Il tema della compatibilità tra misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e stato di detenzione è stato, da sempre, al centro di un vivo dibattito. L’Autore ripercorre le argomentazioni utilizzate dagli orientamenti contrapposti e, alla luce delle profonde evoluzioni, legislative e giurisprudenziali, si interroga sulla sostenibilità della riproposizione, pedissequa, di interpretazioni che, pure consolidatesi nella prassi, sembrerebbero non dare corretta attuazione né ai principi costituzionali in materia, né alla lettera delle norme in argomento.
Special surveillance and state of detention. When change is possible The compatibility between special surveillance and state of detention has always been at the center of a lively debate. The Author describes the arguments used by the opposing directions. Given the legislative and jurisprudential changes, he has questions about the sustainability of re-proposing interpretations which, although consolidated in case-law, would seem not to give proper implementation neither to the constitutional principles, nor to the provisions of existing legislation.
Storia di un rapporto non disciplinato. Tra normativa …
Sebbene il corpus normativo dedicato alle misure preventive appaia foltissimo [1], nessuna disposizione disciplina in modo espresso l’ipotesi in cui la proposta per l’applicazione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza sopraggiunga nei riguardi di un soggetto già in vinculis.
Nella versione primigenia della l. 27 dicembre 1956, n. 1423, di certo, non v’è alcuna regola: non opera l’art. 10 l. n. 1423/1956 che disciplina il conflitto tra misure di sicurezza e misure di prevenzione; non soccorre l’art. 11 [2] l. n. 1423/1956, che prevede un nuovo decorso del termine stabilito per la sorveglianza, quando il sorvegliato abbia da espiare una pena per reato commesso durante l’applicazione della misura; non fornisce alcun supporto l’art. 12 cpv. della stessa legge, che fissa la non computabilità, nella durata dell’obbligo di soggiorno, del tempo trascorso in custodia preventiva o in espiazione di pena.
Neppure nel d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, abrogata l’intera l. n. 1423/1956, è dato rinvenire alcuna esplicita indicazione: gli articoli, innanzi richiamati, dettati in tema di sorveglianza speciale, sono trasfusi nell’opera di codificazione senza significative variazioni.
Soltanto l’art. 4 l. 17 ottobre 2017, n. 161 [3] interpola, su sollecitazione del giudice delle leggi [4], l’art. 14 d.lgs. n. 159/2011, con l’inserimento del comma 2 ter, in forza del quale l’esecuzione della sorveglianza speciale resta sospesa durante il tempo in cui l’interessato è sottoposto a detenzione per espiazione di pena [5] e, se lo stato di detenzione si è protratto per almeno due anni, dopo la cessazione del medesimo, il tribunale verifica, anche d’ufficio, sentito il pubblico ministero che ha esercitato le relative funzioni nel corso della trattazione camerale, la persistenza della pericolosità sociale dell’interessato, assumendo le necessarie informazioni presso l’amministrazione penitenziaria e l’autorità di pubblica sicurezza, nonché presso gli organi di polizia giudiziaria [6].
Il problema di compatibilità tra strumento di controllo preventivo ed esecuzione di pena, tuttavia, appare risolto solo in parte, perché l’ambito applicativo della nuova disposizione non sembra potersi riferire, indistintamente, a tutte le ipotesi in cui il proposto, in quanto detenuto, si trovi ab origine nella condizione di incompatibilità con l’esecuzione della misura preventiva.
Il tema, quindi, è rimesso all’interprete che, combattuto tra prepotenti esigenze di sicurezza pubblica, il cui perseguimento è compito necessario dello Stato [7], e spinte distruttive di un monstrum inaccettabile [8] per la [continua..]