così fornendo una falsa rappresentazione del patrimonio di vigilanza del predetto istituto, ostacolando l’attività di vigilanza delle indicate autorità, alterando in modo sensibile il prezzo delle azioni e esponendo dati non corrispondenti al vero – alla luce della descrizione fattane nell’imputazione riportata nella richiesta di rinvio a giudizio e delle fonti di prova in essa menzionate: la relazione Consob del febbraio 2016, il rapporto Audit del gennaio 2016, la denuncia di Banca [continua..]

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Fascicolo 4 - 2019