argomento: de jure condendo - misure cautelari
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di Elena Andolina
In data 5 maggio è stata assegnata alla Commissione Giustizia della Camera la proposta C. 2248, d’iniziativa dell’onorevole Costa, recante “Modifiche al codice di procedura penale in materia di equa riparazione, nonché alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del medesimo codice e al decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, in materia di responsabilità e di illeciti disciplinari dei magistrati”. Nel dettaglio, la proposta di legge, composta di quattro articoli, si prefigge sia di ampliare il raggio operativo dell’equo indennizzo, sia di affrontare le criticità che investono il «fragile regime di responsabilità del magistrato».
L'articolo 1 interviene sul codice di rito penale. Nello specifico, da un canto, si modifica l’art. 314 c.p.p., in materia di presupposti per il riconoscimento dell'indennizzo per ingiusta detenzione, sopprimendo la fattispecie del concorso colposo dell'avente diritto nell'applicazione della custodia cautelare, quale causa di esclusione del diritto alla riparazione; dall’altro, si estende la riparazione a tutti i casi di ingiusta applicazione delle misure cautelari reali e personali, prevedendo il diritto all'indennizzo all’esito di provvedimenti definitivi di natura assolutoria resi tanto in sede di rito abbreviato, quanto a seguito di dibattimento.
L'articolo 2, interviene sulle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del c.p.p., prevedendo che, nei casi di riparazione per ingiusta detenzione, ingiusta applicazione di misure cautelari ovvero di «abuso del processo», il giudice trasmetta gli atti al procuratore generale della Corte dei conti, ai fini dell'eventuale avvio del procedimento di responsabilità erariale, nonché ai titolari dell'azione disciplinare nei confronti dei magistrati per l'esercizio dell'azione di competenza.
L'articolo 3 introduce una serie di modifiche al d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109. In particolare, si introducono due ulteriori fattispecie integranti illecito disciplinare dei magistrati; si abroga la previsione in forza della quale l'attività di valutazione del fatto e delle prove non dà luogo a responsabilità disciplinare; e si stabilisce che il procuratore generale presso la Corte di cassazione non possa più procedere direttamente all'archiviazione, ma debba condividere la decisione con il Ministro della giustizia.